venerdì 30 aprile 2010

Una solenne impuntatura - I miei ricordi - 39

Mio padre, oltre ad avere un negozio di stoffe, nel corso della settimana esercitava anche il commercio ambulante, con un banco nei mercatini di paese insieme ai suoi tre fratelli del Piglio, Pasquale, Angelo e Pierino. Utilizzava un camioncino alla cui guida era addetto un amico, Elia, originario delle Puglie, uomo paziente e fidato, con una vena umoristica che lo rendeva simpatico e di buona compagnia.
Un pomeriggio, alla vigilia di uno di questi piccoli spostamenti nei paesi vicini, papà ed Elia si recarono con il camioncino alla casa degli zii del Piglio, e precisamente di Pasqualino, che era il più anziano e un po' il leader carismatico del gruppo familiare. Mio padre, forse dietro mie insistenze, decise di portarmi con sè. Avrò avuto quattro anni.
Tutto andò bene per qualche ora: zio Pasquale e zia Paolina non avevano figli, e avere con sé un piccolo nipote li riempiva di gioia. Mi colmavano di mille attenzioni. Zio Pasquale divenne anche il mio compare di cresima, ed ebbe sempre per me un grande affetto.
Ma io, in quella occasione, gli diedi una grande amarezza, perché ad un certo momento, quando cominciò a far buio, presi una solenne impuntatura e decisi di voler tornare ad Acuto, a casa mia. Interruppi così una bella serata di amichevoli conversazioni, condite con qualche bicchiere di buon vino, che al Piglio è di eccellente qualità, e costrinsi il povero Elia a tornare anzitempo al paese con il camioncino, mentre mio padre sarebbe andato al mercato la mattina con i suoi fratelli.
I motivi della mia impuntatura restarono misteriosi per tutti i dieci chilometri di strada, tra l'altro montuosa e ricca di tornanti, tra il Piglio ed Acuto. Finalmente Elia, uomo di grande pazienza, annunciò il mio arrivo a casa, alle otto di sera, con fragorosi colpi di battente al portoncino di casa nostra.
Mia madre mi accolse un po' allarmata, ma io mi recai di corsa al bagno a liberarmi di un mio impellente bisogno: era proprio questo il motivo del mio capriccio, perché ero così impacciato e timido da non avere il coraggio di chiedere a zia Paolina la strada per andare al suo bagno, tanto mi sembrava misteriosa e grande la sua casa.
Quando Elia scoprì il motivo della mia irrequietezza, non poté fare a meno di rimproverarmi, sia pure fra le risate. Mia madre, ovviamente, si risentì di questo mio comportamento, e cercò in seguito di sollecitare una mia maggiore confidenza nel prossimo. Almeno tra parenti stretti!

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