In una prateria africana, un giorno, non si sa bene come, un cavallo e una zebra s'incontrarono.
Erano al pascolo entrambi, e le loro strade s'incrociarono. Oloferne era un magnifico cavallo arabo, tenuto a lucido e in gran forma da un padrone che lo aveva molto caro; quanto ad Aliberta, la zebra, la natura l'aveva dotata di una stupenda livrea a strisce bianche e nere, ma in realtà non c'era nessuno che la strigliasse e la tenesse in perfetto ordine: odorava sempre un po' di selvaggio.
- Bella giornata, vero, signora zebra? - disse Oloferne con una certa sorpresa. - Come mai da queste parti? Puoi correre qualche pericolo, perché gli uomini qui, nel villaggio, metterebbero volentieri le mani su di te -
- Ci provassero! - rispose la zebra Aliberta, alquanto risentita. - So scalciare con forza e andare all'attacco con violenza! Come farebbero a prendermi? -
- Gli uomini la sanno lunga - disse il cavallo Oloferne scuotendo la testa. - Hanno mille reti e mille trappole. Nei tuoi panni, non mi sentirei affatto tranquillo -
- La stessa tiritera che mi hanno cantato le amiche del mio gruppo, stamattina, quando ho deciso di venire a pascolare in una zona nuova. Ma io non ho paura di nulla e so difendermi -
- Mia cara zebra: questo posto non fa per te. La consuetudine riserva un'area al mondo civilizzato e un'area a quello selvaggio, e non ti è consentito violare questa tradizione -
Era vero. Da secoli la zona civile aveva un confine preciso, e gli animali selvaggi non osavano oltrepassarlo. Armi da fuoco e altre mille insidie lo impedivano. La bella e coraggiosa Aliberta aveva osato superare quel confine, e per questo Oloferne l'ammirava.
- Attenta, Aliberta: da un momento all'altro potresti fare una brutta fine...Ma se proprio volessi, perché non ti presenti all'uomo civile con aria mansueta, e accetti di rimanere con lui amichevolmente? Come saresti meravigliosa, liscia e profumata: ti starei sempre vicino. Guarda me: mi trattano come un gran signore. Eppure anch'io un giorno vivevo libero e incontrollato nel deserto e nella foresta...
La zebra scosse la testa ripetutamente. -Non avrò tutte le comodità e le raffinatezze di cui godi tu, Oloferne, ma proprio non t'invidio. Non sarò liscia e profumata come sei tu: io puzzo di selvatico, mangio e dormo come posso, ma mi muovo libera e felice come voglio io. No, la civiltà proprio non mi attira: per me significa schiavitù -
Oloferne capì che la zebra Aliberta aveva ragione. Quante notti, sognando, si rivedeva libero e felice galoppare nel deserto in compagnia degli altri cavalli selvaggi, correre nella foresta inviolata, abbeverarsi alle cascate e alle sorgenti...Bei sogni che al mattino lo lasciavano stordito, perché alle comodità della vita civilizzata ormai non sapeva rinunciare.
Intanto, nel vicino villaggio, qualcuno aveva avvistato da lontano la bellissima zebra che pascolava tranquilla vicino ad Oloferne. Cominciò un maneggio di armi e di reti per catturare la preda, ma la zebra Aliberta, sempre con le orecchie tese, avvertì il pericolo, e smise di brucare nello spazio che spettava ad Oloferne e a tutti quelli come lui.
Perciò salutò in fretta il bel cavallo arabo con un grido acuto che somigliava a un nitrito, e si allontanò galoppando felice verso la prateria lontana. Oloferne rimase a guardarla lungamente, con il cuore pieno d'invidia e di nostalgia.
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