lunedì 19 aprile 2010

Memmo la guardia - I miei ricordi - 33

Oggi anche i piccoli paesi pullulano di guardie comunali, che hanno mille mansioni: basti pensare alle multe per le auto parcheggiate fuori posto. Una volta, quando ero bambino io, cioè fino agli anni quaranta, al mio paese, Acuto, ce n'era una soltanto, Memmo la guardia, con l'unica e ben precisa mansione di mantenere l'ordine nel paese. Un paese lungo lungo, sicché il compito di Memmo era veramente duro e difficile, appena alleviato dall'uso di una bicicletta.
Memmo abitava quasi alla fine del Borgo, vicino all'edificio scolastico, che , al pian terreno, sul fianco destro, ospitava gli uffici comunali. Questo spiega che, ad esempio, quando giocavamo a palla a San Nicola, eravamo quasi al punto più lontano, per cui, prima che Memmo arrivasse, avevamo tutto il tempo per svignarcela. E poi, Memmo aveva altre incombenze più impegnative.
Buonissimo uomo nel privato ( ma noi non lo sospettavamo neppure ), Memmo la guardia era spietato esecutore della legge nel pubblico. Il suo regno era il Giardino. Un giardino grande, a più livelli, pieno di siepi ed anfratti, di enormi pini che formavano un tappeto perenne di aghi disseccati, di gruppi di alberelli nani sui quali ci esercitavamo a fare i piccoli Tarzan. Quando Memmo non c'era. Perché, se c'era, nessuno si azzardava a compiere un passo sbagliato.
Memmo aveva una figlia, alta e magra come lui, che era nostra amica, ma la sua amicizia serviva poco a salvarci dalle sue ire, se commettevamo qualche piccola infrazione, come spezzare un ramo di quegli alberelli o cogliere le foglie di lucido alloro dalle siepi per farne copricapi o fasce dorsali.
Alle diciotto, poi, fosse estate o fosse inverno, arrivava Memmo con la sua bicicletta, e chiudeva il giardino con il cancelletto mobile di filo spinato. Chi era dentro, avrebbe dovuto compiere un lungo giro dietro l'edificio scolastico per ritrovare un'uscita di emergenza all'inizio della via del cimitero. Per questo motivo, alle diciotto in punto, tutti ci ritrovavamo fuori del giardino, che era un altro dei punti preferiti per i nostri giochi.
Naturalmente Memmo la guardia aveva compiti più importanti e più seri, che riguardavano il mondo degli adulti e perciò non sfioravano i nostri interessi. Ma, fino al 25 luglio 1943, giorno della caduta di Mussolini, c'era un altro campo che metteva in competizione noi e Memmo la guardia: le adunate e le sfilate del sabato fascista, da noi temute più delle lunghe sedute di dottrina del catechismo dalle suore.
Memmo non tollerava divise in disordine e ritardi negli appuntamenti: era lui il nostro controllore più spietato. Era lui che doveva rendere conto al Podestà o al Federale che tutto funzionasse a puntino.
C'erano sicuramente dei Figli della Lupa (fino a nove anni) o dei Balilla (dai nove ai dodici anni) o degli Avanguardisti (fino ai diciotto) che ci tenevano e curavano quelle divise e quelle manifestazioni, ma per molti di noi esse erano un vero tormento: però eravamo costretti ad eseguire gli ordini, anche perché venivamo regolarmente fotografati, da soli o in gruppo, e non era consentito sgarrare. E Memmo la guardia era sempre lì, come un cerbero, a controllare che tutto fosse a posto. In caso diverso, avrebbe pagato di persona, con rampogne e multe.
La Liberazione deve essere stata veramente tale, per lui. Da allora in poi, nessuno soffrì più per la grinta spietata di Memmo la guardia.

Nessun commento:

Posta un commento