Pinocchio faceva il portiere ed era bravissimo. Gli altri quattro tiravano da tutte le posizioni del campetto, verso la sua rete, e lui la difendeva brillantemente. Angelo aveva un gran tiro, era il centravanti, ed era quello che segnava di più.
Nel campetto, venivano ad assistere alcuni ragazzi ed anche alcune ragazze del paese, facendo tifo. Pinocchio era quello che faceva più spettacolo con le sue uscite e i suoi voli. Molti ragazzi avevano chiesto di potersi allenare anche loro e di poter formare un'altra squadra. Presto ci sarebbe stata una vera partita e sarebbero cominciate delle sfide.
- Formate pure delle squadre di calcio di cinque ragazzi - spiegava Pinocchio. - Il prossimo anno potremo forse fare un vero torneo o un piccolo campionato. Ma il paese è grande, e potrete formare una squadra seria, di undici giocatori, e potrete chiedere al vostro sindaco di costruire un campo sportivo grande, lungo cento metri, largo cinquanta, e con due reti vere, alte due metri e mezzo.
I cinque ragazzi ascoltavano Pinocchio come se fosse un'autorità in materia, poiché conosceva tutte le regole del gioco del calcio o football. Erano tra i primi in Italia, dove il calcio era stato introdotto da studenti inglesi che avevano fondato le prima squadre come il Genoa e il Milan, con nomi britannici.
Ma Pinocchio, ormai, si preparava a salutare Remigio, Angelo, Paolantonio e Cesira, e a ripartire con Ulderico e Lamberto. Ricomprarono un carro nuovo e un cavallo più robusto, al quale diedero il nome di Bortolo II. Acquistarono una bellissima tromba, un violino abbastanza costoso e una potente armonica a bocca, e quando fu la fine di gennaio lasciarono il paese ciociaro di Picinisco, e ripresero la strada verso il Nord, giurando solennemente di ritrovarsi il prossimo Natale.
Il cagnolino Monello, all'ultimo momento, decise di restare lì, vicino a Remigio, quasi come un pegno di amicizia fra i quattro ragazzi.
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