Ricordo l'atmosfera di Natale, nel piccolo paese di Acuto. Bastava, allora, il profumo penetrante e nello stesso tempo delicato di un mandarino sbucciato, per sentirsi in qualche modo felici, sentire la vita sorriderti quasi per un nonnulla. L'aria pura di montagna - il paese sorge a 724 metri di altezza - sublimava odori e sapori, e l'ingenuità dell'infanzia dava a ogni cosa una sensazione di meraviglia.
A casa avevamo un piccolo presepe di cartapesta: una rudimentale capannuccia di cartone e una ventina di personaggi, dei quali, per il lungo uso, solo qualcuno ancora miracolosamente intatto. Un angelo di materiale più pregiato, ed anche qualche pastore, il Bambinello, la Madonna e San Giuseppe, il bue e l'asinello. Ai Re Magi, ad esempio, la testa veniva rabberciata ogni anno, perché si era rotta in qualche caduta collettiva, e così ad altre figurine, di solito proprio alle più belle.
Ma poi tutto si aggiustava: il muschio, le montagne di carta, il brecciolino fine per le stradine e i sentieri, le casette di cartone, il laghetto con le oche e le pecore, perfino delle lucine che quasi per prodigio ancora si accendevano , e che avevamo sistemato dietro la finestrella della capanna e sulla cometa di cartone argentato.
L'albero di Natale arriverà più tardi, con la gomma americana e i wurstel.
In paese si raccontava - ma doveva essere vero, data la dovizia di particolari e l'identificazione del protagonista - che un ragazzo un po' sempliciotto, ma dall'animo profondamente buono, divenuto sagrestano di Santa Maria, un anno, di Natale, prese il Bambinello del presepe, prima della chiusura della chiesa, se lo nascose sotto la giacca e lo portò a casa, dove lo fece riscaldare al fuoco e cercò perfino di fargli mangiare le lasagne. La povertà di Gesù Bambino, sottolineata anche dall'inno sacro "Tu scendi dalle stelle" che parla di freddo e gelo, aveva colpito il cuore del ragazzo, certamente anche lui povero e buono, il cui nome, guarda caso, era Salvatore.
In un'altra chiesa del paese, la Chiesolina delle suore, qualche anno prima era scoppiato un piccolo incendio, che aveva completamente distrutto il presepio. Probabilmente l'incidente fu dovuto all'imprudenza di un bambino troppo interessato alle lucine elettriche e ai congegni che animavano la scena: ad ogni modo la famiglia, una delle più benestanti del paese, volle risarcire il danno, e dotò la chiesetta di un presepe formato da personaggi di grandi dimensioni. Tra essi spiccava un San Giuseppe inginocchiato sulla gamba sinistra, e che aveva le dita dell'altro piede in argento, ad uso e consumo dei visitatori che non potevano fare a meno di toccarle mormorando una preghiera. Guarda caso, è lo stesso congegno psicologico per cui - ci sia consentito un paragone un po' dissacrante - noi gestori di un blog auspichiamo che l'eventuale lettore sia tentato di cliccare sull'immagine pubblicitaria (continua).
Nessun commento:
Posta un commento