venerdì 30 aprile 2010

Una solenne impuntatura - I miei ricordi - 39

Mio padre, oltre ad avere un negozio di stoffe, nel corso della settimana esercitava anche il commercio ambulante, con un banco nei mercatini di paese insieme ai suoi tre fratelli del Piglio, Pasquale, Angelo e Pierino. Utilizzava un camioncino alla cui guida era addetto un amico, Elia, originario delle Puglie, uomo paziente e fidato, con una vena umoristica che lo rendeva simpatico e di buona compagnia.
Un pomeriggio, alla vigilia di uno di questi piccoli spostamenti nei paesi vicini, papà ed Elia si recarono con il camioncino alla casa degli zii del Piglio, e precisamente di Pasqualino, che era il più anziano e un po' il leader carismatico del gruppo familiare. Mio padre, forse dietro mie insistenze, decise di portarmi con sè. Avrò avuto quattro anni.
Tutto andò bene per qualche ora: zio Pasquale e zia Paolina non avevano figli, e avere con sé un piccolo nipote li riempiva di gioia. Mi colmavano di mille attenzioni. Zio Pasquale divenne anche il mio compare di cresima, ed ebbe sempre per me un grande affetto.
Ma io, in quella occasione, gli diedi una grande amarezza, perché ad un certo momento, quando cominciò a far buio, presi una solenne impuntatura e decisi di voler tornare ad Acuto, a casa mia. Interruppi così una bella serata di amichevoli conversazioni, condite con qualche bicchiere di buon vino, che al Piglio è di eccellente qualità, e costrinsi il povero Elia a tornare anzitempo al paese con il camioncino, mentre mio padre sarebbe andato al mercato la mattina con i suoi fratelli.
I motivi della mia impuntatura restarono misteriosi per tutti i dieci chilometri di strada, tra l'altro montuosa e ricca di tornanti, tra il Piglio ed Acuto. Finalmente Elia, uomo di grande pazienza, annunciò il mio arrivo a casa, alle otto di sera, con fragorosi colpi di battente al portoncino di casa nostra.
Mia madre mi accolse un po' allarmata, ma io mi recai di corsa al bagno a liberarmi di un mio impellente bisogno: era proprio questo il motivo del mio capriccio, perché ero così impacciato e timido da non avere il coraggio di chiedere a zia Paolina la strada per andare al suo bagno, tanto mi sembrava misteriosa e grande la sua casa.
Quando Elia scoprì il motivo della mia irrequietezza, non poté fare a meno di rimproverarmi, sia pure fra le risate. Mia madre, ovviamente, si risentì di questo mio comportamento, e cercò in seguito di sollecitare una mia maggiore confidenza nel prossimo. Almeno tra parenti stretti!

giovedì 29 aprile 2010

Le punte della Lazio

Scarsa di mezze punte, con il solo Zarate a tenere il ruolo ( e un po' anche con Foggia quando viene utilizzato in quella funzione ), la Lazio si presenta invece abbastanza valida quanto a punte autentiche.
Titolare inamovibile, da quando è arrivato a gennaio, è Sergio FLOCCARI, calabrese, 28 anni, in comproprietà col Genoa da cui potrà essere riscattato per 9 milioni e mezzo. Floccari ha segnato oltre 30 gol in serie A, ben 7 nella Lazio in questo suo mezzo campionato, ai quali vanno aggiunti 1 in Coppa Italia e altri 4 segnati al Genoa fino a dicembre, con un bottino complessivo di 12 reti. Oltre al fiuto del gol, Sergio ha qualità combattive e scatto bruciante. Un uomo su cui fare sicuro affidamento, ogni tanto soggetto ad affaticamento muscolare da cui si può liberare distribuendo meglio le sue energie.
L'altra punta è Tommaso ROCCHI, capitano coraggioso. Dopo un girone di andata del tutto negativo, finalmente si è ripreso, e lottando con Zarate per un posto in prima linea ha finito per vincere nettamente questa dura battaglia. Rocchi ha segnato 2 gol nel girone di andata e 3 nel ritorno, con la prospettiva di migliorare nettamente il bottino, al quale vanno aggiunte 3 reti in Europa League e 1 in Coppa Italia. E' arrivato a 93 gol nella classifica dei cannonieri laziali di sempre, ed è al quinto posto, con la possibilità di agguantare il grande Bruno Giordano al quarto posto nel prossimo campionato, qualora dovesse restare alla Lazio, come auspicabile.
C'è anche una terza punta di riserva, ed è Stephen MAKINWA, 26 anni, nigeriano, il solito indecifrabile giocatore, fortissimo fisicamente, con buone doti tecniche, ma fragile di carattere: non avendo quasi mai trovato spazio, ha finito per ritenersi chiuso e non si è più impegnato. Ma se non ci metti la volontà, puoi essere bravo quanto ti pare.
In campo giovanile, le maggiori speranze si appuntano sul praghese Libor Kozak, 20 anni, un fisico da granatiere, e discrete capacità che si stanno sgrezzando nelle file del Brescia. Il prossimo anno potrebbe essere utile come punta numero 3.

mercoledì 28 aprile 2010

Immaginate questa Lazio con Pandev...

Non me lo toglie nessuno dalla testa che questa Lazio qui, che vince tante partite di fila in trasferta, guidata da Goran Pandev sarebbe arrivata in Chanpions League. Togli l'Inter e la Roma, io la vedrei anche più forte del Milan, la vedrei al terzo posto in classifica.
I nostri guai sono cominciati quando ci siamo resi conto di non essere capaci di vincere le partite all'Olimpico. Perché? Che ci mancava? ( e che ci manca ancora adesso...)
Un uomo come Pandev, capace di calamitare il pallone a centrocampo quando il gioco devi farlo tu. Lui prende la palla, dà una guardata in avanti, protegge la palla dall'irruente aggressione degli avversari, vede Rocchi o Floccari
o Zarate smarcati, gli offre un pallone d'oro, e loro segnano, o se non segnano passano la palla a Pandev che li ha seguiti, e la storia ricomincia, finché non si va a rete e si vince.
Ci sono mancati 24 punti per stare lì dove sta il Milan. E quanti punti abbiamo perduto, in casa? Ne abbiamo fatti 18 in 17 incontri, ne potevamo fare 51, ne sono mancati 33. Metti pure che con Pandev non avevi 17 vittorie assicurate, ma ne sarebbero bastate solo 6 in più. E noi in casa abbiamo perduto 7 volte.
Quante bestemmie, quante maledizioni ti abbiamo mandato, Goran, quando te ne sei andato. Abbiamo pensato ai tuoi remi tirati in barca e ti abbiamo gettato la croce addosso. Sì, un po' è stata anche colpa tua e del tuo procuratore. Sì, ora stai bene, molto bene, hai tanti soldi e sei considerato un grande: con te l'Inter finalmente sta giocando a meraviglia anche nella Champions League.
Ma anche Lotito avrebbe potuto allargare i cordoni della sua borsa, e magari parlarti, cercare il colloquio e un punto di contatto.
Si sono scontrate due teste orgogliose, e la Lazio ha perso per sempre quello che poteva essere il suo uomo-scudetto, uno di quelli che ti capitano ogni venti anni, il Frustalupi e il Roberto Mancini.
Tu eri il nostro uomo-scudetto, Pandev, e ora non ci sei più, per noi.E forse bisognerà aspettare altri venti anni per trovarne un altro come te: un faro che illumina il gioco e che ti fa vincere anche all'Olimpico.
Ti rivedremo in campo, Goran, domenica sera. E la nostra nostalgia crescerà nel vederti far meraviglie con la tua classe e con il tuo tocco illuminante. Già: guarda combinazione; e lo scudetto lo vincerà l'Inter.





martedì 27 aprile 2010

Placido - I miei ricordi - 38

Ribelle e impulsivo: due brutte qualità del mio carattere, di cui devo scontare continuamente le conseguenze.
Cominciò presto, la mia carriera: a tre anni già aveva lasciato il segno. Stavamo in cucina, mia madre affaccendata nel suo duro compito di genitrice di troppi figli.
C'era una gran corrente, perché la porta del balcone corrispondeva frontalmente a quella d'ingresso.
Si sentì bussare piano piano a questa porta: io andai ad aprire, e c'era una bambina povera che chiedeva del pane. Mia madre disse: -Mafalda, di pane non ne abbiamo più. E' fine settimana e debbo ancora farlo. -
Però Mafalda aveva fame e insisteva. Anche loro erano una famiglia numerosa, ma il padre non viveva con loro e non ce la facevano a sbarcare il lunario.
Io ascoltavo il lamento insistente di Mafalda e la risposta, ripetuta ogni volta, di mia madre. Allora persi la pazienza e andai a chiudere con un po' di nervosismo quella porta. Ma c'era il vento, e la porta, che aveva un certo spessore e margini taglienti, m'imprigionò l'ultima falange dell'anulare della mano destra, tagliandolo di netto.
Mafalda fuggì terrorizzata, mia madre prese a urlare, piena di disperazione, io a mia volta piangevo disperato.
Da Acuto mi portarono all'ospedale di Anagni, e un chirurgo ricucì con molta pazienza i margini della ferita, mentre io, per il dolore, prendevo a calci il piccolo tavolo rotondo sul quale veniva effettuato l'intervento.
Stranamente, ricordo che per calmarmi mi diedero una caramella rotonda avvolta in un cellophane trasparente di colore rosso. Dettaglio incancellabile nella mia memoria. Incancellabile come il rimorso di aver chiuso con cattiveria la porta in faccia alla povera Mafalda, la quale mi perdonò, e anzi, ogni volta che mi incontrava, sembrava volersi scusare per avermi involontariamente procurato quella piccola ma significativa menomazione.
Da piccolo, come si può constatare, non devo essere stato un bambino tanto tranquillo, malgrado le apparenze. Sì, ero calmo; quasi sempre, almeno:tanto è vero che mio fratello appena un po' più grande di me, con i suoi tre anni di vantaggio, mi aveva dato l'appellativo di "placido": Luigi placido. In realtà in paese esisteva un altro Luigi Placido, coetaneo di mio fratello, e così il nomignolo mi era stato girato, e sembrava calzarmi a pennello.
Invece, anch'io avevo le mie impuntature e facevo i miei capricci, qualcuno davvero tremendo ( continua ).

E mo', poveri noi: che ce tocca fa' domenica?

Bel problema, per la Lazio, domenica sera: un problema che spacca in due la tifoseria. Dovremo pensare unicamente alla nostra salvezza, cercando di battere a tutti i costi l'Inter; oppure prevarrà in molti di noi il prorompente desiderio di fare un dispetto clamoroso ai cugini romanisti, cedendo sul campo ai campioni d'Italia e affossando così definitivamente le ambizioni dei giallorossi?
Insomma: prevarrà l'odio per la Roma, o l'amore per la Lazio?
Voi lo sapete come la pensiamo: l'amore per la Lazio prima di ogni cosa. Perciò per noi la cosa più bella sarebbe una grande vittoria di Floccari e compagni, che ci tolga per sempre il pensiero e la preoccupazione per la salvezza.
Questo però vorrebbe dire che, se la Roma vince a Parma come vuole il pronostico, i giallorossi balzerebbero di nuovo in testa alla classifica, e lo scudetto finirebbe nelle mani di Totti, che con quei pollicioni lì proprio non se lo merita, per noi laziali...
Da qui la frase del titolo: E mo', poveri noi: che ce tocca fa' domenica?
Aspetteremo che il cadavere del nemico, con quei pollicioni irrigiditi, passi sulle sponde del Tevere, mentre noi, sconfitti dall'Inter, dovremmo gioire sapendo che siamo ancora a rischio di serie B? L'Atalanta vince col Bologna e torna a soli tre punti sotto di noi, e basterebbe un'altra partita storta per rimetterci nei guai.
Perciò io, ripeto, mi batterei a fondo contro l'Inter. Potremmo trovare un altro Poborski (Zarate?) e faremmo piangere Mourinho. Non è anche questa una bella soddisfazione? Quanto ce l'ha lunga la serie, lui? Perciò venga pure...il quarto scudetto giallorosso. Mamma mia, mi sono messo in mezzo a un ginepraio. Magari un pareggio salverebbe capra e cavoli...
Comunque, andiamoci in sessantamila, all'Olimpico. Perché altrimenti ci penserebbero i tifosi giallorossi a comprarsi il biglietto per venire a fare un tifo disperato a nostro favore. Chi lo avrebbe mai detto? Nemmeno Alfred Hitchcock avrebbe potuto inventare un intreccio così potente.

lunedì 26 aprile 2010

Classifiche di rendimento per Fantacalcio 35.ma

Portieri: Sorrentino Marchetti Storari
Difensori: Zanetti Mandelli Cassani
Dias Mantovani Domizzi
Jokic Bovo Radu
Centrocampisti: Almiron Raimondi Mudingayi
Biabiany Nocerino Brocchi
Liverani Bergvold Mariga
Sardo Mannini Sneijder
Attaccanti: Pellissier Hernandez Sanchez
Floccari Iaquinta Milito
Di Vaio Pazzini Miccoli
Allenatori: Di Carlo Delio Rossi Del Neri
Il migliore: scegliamo l'attaccante bolognese Di Vaio, autore di una splendida doppietta contro il Parma, importante per la salvezza.
Il podio: dopo Di Vaio, si piazza il laterale clivense Sardo, protagonista a Firenze. Al
terzo posto a pari merito altri due del Chievo: il portiere Sorrentino e l'attaccante Pellissier.
Miglior allenatore: il ciociaro Di Carlo, umile e grande col Chievo.
Formazione della settimana: Sorrentino; Zanetti, Dias, Jokic; Almiron, Biabiany, Liverani, Sardo; Pellissier, Floccari, Di Vaio.
La Nazionale della settimana: Sorrentino; Mandelli, Mantovani, Bovo; Raimondi, Nocerino, Liverani, Sardo; Pellissier, Floccari, Di Vaio. Allenatore: Di Carlo. E' giustamente la giornata del Chievo. Ma anche un po' della Lazio.

Ora il Pupone piange...

La Roma, in pochi minuti, si è autodistrutta. Il cliché è stato lo stesso identico di Lazio-Roma, quando ci siamo autodistrutti noi.
La Roma infatti va in vantaggio. Col capitano Totti. Come noi col capitano Rocchi.
Poi, qualche minuto di Pazzia, e arrivano i due gol di Pazzini. Come noi: pochi minuti di pazzia, e arrivarono i due gol di Vucinic.
Veni, vidi, Vucinic, hanno scritto sotto casa mia in caratteri cubitali.
Pazzi: Pazzini Pazzini! si potrebbe scrivere sui muri romanisti. Ma mentre noi, con Vucinic, non abbiamo perso che tre punti, la Roma, con Pazzini, potrebbe aver perduto il campionato.
Ci hanno detto che Totti ha pianto. Lo credo bene! Ha ripensato a quei pollici versi del derby. Eppure glielo avevamo scritto anche in un sonetto: "Ma guarda che gestacci fa 'n campione/ che se mette a compete coi burini:/ nun ha capito ancora la lezzione/ che, chi s'inarza, poi farà l'inchini".
Dopo averci fatto i pollici come Nerone, ora Totti, povero pupone nostro, piange ed è costretto a inchinarsi alla sorte.
Ma non lo sapeva che la storia del derby è questa? Se lo perdi, poi farai scintille per farti perdonare.
E se lo vinci, crederai di aver conquistato il mondo, e la domenica dopo ti guardi nelle mani, e ti accorgi di stringere soltanto un pugno di mosche.
Chi troppo in alto va, cade sovente/ precipitevolissimevolmente.

domenica 25 aprile 2010

La trasferta è casa nostra

La trasferta è casa nostra. La rimonta è cosa nostra. Fra Bologna e Genova abbiamo fatto sei punti in due settimane. In mezzo c'è stato il derby: e chi se ne importa! L'abbiamo giocato bene e perduto male, ma a noi l'Olimpico quest'anno ha portato una jella a non finire.
Questa partita di Genova, oltre a tre punti fondamentali, ci ha dato due grandi conferme: quella di André Dias, grande rivelazione di questo finale di campionato, ha segnato a Bologna ed ha segnato a Genova, ha dato tutte e due le volte la sveglia e aperto la porta a due importanti vittorie.
L'altra fondamentale conferma è Sergio Floccari, protagonista sia nel gol di Dias sia in quello successivo di sette minuti dopo. Sette minuti in cui si è capito che la Lazio ha un cuore grande così, una volontà di ferro ed anche una squadra tecnicamente non c'è male.Peccato l'espulsione di Reja nel finale, per aver ecceduto nell'incitamento alla squadra.
Il risveglio della Lazio è cominciato il 21 marzo a Cagliari, primo giorno di primavera. E da allora, in questo mese, su sette partite la Lazio ne ha vinte quattro e pareggiate due, ha perso soltanto con la Roma, se quello si chiama perdere.
Avevamo un attacco che faceva pena, e in questo mese abbiamo segnato dodici gol uno più bello dell'altro. Di gol ne abbiamo subìti sette, uno a partita, e quattro partite erano in trasferta.
Di tutta la serie A, la Lazio è l'unica squadra ad aver fatto più punti in trasferta che in casa: 22 punti contro 18! Così, abbiamo raggranellato la nostra quinta vittoria lontano da Roma: Chievo - Parma - Cagliari - Bologna -Genova: un bel Giro d'Italia.
Nelle mani di Edy Reja, la Lazio si è pian piano trasformata, si è aperta a un buon gioco di attacco, ha distribuito bene le sue forze in difesa. Oggi ha giocato senza Ledesma e Kolarov, e il duo Baronio-Del Nero non li ha fatti rimpiangere.
In queste dodici partite, di cui sette in trasferta, la Lazio ha colto ben diciotto punti, con una media notevole di un punto e mezzo a partita.
Abbiamo risalito un paio di posti in classifica, siamo a quota 40 insieme al Catania, possiamo chiudere ancora meglio. Il nostro vantaggio sull'Atalanta è risalito a quota 6, a sole tre giornate dalla fine dovrebbero essere sufficienti, ma i nerazzurri di Bergamo non demordono, e domenica prossima, con Atalanta-Bologna, potrebbero recuperarne la metà dato che noi giocheremo contro l'Inter. Ma contro l'Inter la Lazio potrebbe anche fare un miracolo o un mezzo miracolo.
Domenica, 2 maggio, Lazio-Inter come otto anni fa, quando con un famoso 4-2, facemmo perdere lo scudetto agli interisti e facemmo piangere Vieri e Ronaldo. Stavolta non vorremmo far piangere nessuno, anzi, forse i più cattivi di noi vorrebbero veder piangere i cugini giallorossi.
Ma noi no, ve lo giuriamo. Vogliamo soltanto che la Lazio continui a far vedere che questo poteva essere un campionato ben diverso da quello che è stato.



La scoperta in soffitta - I miei ricordi - 37

La soffitta di casa era un piccolo regno meraviglioso. Ci si trovava di tutto. Soprammobili in disuso. Ninnoli . Scatoloni colmi di riviste e giornali vecchi. Qualche libro sbrindellato. Qualche gioco scartato. Una scaletta malandata. Due enormi casse piene di carbone per accendere i fornelli in cucina.
In soffitta si saliva dal balcone della cameretta da letto dei bambini, e quindi era doppiamente invitante perché autonoma. Potevamo accedervi con tutto agio varcando una porta con un catenaccio esterno alla nostra portata. Poi, una rampa di scale comodissima.
La soffitta era sottotetto, e il tetto spioveva fino a raggiungere il pavimento dal lato sinistro. Spostando leggermente una o due tegole, per poi risistemarle in fretta, si poteva perfino assistere a una visione miracolosa sui tetti di Acuto degradanti verso la vallata, chiusa dalla boscosa montagna di Porciano ad est, ma spalancata sui Monti Lepini e sui Castelli Romani. Avendo un occhio particolarmente acuto, si potevano anche distinguere le estreme periferie di Roma Tuscolano, e due brevi scorci di azzurrissimo mare dove i Castelli si interrompevano.
Era proprio il regno delle meraviglie, quella soffitta. Le rondini venivano ancora a fare il loro nido sotto i tetti, indisturbate.
Io passavo delle ore rovistando e curiosando. Una volta feci una scoperta insolita: un fascicolo battuto a macchina, che altro non era se non un copione teatrale. Vi si parlava di una certa Ifigenia, non ricordo più se in Aulide o in Tauride. Per me, comunque, era indifferente: mi piaceva leggere tutto, anche se avevo nove anni, e mi immersi nella lettura.
Il testo non doveva essere proprio quello di Euripide: anziché lasciarsi tagliare il collo per salvare la flotta greca diretta a Troia, le imprese che l'eroina compiva non erano proprio di alto valore morale. Era infatti una satira di tipo goliardico, piuttosto audace e ridanciana, dai toni boccacceschi. Mio fratello maggiore, Vito, che aveva venti anni e frequentava la facoltà di Giurisprudenza alla Sapienza, appassionato di teatro, era entrato nella compagnia teatrale dell'università, e aveva nascosto il testo in soffitta per non farlo cadere in mano a qualcuno.
Purtroppo mi colse proprio mentre stavo leggendo avidamente quei fogli, senza capirci un gran che. Non capii nemmeno perché me li avesse tolti di mano, sgridandomi con una certa rudezza.
Vito era amico della mia giovane maestra Concetta, e sicuramente le riferì l'accaduto. Infatti qualche tempo dopo, sbirciando il giudizio che la maestra stava facendo sul conto di ogni alunno nelle pagine del suo registro, distinsi queste parole riferite a me: "Gli piace moltissimo leggere. Legge di tutto, anche quello che non dovrebbe."
Che cosa voleva dire? Parlava forse di qualche romanzo audace? Ma se ripenso a Ifigenia e a quello che combinava nel famoso dattiloscritto, il mistero si dirada. No, le avventure di quella eroina, figlia di Agamennone e di Clitennestra, non avrei proprio dovuto leggerle (continua ).


sabato 24 aprile 2010

A Genova con fiducia - commento ore 18

Stop dell'Inter all'Atalanta, che però con Tiribocchi (ex laziale ) ha fatto tremare per una mezz'ora Milito e compagni.
Noi ora andiamo a Genova con fiducia. Che siamo forti si è visto anche nel derby: non dobbiamo che confermare la nostra buona condizione. Cercheremo di vincere, perché la domenica successiva l'Inter toccherà a noi.
Però anche un pareggio andrebbe bene, anche se in contemporanea ci sarà un Atalanta-Bologna in cui può succedere di tutto.
A Marassi aspettiamo una bella prova dell'ex rossoblu Sergio Floccari, ma anche di Rocchi, e nel secondo tempo di Zarate. La difesa del Genoa è una delle più fiacche, con ben 55 gol subìti, ma l'attacco è forte e la nostra retroguardia dovrà fare il suo dovere, pilotata dal fortissimo André Dias, vera rivelazione di questo finale di campionato.
Per voi lettori di Quilazio, allo ore 18 ci sarà come sempre un ampio commento all'incontro, speriamo ispirato da un risultato confortevole.

Grazie, Rosella - Grazie, Ranieri

La settimana del derby ormai è passata, ma non possiamo fare a meno di chiuderla senza una parola di rigraziamento ai due più importanti personaggi della Roma: la Presidente Rosella Sensi e l'allenatore Claudio Ranieri.
Sono stati loro due gli autori del più bel gesto nei confronti della Lazio: Claudio Ranieri ha telefonato a Willy Stendardo, suo allievo in passato, chiedendo notizie sulle sue condizioni e scusandosi per il calcio, certamente involontario, del suo centravanti Toni. Una finezza che Toni non si è sentito di fare, lasciando un po' di malanimo nel difensore laziale.
Quanto alla Presidente Rosella Sensi, che ha inteso certamente difendere Totti dai tanti insulti ricevuti per il doppio pollice verso, è stata la prima a comprendere quanta amarezza la gente laziale ha provato per quel gesto stupido e crudele, ed ha chiesto scusa con buona grazia e con quella "classe" che Totti ha quando tocca il pallone, ma non quando tratta con persone che sono uguali a lui.
Amici come prima: tra laziali e romanisti lo scontro è inevitabile. Ma è inevitabile ugualmente che - quando la tempesta è passata - ritornino la quiete e l'armonia necessarie fra abitanti della stessa città e fra gente che vive la stessa identica passione per il gioco del calcio.

Zarate se ne va ?

Ce ne dispiace per lui, che non è riuscito a fare della Lazio la sua piazza.
E ce ne dispiace per Lotito, che lo ha scoperto, l'ha pagato molto e non è riuscito a capitalizzare su di lui, sicché potrà rivenderlo a fatica per quei venti milioni che gli è costato.
Come mai siamo così duri verso Maurito? Innanzi tutto non è con lui che ce la prendiamo, quanto col fratello e procuratore Sergio, che non sempre riesce a prendere l'atteggiamento giusto nel sostenerne le capacità e le possibilità.
Però anche Maurito, giustificabile perché ancora troppo immaturo, deve rendersi conto di una cosa: un giocatore vale non tanto perché sa dribblare undici avversari, bensì perché sa sfruttare ogni palla per l'utilità della squadra.
Maurito sa dribblare come Maradona, ma non ne ha minimamente la visione di gioco. E' abile di gambe, ma non è brillante di cervello. O almeno, non lo è stato finora.
Perciò sia Sergio che Maurito moderino le loro richieste e le loro ambizioni. La Lazio potrà rifarsi dei 20 milioni spesi lasciandolo andare via, e al suo posto potrà trovare un altro che, come Floccari e Rocchi, la sua pagnotta saprà guadagnarsela mettendo a frutto le sue capacità al servizio della squadra.
Per il bene del giocatore, noi vorremmo che Zarate capisse questa lezione. Che accettasse per ora di fare la riserva e di dare ogni domenica quella mezz'ora di gioco per far respirare la squadra tenendo la palla, o cercando individualmente di riuscire a sfondare se la squadra non c'è riuscita. In questo modo, pian piano, disciplinandosi, curando al massimo l'intesa negli allenamenti, potrebbe educarsi ad essere quel campione completo che vorremmo, ma che finora non è stato.
Maurito vuole andarsene? Sergio ha qualche buona pista da sfruttare? Lo facciano pure. Gli auguriamo buona fortuna. Perchè uno come Zarate, così come è oggi, alla Lazio serve molto poco.
Zarate quest'anno ha segnato tre gol in campionato: uno solo è stato decisivo, nell'1-1 casalingo col Palermo. Il suo apporto totale alla squadra è stato di un punto. Per il resto, ha segnato un rigore contro il Parma nella sconfitta casalinga per 1-2, e ha segnato la seconda rete del 2-0 in trasferta a Parma, dopo quella decisiva di Stendardo. Per un fuoriclasse, è davvero troppo poco. Si può dire che meglio di lui hanno fatto sia lo stesso Stendardo che Lichtsteiner, entrambi autori di due gol decisivi.

venerdì 23 aprile 2010

Un brutto Natale - I miei ricordi - 36

Che brutto ricordo, quel Natale del 1942. Faceva un freddo intenso, e il grande camino della cucina non bastava certo a riscaldare tutta la casa. Inoltre, se la fiamma era troppo alta, non era certo consigliabile avvicinarsi per scaldarsi le mani e i piedi, perché il calore era insopportabile.
Come valido supplemento avevamo il focone, cioè un braciere di rame circondato da una pedana rotonda sulla quale appoggiare i piedi. Bisognava sempre rimuovere la brace per tenerla accesa, scansando la cenere che si veniva a creare.
Una sera particolarmente fredda, io, bambino di otto anni, stavo vicino a mia madre con i piedi sulla pedana del focone. Lei ogni tanto ravvivava la brace con una molla di ferro. A un tratto, però, la molla rovente scattò dalle mani di mia madre e s'infilò tra il polpaccio e il ginocchio della mia gamba sinistra.
Io cacciai un urlo disumano. Mia madre mi sollevò dal focone e mi guardò la gamba: una orribile scottatura la deturpava. Ancora oggi mi rimane una vistosa cicatrice e l'impronta precisa lasciata dalla molla.
Mia madre intervenne come poté. Non c'erano certo i rimedi, le pomate e i controlli in ospedale che potremmo avere oggi. C'erano rimedi empirici, che qualche donna versata sull'argomento aveva sempre pronti. Ricordo che guarii da quella orribile ferita a furia d'impacchi a base di semola, rinfrescati da foglie di cavolo. Ci vollero tutte le vacanze di Natale, e anche qualche giorno di più, per venirne a capo.
Qui scattò la solidarietà di gruppo di tutti i miei amici. Io stavo a letto con la gamba fasciata, e loro non mi abbandonarono un momento. Si può dire che trascorsero i quindici giorni di vacanza insieme a me, giocando nella mia cameretta, inventandosi tutti i più fantasiosi passatempi.
I più assidui erano Santino, Luigino e Carlo, il figlio del podestà, mio compagno di banco a scuola. Giocavano anche trascinandosi carponi sotto il mio letto. La mistura d'impacchi caldi di semola e di foglie di cavolo emanava un gran brutto odore: per loro fu una scoperta tutto sommato divertente, e venne inserita come un 'ulteriore avventura nella mappa del tesoro dei loro giochi.
Ridevano e cercavano di tenere di buon umore anche me. Come Dio volle, la ferita si richiuse, guarì quasi completamente, e così alla fine delle vacanze, il 7 gennaio, potei rientrare a scuola insieme a loro,che mi accompagnarono tutti contenti per aver recuperato la mia compagnia.
Piccole cose che non si dimenticano per tutta una vita. E poi, anche a volerle dimenticare: ma come si fa, con quella cicatrice di grandi dimensioni rimasta stampata sulla parte posteriore della mia gamba sinistra, una specie di fotografia vivente della mia disavventura di quasi settanta anni fa? (continua).

Le mezze punte della Lazio

La Lazio ha ben sei attaccanti per i due posti disponibili, che qualche volta diventano tre se si decide di utilizzare il tridente.
Dividiamo gli attaccanti in due gruppetti: le punte vere, e le mezze punte. Floccari, Rocchi e Makinwa sono gli attaccanti puri; Zarate, Cruz e Inzaghi sono invece delle mezze punte.
Maurito ZARATE, argentino, anni 23, un solista frizzante e in continuo movimento, pronto ad affrontare ogni avversario diretto, superarlo, infilarne un altro e se va bene anche un paio, e poi perdersi con la palla. Infatti, mentre l'anno scorso è stato capace di portare in fondo l'avventura una ventina di volte tra campionato e coppe, quest'anno, anche perché ormai gli avversari lo conoscono bene, si è fermato a otto, manifestando una vera involuzione dovuta un po' a responsabilità altrui - si è cercato in modo esasperato di frenarne l'individualismo - ma molto anche per colpa sua. Oggi Zarate è a un bivio: o si dà una disciplina, o resterà per sempre un genio incompreso da prendere così com'è.
Quanto a Julio CRUZ, altro argentino, 35 anni, non è stato mai un attaccante dirompente, ma piuttosto un opportunista e un punto di riferimento. Nell'Inter, in sei stagioni, ha messo a segno mediamente 8 reti all'anno, e quest'anno si è fermato a 4. E' stato a lungo infortunato e in crisi. Dopo un buon avvio, si è perso, per poi dare qualche cenno di ripresa nel finale. Ma non si poteva pretendere molto di più da uno della sua età.
Chiudiamo con Simone INZAGHI, piacentino, 34 anni, autore di una cinquantina di gol nel suo passato biancoceleste, ma ormai rimasto perennemente nell'ombra tra infortuni e accantonamenti. Anche per lui, altra stagione da dimenticare, e siamo ormai agli sgoccioli.
In anticamera, qualche nome giovane, come il diciannovenne Jacopo SCIAMANNA,
a cui non è capitata alcuna occasione per emergere.

giovedì 22 aprile 2010

I fuochi tedeschi - I miei ricordi -35

Mio fratello Silvestro, tre anni più grande di me ( io nove, lui dodici anni ), lui sì che era scatenato. Non lo reggeva nessuno.
Col suo gruppetto, era riuscito a mettere le mani su una piccola riserva di micce e di munizioni tedesche scovata non si sa come.
Una parte finì nella mia soffitta, e ricordo una cassa piena di miccette, lunghe una quarantina di centimetri, di color verde marcio, vuote all'interno come bucatini, quelli che servono per l'amatriciana.
Queste micce, probabilmente estratte da bossoli inesplosi, svuotati correndo seri rischi, avevano una capacità impressionante: accese, e tenute premute contro un muro, una volta rilasciate schizzavano via a folle velocità, e guidate da una diabolica attitudine a individuare gli spazi vuoti, percorrevano le vie, risalivano i vicoli, compivano giri intorno alle piazzette, entravano nei portoni, s'impigliavano un momento tra le lunghe gonne delle vecchiette, e poi all'improvviso esplodevano con un botto impressionante.
Queste micce erano diventate una minaccia spaventosa per le donne anziane e per i bambini piccoli, i quali però un po' si divertivano pure. Alla fine, comunque, era più la paura che il danno, e tutto si risolveva in una clamorosa risata.
La nostra riserva durò parecchio: non solo durante l'occupazione tedesca, quando era pericoloso giocare con questi rudimentali giocattoli (senza dubbio abusivi e perseguibili) , ma perfino dopo la liberazione, quando per gli alleati potevano rappresentare una detenzione di tipo bellico.
Eppure, con i tedeschi o con gli inglesi, i ragazzini di Acuto trovarono il tempo e il modo di divertirsi con questi fuochi d'artificio, che non facevano spettacolo, ma mettevano certamente un po' di paura e parecchio scompiglio.
Noi bambini più piccoli nutrivamo una specie di rispettosa sudditanza e di vera e propria ammirazione verso la piccola banda di ragazzotti di dodici-tredici anni, scavezzacollo incontenibili, sempre in mezzo a tutte le occasioni pericolose come svaligiare i camion tedeschi pieni di pane in partenza per il fronte di Cassino, o far raccolta di razzi, schegge, bossoli, maschere antigas e materiale vario di tipo bellico, divertendosi a smontare spolette di bombe esplose e perfino inesplose, correndo rischi incredibili. Anche loro, in questo modo, credevano di combattere la loro piccola guerra. E nessuno riusciva a fermarli, finché non ci furono i primi veri incidenti gravi (continua).

La toppata di Federico Moccia

Nel finale di uno dei suoi libri, non ricordo quale perché ne ho letti due o tre, Federico Moccia, romanziere alla moda e brillante conversatore, ha preso una toppata storica (non so se rilevata da qualche critico, perché non seguo).
La giovane coppia protagonista, partendo dall'Italia appena scoccata la mezzanotte di Capodanno,dirigendosi in aereo verso Est assisterà più volte alla stessa festa: a Istanbul, poniamo, poi a Baghdad, quindi a Karachi, a Calcutta, a Bangkok, a Taipei fino a Tokio:otto capodanni consecutivi, risalendo fuso orario per fuso orario.
Sappiamo bene, però, che se a Roma è mezzanotte, un'ora dopo a Istanbul non sarà di nuovo mezzanotte, bensì...le due, e più vado avanti verso Est più capodanno sarà passato da un pezzo. I nostri due eroi, perciò, non avrebbero proprio potuto festeggiare.
Se voleva far rivivere tanti capodanno alla sua coppia, Federico avrebbe dovuto spedirli verso Ovest, per cui a Lisbona avrebbe potuto assistere di nuovo ai botti un'ora dopo Roma, e a New York sarebbe potuto addirittura arrivarci con qualche ora di anticipo, dato che a Manhattan la giornata arriva con sei ore di ritardo rispetto a noi.
Va be', Federì, non fa niente: sono scherzi della fantasia, che hai così vivace. La festa plurima potrai raccontarla giusta in un tuo prossimo romanzo. E scusa il pelo nell'uovo.

Le mezzali sinistre della Lazio

Il ruolo di interno sinistro offensivo, nella Lazio, è brillantemente ricoperto da Stefano MAURI, 30 anni, monzese, forse il giocatore di maggior resa e continuità di questa scombinata stagione biancoceleste nata sotto il segno della luna storta.
Mauri alterna campionati buoni ad altri assai controversi, ma in questo 2010 non ha fatto altro che progredire di domenica in domenica, diventando protagonista sia come propositore delle migliori trame offensive sia come realizzatore. Se sbaglia molti gol lo si deve al suo straordinario dinamismo che lo vede sempre al centro delle iniziative. Se Lippi farà a meno di lui in Sudafrica, vorrà dire che ha trovato un altro paio di fuoriclasse migliori di lui.
Il sostituto di Mauri, sulla carta, è Christian Manfredini, ivoriano naturalizzato italiano, anni 34, finora tenuto a bagnomaria a causa dei contrasti con Lotito e ultimamente reintegrato in squadra. Data la grande continuità di Mauri, non si è per niente avvertita la sua assenza.
Manfredini avrebbe eccellenti qualità ( lanci profondi, tiro ben calibrato anche da grande distanza ). Nel Chievo fu protagonista di alcuni campionati eccellenti, nella Lazio, invece, ha funzionato sempre a strappi. Non sempre è stato compreso e posto a suo agio, e così è andato invecchiando nel grigiore.
Reja può contare come sostituti eventuali di Mauri anche su Matuzalem quando è a posto fisicamente, e su Meghni, un altro a corrente alterna.
Tra i giovani emergenti si punta soprattutto su Gonzalo BARRETO, fenomeno diciottenne importato dall'Uruguay e attualmente nella Primavera, che a settembre passerà senz'altro agli ordini di Reja e potrà crescere a contatto diretto con i giocatori della prima squadra. Nelle nazionali giovanili del suo paese è considerato un fuoriclasse: speriamo che si confermi tale fra noi.

mercoledì 21 aprile 2010

E' sempre Rocchi il cannoniere della Lazio

Anche in una stagione assai avara ( e amara...) sia per la Lazio che per lui personalmente, alla fine è sempre Tommaso Rocchi il capocannoniere della Lazio.
Con il gol del derby, Rocchi è salito a quota 93 nella graduatoria laziale di tutti i tempi, quinto alle spalle di Giordano, che è a quota 110.
Se Rocchi resta alla Lazio, il prossimo anno potrebbe anche raggiungere Giordano. Più davanti sono Piola a 149, Signori a 127 e Chinaglia a 123.
Quest'anno Rocchi, fra campionato e Coppe, ha segnato finora 9 reti.
Ecco la classifica completa:
1.Rocchi 9 - 5 in campionato
2. Zarate 8 - 3 in campionato
3. Floccari 7 - 6 in campionato + 4 col Genoa
4. Kolarov 5 - 3 in campionato
5. Mauri 4 - 3 in campionato
5. Cruz 4 - 4 in campionato
7. Matuzalem 3 - 1 in campionato
8. Stendardo 2 - 2 in campionato
8. Lichtsteiner 2 - 2 in campionato
8. Foggia 2 - 0 in campionato
11. Siviglia 1 - 1 in campionato
11. Dias 1 -1 in campionato
11. Meghni 1 - 0 in campionato
Da notare che sono ben 13 i giocatori della Lazio andati a segno fra campionato e coppe. Naturalmente, qui si tratta solo di reti "laziali": non ce ne voglia Floccari, che personalmente ha segnato ben 11 gol, e tutti in campionato. Il tandem Floccari-Rocchi vanta ben 20 gol, il tridente Floccari-Rocchi-Zarate sale a quota 28, che è sempre una bella cifra, pur in un'annata disgraziata come questa. Mancano ancora quattro giornate alla fine: fra tutti e tre, vogliamo arrivare almeno a quota 34?

I fichi secchi di Giulia - I miei ricordi -34

La nostra vicina di casa, ad Acuto, era Giulia Baretta, che in dialetto vuol dire berretta.Una vecchia signora sempre in movimento, con una torma di nipoti, parenti di vario genere che spuntavano come funghi, specialmente in estate. Dico questo perché i nostri due terrazzi sul vicolo Gaudente erano praticamente uno solo, diviso da un muretto basso e da una ferrata con punte acuminate per impedire il passaggio.
Eravamo contigui, e lo stesso senso di familiarità che avevamo noi con lei e con tutti i suoi parenti ( ad esempio, una cognata dallo strano nome di Eurosia, che abitava a Roma ) era sicuramente ricambiato. Ci legava un affetto vivo e cordiale, ben difficile da provare oggi tra vicini.
Giulia era di famiglia contadina, produceva olio, vino, grano e frutta da una sua lontana campagna, che richiedeva la proprietà di un asino per i trasporti e di una stalla nel vicolo per ospitarlo. La sua porzione di terrazza era completamente diversa dalla nostra: pullulava sempre di profumati prodotti della campagna, fave, insalate, mele, olive dolci, fusaglie. Per noi bambini del terrazzo accanto erano una continua tentazione. Irresistibili erano poi i fichi bianchi, i ficoroni, quanto mai appetitosi.
Giulia li stendeva al sole su un panno bianco a farli seccare. A certe ore e in certe stagioni, il suo terrazzo si concedeva larghe pause di solitudine e di silenzio, e a noi bambini era difficile, specie negli anni di fame della guerra, resistere a quella tentazione.
Ricordo (e confesso con un po' di colpa) che alla lunga non resistevo: armato di un lungo bastone alla cui punta legavo stretto stretto un ferro di calza, lo infilavo nello spazio tra un tondino e l'altro dell'inferriata, e facevo facilmente preda di un paio di fichi bianchi ormai secchi. Che delizia! Giulia ogni tanto dava un'occhiata alla sua distesa di fichi, e non poteva non notare qualche vuoto. Perdonami, cara vicina di casa, da quella nuvoletta felice su nel cielo dove sicuramente ti trovi.
Però io ebbi il modo davvero di farmi perdonare, una volta. Era d'estate, e la casa di Giulia era piena di nipoti e nipotini, qualcuno probabilmente figlio della simpatica cognata Eurosia.
Il balcone di Giulia dava, come ho detto, sul vicolo Gaudente, ma in una zona alquanto più alta rispetto a noi, dato il rapido declinare dei gradoni. Inoltre, mentre il nostro terrazzo era protetto da una robusta spalliera in cemento istoriato, quella di Giulia riproponeva un'inferriata con spazi piuttosto larghi fra un tondino e l'altro. Ora un nipote di un anno o due, di nome Ezio, che stava muovendo i primi passi, si era spinto fra due di quei ferri, e, tenendosi con le due mani, si stava sporgendo assai pericolosamente verso il vicolo, all'altezza di circa dieci metri.
Sarebbe bastato che mollasse anche una sola mano, e...Sul terrazzo non c'era nessuno. Dalla mia parte c'ero solo io, bambino di otto anni, semiparalizzato dalla paura. Ebbi il coraggio e l'avvertenza di chiamare Giulia a voce molto bassa, da conversazione, per non spaventare il piccolo Ezio. Giulia per fortuna mi sentì, uscì sul balcone, e anche lei, con la più grande calma possibile, anche se il gelo percorreva le sue ossa, riuscì ad afferrare Ezio e a riportarselo in salvo nel più perfetto silenzio.
Giulia non mi ringraziò a parole. Era una cosa troppo importante da compensare con parole. Ma con l'affetto e la gratitudine sì. Da quel giorno la ferrata fu completata da una rete di fil di ferro che poneva al riparo i bambini da ogni pericolo.
E io mi proposi di non rubare più i fichi dal terrazzo di Giulia, anche se la tentazione era troppo forte, e anche se sono sicuro che mi avrebbe perdonato.
Ma, benedetta donna, quei fichi doveva metterli a seccare proprio dalla nostra parte, con tutto lo spazio che c'era nel resto del balcone?

martedì 20 aprile 2010

A Totti una carezza da 40 milioni

L'arbitro Tagliavento e il Giudice Sportivo si sono passati una mano per la coscienza (e una per le tasche dei puniti: quanti bei quattrinelli!) circa gli incidenti del derby: niente squalifiche, o quasi, per i protagonisti dei fattacci.
Totti ha avuto l'assoluzione, pagandola 20 milioni per ogni pollice: una bazzecola, ci penserà la Vodafone a saldare il conto.
Grazie a lui, anche Radu è stato perdonato per lo sgambetto a Perrotta.
Chi invece ha avuto pane per i suoi denti è stato Ledesma: starà fuori sia contro il Genoa che contro l'Inter, a parte un eventuale ricorso - ma sarà molto difficile. Quanto costa una battuta di mani: ma, benedetto figliuolo, non potevi fare anche tu un bel pollice verso?
Una giornata, invece, la sconterà Kolarov. Contro l'Inter ci sarà.
Insomma, oltre al derby perduto, anche la beffa del danno. Chi rompe paga, e i cocci sono suoi.
Sia la Roma che la Lazio pagheranno inoltre 40 mila euro ciascuno.Per la Federazione e per la Lega farebbe molto comodo avere un derby a settimana.

Le mezzali destre della Lazio

Gli interni destri offensivi della Lazio non hanno una configurazione precisa nell'attuale squadra, perché il modulo di cui si serve Reja tende a fare a meno di questo riferimento.
Per le loro caratteristiche, comunque, in questo ruolo ha tre giocatori tipici: Matuzalem, Foggia e Meghni.
L'unico titolare sarebbe Francelino MATUZALEM, anni 29, brasiliano: giocatore assai pregevole per qualità tecniche e capacità d'inventiva, ma purtroppo soggetto a infortuni con una certa frequenza. Ora è infatti a riposo per una frattura alla caviglia. Quando è disponibile e in buona salute, il suo posto in squadra è sicuro.
Pasqualino FOGGIA, anni 26, napoletano, il "folletto", ha uno stile di gioco personalissimo e vivace, un fantasista che non sempre trova spazio perché in prima squadra c'è già un altro come lui, Zarate, e in due sarebbero forse troppi. Questo spiega perché un giocatore di grande valore come Foggia rimanga spesso sacrificato, e che altrove invece possa trovare spazio e gloria (come avvenne a Cagliari, per cui Lotito e Cellino vennero praticamente alle mani per aggiudicarselo). Comunque, se chiamato in squadra, sa sempre farsi valere.
Mourad MEGHNI, 26 anni, francese, è il terzo in questo ruolo, utilizzabile anche a sinistra. E' un altro raffinato, dal tocco magico, ma piuttosto discontinuo: se fosse più costante, sarrebbe uno sul quale contare davvero. Nella Lazio è decisamente sacrificato, anche se ha molti estimatori, e nella nazionale algerina si sta facendo largo.
In questo ruolo d'interno destro la Lazio ha poi alcuni giocatori in rampa di lancio, soprattutto il diciottenne Federico SEVIERI, che vi abbiamo già presentato in altri ruoli perché è un centrocampista tuttofare. Ha un avvenire sicuro.

lunedì 19 aprile 2010

Ar derbi donato nun se guarda 'mbocca

Totti se sente 'n po' comme a Nerone
e fa er police verso a li cuggini:
ma si Floccari 'nfila quer pallone
mo' piagneva co' Ilari e bambini.

Ma guarda che gestacci fa 'n campione
che se mette a compete coi burini:
nun ha capito ancora la lezzione
che chi s'inarza, poi farà l'inchini.

Pe' tutto er primo tempo, si lo guardo,
er mejo carcio de la Roma è stato
quello de Toni ar naso de Stendardo.

Sto derbi, amici, quer ch'è annato è annato,
a Francesco, co' ttutto ch'è 'n bastardo,
noi je l'avemo propio arigalato.

Classifiche di rendimento per Fantacalcio 34.ma

Portieri: Julio Sergio Dida Viviano
Difensori: Maicon Santacroce Capelli
Juan Lucio Thiago Silva
Zanetti Grava Lucarelli
Centrocampisti: Ferreira Pinto Fatic Lichtsteiner
Pizzarro Almiron Brocchi
Stankovic Padoin Rigoni
Valdes Taddei Mannini
Attaccanti: Cassano Palacio Tiribocchi
Miccoli Rocchi Borriello
Vucinic Lavezzi Pazzini
Allenatori: Ranieri Mourinho Mutti
Il miglior giocatore: Vucinic
Il podio: Dopo il romanista Vucinic, gran protagonista del derby, si piazza il terzino interista Maicon con la sua splendida rete alla Juventus; terzo il fortissimo centrocampista atalantino Valdes.
Miglior allenatore: senza dubbio Claudio Ranieri, con le clamorose esclusioni di Totti e De Rossi e l'innesto di Menez e Taddei, che hanno rovesciato le sorti del derby.
La formazione della settimana: Julio Sergio; Maicon, Juan, Zanetti; Ferreira Pinto, Pizarro, Stankovic, Valdes; Cassano, Miccoli, Vucinic.
La nazionale della settimana: Viviano; Santacroce, Grava, Lucarelli; Brocchi, Padoin, Mannini, Rigoni; Cassano, Miccoli, Pazzini. Allenatore: Ranieri.

Memmo la guardia - I miei ricordi - 33

Oggi anche i piccoli paesi pullulano di guardie comunali, che hanno mille mansioni: basti pensare alle multe per le auto parcheggiate fuori posto. Una volta, quando ero bambino io, cioè fino agli anni quaranta, al mio paese, Acuto, ce n'era una soltanto, Memmo la guardia, con l'unica e ben precisa mansione di mantenere l'ordine nel paese. Un paese lungo lungo, sicché il compito di Memmo era veramente duro e difficile, appena alleviato dall'uso di una bicicletta.
Memmo abitava quasi alla fine del Borgo, vicino all'edificio scolastico, che , al pian terreno, sul fianco destro, ospitava gli uffici comunali. Questo spiega che, ad esempio, quando giocavamo a palla a San Nicola, eravamo quasi al punto più lontano, per cui, prima che Memmo arrivasse, avevamo tutto il tempo per svignarcela. E poi, Memmo aveva altre incombenze più impegnative.
Buonissimo uomo nel privato ( ma noi non lo sospettavamo neppure ), Memmo la guardia era spietato esecutore della legge nel pubblico. Il suo regno era il Giardino. Un giardino grande, a più livelli, pieno di siepi ed anfratti, di enormi pini che formavano un tappeto perenne di aghi disseccati, di gruppi di alberelli nani sui quali ci esercitavamo a fare i piccoli Tarzan. Quando Memmo non c'era. Perché, se c'era, nessuno si azzardava a compiere un passo sbagliato.
Memmo aveva una figlia, alta e magra come lui, che era nostra amica, ma la sua amicizia serviva poco a salvarci dalle sue ire, se commettevamo qualche piccola infrazione, come spezzare un ramo di quegli alberelli o cogliere le foglie di lucido alloro dalle siepi per farne copricapi o fasce dorsali.
Alle diciotto, poi, fosse estate o fosse inverno, arrivava Memmo con la sua bicicletta, e chiudeva il giardino con il cancelletto mobile di filo spinato. Chi era dentro, avrebbe dovuto compiere un lungo giro dietro l'edificio scolastico per ritrovare un'uscita di emergenza all'inizio della via del cimitero. Per questo motivo, alle diciotto in punto, tutti ci ritrovavamo fuori del giardino, che era un altro dei punti preferiti per i nostri giochi.
Naturalmente Memmo la guardia aveva compiti più importanti e più seri, che riguardavano il mondo degli adulti e perciò non sfioravano i nostri interessi. Ma, fino al 25 luglio 1943, giorno della caduta di Mussolini, c'era un altro campo che metteva in competizione noi e Memmo la guardia: le adunate e le sfilate del sabato fascista, da noi temute più delle lunghe sedute di dottrina del catechismo dalle suore.
Memmo non tollerava divise in disordine e ritardi negli appuntamenti: era lui il nostro controllore più spietato. Era lui che doveva rendere conto al Podestà o al Federale che tutto funzionasse a puntino.
C'erano sicuramente dei Figli della Lupa (fino a nove anni) o dei Balilla (dai nove ai dodici anni) o degli Avanguardisti (fino ai diciotto) che ci tenevano e curavano quelle divise e quelle manifestazioni, ma per molti di noi esse erano un vero tormento: però eravamo costretti ad eseguire gli ordini, anche perché venivamo regolarmente fotografati, da soli o in gruppo, e non era consentito sgarrare. E Memmo la guardia era sempre lì, come un cerbero, a controllare che tutto fosse a posto. In caso diverso, avrebbe pagato di persona, con rampogne e multe.
La Liberazione deve essere stata veramente tale, per lui. Da allora in poi, nessuno soffrì più per la grinta spietata di Memmo la guardia.

Totti doppio pollice verso

Non contento del successo davvero immeritato, Totti ha voluto esprimere tutta la sua civiltà alla fine del derby, rivolgendo alla tifoseria laziale il doppio pollice verso, che stava a significare: -In B vi ci voglio non una, ma due volte -
Va bene, dopo si è scusato. Ma è troppo comodo. Certi gesti equivalgono a un affronto
grave, a una patente d'inciviltà e comunque rimane la provocazione. Reja se ne è lamentato e ha invocato una severa punizione.
Staremo a vedere. Il campione ha i nervi scoperti. Per ora ci rimetteranno sicuramente Ledesma e Kolarov, che saranno squalificati e salteranno entrambi la partita di Marassi contro il Genoa.
Un altro probabile assente sarà Stendardo, che è stato operato per la frattura al setto nasale rimediata all'inizio della partita da una scarpata di Toni sicuramente involontaria.
Insomma, per la Lazio, un derby nel quale ha dovuto pagare e raccogliere i cocci. Pa-
gherà anche Totti?

domenica 18 aprile 2010

Floccari regala i tre punti alla Roma

Sergio Floccari ha regalato tre punti, e forse lo scudetto, alla Roma.
Settimo della ripresa: la Lazio sta vincendo per 1-0 con un gran gol di Rocchi proprio in avvio di partita, strameritando. Fallo di Taddei in area su Kolarov, Tagliavento vede il rigore. Il cannoniere Floccari, emozionato, va a battere, e ne esce un tiro fiacco. Julio Sergio è spiazzato, ma riesce a girarsi e a respingere fortunosamente con le ginocchia.
Dal possibile 2-0, che ci avrebbe dato sicuramente la vittoria, fino ad allora più che giusta, il vento cambia.
Passano altri quattro minuti, e lo stesso Kolarov commette fallo su Taddei lanciato in area. Tagliavento non ci pensa: rigore alla Roma. Tira Vucinic, una cannonata, ed è il pareggio.
Dieci minuti dopo, al 18', la ruota della fortuna completa il suo cambiamento di giro. Punizione su incursione di Menez: Vucinic, spietato, fulmina Muslera che rimane immobile e vede il pallone insaccarsi sopra la sua testa.
Ranieri, dominato nel primo tempo, compie il suo capolavoro negli spogliatoi: fuori il capitano Totti, fuori il vicecapitano De Rossi (i due romani, molto nervosi, sono stati penosi nei primi 45 minuti ). Dentro Menez e Taddei: al posto del tridente,un centrocampo rafforzatissimo.
Sono i due nuovi a ridare vita alla Roma, che dal possibile 0-2 passa al vittorioso 2-1 nel giro di dieci minuti.
Reja ha tentato il tutto per tutto per riagguantare il pareggio, e il tridente lo ha presentato lui portando Zarate al fianco di Rocchi, autore del gran gol del vantaggio, e di Floccari, autore dell'errore-suicidio. Esce Lichtsteiner a bocca storta. Poi esce Floccari,demoralizzato, ed entra anche Cruz.
Zarate impazza nella mezz'ora finale, ma la Roma riesce a prendere fiato con rilanci improvvisi, mentre negli ultimi minuti Menez e Toni, con le loro cadute ad ogni minimo contrasto, guadagnano tempo prezioso.
Nessun rimprovero alla Lazio, se non per i due fatali errori di Floccari e Muslera. La squadra ha giocato benissimo nel primo tempo, ha reagito con vigore nella ripresa, ma la Signora Fortuna ha arriso ai giallorossi, ai quali abbiamo fatto un regalo prezioso ma del tutto non voluto, e nel porgerlo le nostre mani e il nostro cuore erano avvelenati.
Ora, però, Floccari non si smonti, perché domenica deve rifarsi contro il suo Genoa a Marassi, dove però mancherà Ledesma, espulso nel finale per essere caduto ingenuamente nella trappola tesagli da Toni e Menez. Mancherà anche Kolarov, diffidato e nuovamente ammonito. Al loro posto giocheranno Baronio e Del Nero.
L'Atalanta, la terribile Atalanta che ha battuto anche la Fiorentina, è risalita a tre punti da noi: ma nessuna paura, perché sabato dovrà giocare a San Siro con l'Inter e noi potremo riguadagnare qualcosa. Le trasferte ci piacciono. Oltretutto abbiamo anche il Bologna un punto sotto di noi, ed è un bel cuscinetto psicologico.
La Lazio è viva malgrado la sfortuna. La Roma aveva bisogno come il pane di quei tre punti che le abbiamo fatto in omaggio, e forse lei non li ha nemmeno meritati. Dica grazie a un Vucinic che, da quando è in attesa del primo figlio, ha visto potenziare le sue polveri da sparo e diventare un cannoniere implacabile.
La cosa che ci fa più rabbia è che fra due domeniche, il 2 maggio, dovremo batterci alla morte contro l'Inter all'Olimpico, e forse saremo costretti a fare un altro regalo involontario ai nostri fortunatissimi cuginastri.

Conta più l'amore: Lazio!

Nel risultato del derby, conta più l'odio per la Roma o l'amore per la Lazio?
Non abbiamo dubbi: è l'amore per la Lazio che viene fuori come il latte che bolle e straripa. Vogliamo prenderci la rivincita del derby malamente perduto all'andata, vogliamo che Totti capisca di aver sbagliato nell'augurarci la serie B.
Ma non vogliamo che la Roma perda a tutti i costi: basterebbe perciò soltanto che pareggiasse, che noi andassimo avanti tranquilli sulla strada della salvezza. La Roma,
così, resterebbe dietro all'Inter, ma di un solo punto, e continuerebbe a credere di poter vincere lo scudetto, e questo non accadrà proprio per colpa della Lazio.
Se pensate che il 2 maggio ci sarà Lazio-Inter, il problema si riproporrà pari pari: batteremo l'Inter facendo passare la Roma di nuovo in testa? O ci accontenteremo di un pareggio, che alla Roma non sarebbe poi molto utile? O perderemo, facendo un grosso dispetto ai cugini?
Il destino della Roma è due volte nelle nostre mani. Ma noi andremo avanti non con l'odio verso la Roma, bensì soltanto con la forza del nostro amore: vorremo soltanto che la nostra Lazio facesse una gran bella figura e concludesse bene questo suo brutto campionato.
La data del 2 maggio ci riporta alla mente un 4-2 ( era il 5 maggio 2002 ) della Lazio sull'Inter che aveva lo scudetto in tasca e lo perse per colpa di Poborski, il quale fece due gol senza neanche sapere quel che stava combinando. Ricordiamo Vieri piangere, Ronaldo sconsolato. E ricordiamo che quello scudetto lo vinse la Juventus e lo perse anche la Roma. Classifica finale: Juventus punti 71, Roma 7o, Inter 69. Ah, quei tre punti!
Ma torniamo al nostro derby. Due ancora i personaggi base del campionato: Inter e Roma. Con la Lazio ancora mina vagante e pronta ad esplodere. Infatti la Lazio potrà dire anche questa volta la parola decisiva.
Non odiamo la Roma. Quando eravamo giovani cronisti al Corriere dello Sport, fummo costretti, da laziali puri come eravamo, a seguire con assoluta onestà professionale proprio la Roma, e fummo considerati dal presidente Anacleto Gianni dei veri portafortuna, perché la Roma vinse la Coppa delle Fiere, il campionato Primavera, e finì tre volte quinta in classifica dopo anni e anni di squallore.
Non odiamo la Roma. Però neanche l'amiamo al punto da desiderare che vinca lo scudetto portandosi 4-2 nei nostri confronti. Perciò cercheremo a tutti i costi di batterla: senza odio, ma per amore della Lazio.
Quanto poi a Lazio-Inter, si vedrà. Non ci augureremo comunque la sconfitta della Lazio, quel giorno: vorremo anzi la sua vittoria, o almeno un pareggio, che salverebbe il nostro onore e difficilmente consentirebbe alla Roma di riprendere la testa della classifica.
Ma tutto questo è teoria. Oggi pomeriggio, all'Olimpico, dovranno accadere tante cose. E ci pare di vedere, in finale di partita, una Zeta iniziale che sarà decisiva.

sabato 17 aprile 2010

Raduno della Protezione Civile a Cave

La Protezione Civile di Cave, sempre all'avanguardia nel settore, ha organizzato un grande raduno di volontari per le tre giornate di sabato 17, domenica 18 e lunedì 19 aprile 2010. Il nucleo della manifestazione è il Parco di Villa Clementi, dove sono stati eretti nel giro di poche ore due splendidi capannoni che ospiteranno i vari momenti della manifestazione.
Partecipano anche le associazioni volontari di Genazzano, Artena, Gallicano, Valmontone, Palestrina ed altri centri vicini. Le famose tute arancione hanno invaso le strade della cittadina.
Il 19 aprile la Protezione Civile di Cave taglierà il traguardo dei diecimila giorni dalla sua costituzione. Sono quasi trent'anni che l'associazione di Cave, una delle più antiche della provincia di Roma, svolge la propria attività nel territorio prenestino e, nei casi più gravi, anche in territorio nazionale, come nel recente terremoto dell'Aquila.
Tra le altre manifestazioni, oggi, sabato 17, alle 10.30 si è svolta una conferenza sugli aspetti sociologici e psicologici delle Baby Gangs e l'esibizione di artisti graffitari su pannelli mobili; dalle 15 alle 19, una dimostrazione antincendio e ricerca di persone con intervento cinofilo; alle 21.30, sempre nella tendopoli di Villa Clementi, la proiezione di documenti fotografici sul territorio dell'Aquila. Seguirà una serata in musica con karaoke e giochi a squadre.
Domani domenica 18, alle 10, un corteo con i mezzi della Protezione Civile e la Banda della Polizia percorrerà il tratto Parco Clementi, piazza Santa Croce, San Carlo, Via del Corso, via Cavour e viale Pio XII, con chiusura nel parcheggio di fronte alle Poste (piazza Nassiria). Qui vi sarà l'esposizione di alcuni mezzi, con relative spiegazioni. Seguirà l'esecuzione di brani musicali, e alle 12.15 una messa solenne nel tendone del Parco, officiata dal vescovo di Palestrina monsignor Domenico Sigalini, che alla fine benedirà volontari e automezzi.
Nel pomeriggio,alle 16, verranno consegnati riconoscimenti e attestati, con testimonianze di abitanti delle zone terremotate dell'Aquila.
Infine, lunedì 19 aprile, alle 11, incontro con insegnanti e maestri, e premiazione degli alunni vincitori dei concorsi ispirati alla Protezione Civile.
Regione e Provincia hanno dato il patrocinio alla manifestazione curata dalla Protezione Civile di Cave, alla quale va da parte nostra il più sincero incitamento a fare sempre meglio a beneficio della società civile.

Il giardino di Silvia - I miei ricordi -32

Quando giocavamo a palla a piazza San Nicola, c'era sempre il pericolo che, colpita troppo forte, scavalcasse il muro che recingeva la parte marginale: un muro oltre il quale, rimbalzando di tetto in tetto, di terrazzo in terrazzo, andava a finire giù in fondo, nell'ampio giardino della signora Silvia.
La signora Silvia era una donna piccola e vivace, coi capelli brizzolati e ricci, ed era la mamma di un nostro compagno di brigata, Luigino. Mite di carattere e sempre disponibile, certamente anche per la familiarità che avevamo con lei, ci lasciava entrare con un certo limite di discrezione nel suo giardino per recuperare quella benedetta palla.
Per noi bambini, quel giardino era una specie di regno delle meraviglie, con fiori, aiuole, vialetti odorosi di mirto e di bussolo, piccole vaschette con pesci variopinti e fontanelle zampillanti. Ma forse sto un po' mitizzando.
Intanto, anche il giardino era limitato da un muro prospiciente la vallata di Anagni: il nostro paese, Acuto, è costruito proprio al vertice di un monte, e quindi è tutto un ripido degradare verso la valle che è posta cinquecento metri al disotto.
Delle volte la palla ( o il pallone, in tempi successivi ) riusciva a scavalcare anche il muro del giardino, e si perdeva irrimediabilmente nel fondo valle.
Ma il più delle volte il salvataggio della palla era assicurato dall'ampio spazio ricavato dai vialetti e dalle aiuole del giardino di Silvia. Solo che raggiungerlo era tutt'altro che facile, e richiedeva parecchio tempo: per i giocatori di calcetto, si prospettava sempre una pausa prolungata e noiosa.
Il bambino incaricato del recupero era di solito colui che aveva commesso l'errore di calciare oltre il muretto di San Nicola. Quindi, presto o tardi, toccava a ciascuno di noi partire per una specie di avventura.
C'era un a scorciatoia, veramente, ma era in pratica tabù: scavalcare il cancello di un altro giardino, quello della signora Marietta, la moglie di Lello il farmacista, giardino contiguo a quello della signora Silvia, scavalcabile agevolmente superando un basso muretto. Ma la signora Marietta, al contrario di Silvia, aveva un carattere assai meno mansueto e noi ne avevamo un vero terrore, sicché quasi nessuno osava penetrare nel suo "regno".
Era giocoforza compiere un lungo giro: passare per via Vittorio Emanuele, scendere la lunghissima scalinata del vicolo Gaudente, entrare nel portone di Silvia, sempre aperto, passare per un androne quasi oscuro, varcare un'altra porta laterale, e dopo un lungo giro si poteva finalmente uscire alla luce del giardino. Se tutto andava bene, dopo vari girigori per le aiuole e i vialetti, si poteva finalmente recuperare la desideratissima palla e ripercorrere quasi sempre senza intoppi il viaggio di ritorno.
Ogni recupero di palla necessitava di almeno un quarto d'ora, giusto l'intervallo fra un tempo e l'altro. Perciò si poteva commettere il grave peccato di perdere la palla non più di una volta a partita. E il peccatore veniva guardato da tutti con occhi torvi, e doveva scontare quella giusta penitenza.
Ora i giardini misteriosi sono quasi tutti scomparsi, per dar vita al tragitto di una più pratica via di circonvallazione (continua).

La Roma ha paura

Il conto alla rovescia è cominciato. Ormai è questione soltanto di ore. Molti si sono dispiaciuti che il derby sia stato anticipato alle 18.30 per motivi di sicurezza, ma a noi personalmente non è dispiaciuto: prima si gioca e meglio è.
Olimpico stracolmo, ma l'ansia della Roma cresce. La brutta notizia, per i cugini, è arrivata ieri sera da Milano: delle cinque partite che restano, l'Inter ha già vinto, e nettamente, la prima e forse la più difficile, il derby d'Italia con la Juventus. I bianconeri piangono per l'espulsione forse ingiusta di Sissoko, ma questi, ormai, nel calcio sono soltanto dettagli, e bisogna andare avanti come carri armati sulla propria strada.
Ora i giallorossi hanno ancora più paura di non farcela, contro di noi. Ranieri sta arrivando adddirittura alla decisione di tenersi Totti di riserva, perchè ha paura che il capitano, più sconfitto che vittorioso contro di noi, possa portare anche un po' di ansia in più.
Non è questione, comunque, di uomo in più o di campione in meno: il derby si gioca più con l'anima e con il cuore che con altri attributi: e di cuore la Lazio, in questo momento, appare davvero ben dotata.
La Roma, dicevamo, deve solo e soltanto vincere. Ogni altro risultato significa quasi la tomba, per lei, significa perdere il primato che è durato cinque giorni in tutto, significa che per tornare prima deve fare polpette della Lazio, e si rende conto che non sarà facile.
Ledesma fa fuoco e fiamme, Zarate promette il suo gol anche se forse partirà dalla panchina, Rocchi non vuole mancare al suo compito di buon capitano, Floccari sa già che se andasse a rete si conquisterebbe per sempre un posto nell'Olimpo laziale.
Loro? Non guardiamoli neanche, non pensiamoli neanche. Sono troppo più forti di noi, e Ranieri ha quella serie spaventosa che è arrivata a 23, numero anche fortunato. Se dobbiamo pensare che la Roma è la Roma, bè, lasciamo perdere.
Noi dobbiamo pensare soltanto che la Roma ha paura, e di questa paura dobbiamo approfittare.
Perciò, prima arrivano queste 18.30 di domani, e meglio sarà.

venerdì 16 aprile 2010

Totti perderà ancora il derby?

Sembra incredibile: ma nella netta superiorità che la Roma vanta nei derby con la Lazio, il campione dei campioni, Francesco Totti, autore dopo l'ultima stracittadina del pollice verso a significare la serie B, è in passivo proprio contro la Lazio.
Lui di derby ne ha giocati più di tutti, ben 34: ebbene, è anche - secondo Wikipedia - il peggior giocatore di tutti i derby, avendone vinti 11, pareggiati 10, ma persi ben 13!
Dopo il gestaccio a seguito del derby vinto con una certa casualità con il gol finale di Cassetti, Totti si è pentito e ha chiesto scusa ai tifosi laziali, ma quello è un gesto che non si fa neanche al peggior nemico: e se il peggior nemico fosse davvero la Lazio, ebbene, questa se lo legherebbe al dito e glielo farebbe pagare.
Si spiega perciò con quanta decisione Ledesma, Rocchi , Zarate e compagni aspettino Totti - e compagni - domenica alle 18.30 allo Stadio Olimpico. Non solo vogliono far pentire Totti di quel gesto, ma vogliono anche che Totti pianga, vedendo possibilmente sfumare il primato fresco fresco strappato all'Inter: e Totti potrebbe piangere per davvero, perché conoscerebbe il risultato di Inter-Juventus con una giornata di anticipo.
Troppe coincidenze dovrebbero verificarsi perchè Totti davvero piangesse, domenica sera: che l'Inter vinca e che la Roma perda, ma alla roulette del campionato italiano può benissimo verificarsi anche questo.
Il pollice verso, un campione che è un vero campione, non dovrebbe mai
permetterselo.
Però, c'è pure il retro della medaglia: Zarate che afferma: Totti è finito, sono io il vero grande campione.
Una sfida audace, da parte di un ragazzo di 23 anni contro un fenomeno di 34 anni, un fenomeno che ha segnato più di 200 gol in serie A, e tutti con la stessa maglia.
Per arrivare a quella cifra, Zarate dovrebbe giocare ancora altri undici campionati, e segnare 180 gol, con la media di 16 reti a torneo. Quello sì che sarebbe veramente un grande campione!
Sarà capace di farlo, Maurito? Certo: sarebbe possibile. Sedici reti a torneo potrebbe benissimo farle. Ma dovrebbe: 1) restare sempre alla Lazio; 2) essere sempre costante, calmo e corretto; 3) saper prendere anche tanti calci dagli avversari; 4) saper anche accettare tutte le decisioni arbitrali, anche quelle negative.
A questo patto, Maurito, si diventa grandi campioni! E se vuoi veramente diventarlo, comincia dunque proprio da questo derby!

giovedì 15 aprile 2010

Ora saremmo settimi, se Reja fosse venuto prima

Da quando è venuto Eddy Reja, cioè dieci giornate fa, la Lazio ha conquistato 15 punti, con la media esatta di un punto e mezzo a partita. Ha vinto quattro incontri, di cui ben tre in trasferta ( Parma, Cagliari e Bologna ) e uno in casa ( Siena ), ne ha pareggiati tre(Milan in trasferta - Fiorentina e Napoli in casa ), e ne ha persi tre ( Palermo e Sampdoria in trasferta - Bari in casa: unica vera batosta ).
Anche le cifre sussidiarie sono positive: 14 reti segnate, 12 subìte. Inoltre c'è da sottolineare il fatto di aver giocato ben sei trasferte contro quattro gare casalinghe.
Proiettiamo queste cifre su tutte le partite giocate finora dalla Lazio, cioè 33: se ci fosse stato Reja fin dall'inizio, la formazione biancoceleste avrebbe ottenuto 33 punti più la metà, cioè altri 16/17 punti, che porterebbero a un totale di 50. Questo vuol dire che ora la Lazio avrebbe un punto più del Napoli e sarebbe settima in classifica, ancora in gara per la conquista del quarto posto per la Champions League.
Il discorso è ancora più valido se si pensa alle gravi difficoltà che Reja ha dovuto affrontare nel suo primo mese di approccio, quando la squadra è apparsa ancora scioccata dall'insensata conduzione Ballardini.
Ma non intendiamo calcare troppo la mano su quella che è stata una sfortunata avventura: quando la malasorte ci mette le mani, tutto va a rotoli. Quando invece si lavora con serenità e armonia come ha saputo fare Reja, i risultati sembrano venire da soli, rispecchiando le reali capacità tecniche della squadra.
Vogliamo dire che tecnicamente la Lazio può valere anche di più del settimo posto, e che si batterebbe da pari a pari con il Palermo di Delio Rossi ( un allenatore che tanto somiglia a Reja per carattere e che è anche lui un padre per i suoi giocatori) , al punto da farci pensare che ora la Lazio starebbe lottando proprio contro il suo ex allenatore per riuscire a conquistare un posto fra le grandi di Europa.

Il lago di Canterno - I miei ricordi - 31

Che meraviglia era, per noi ragazzi di Acuto, andare in gita a piedi fino al lago di Canterno! Saranno stati, a occhio e croce, un sette/otto chilometri: ma che percorso straordinario, quante variazioni di scena!
Si partiva al mattino presto, muniti o meno di una spartana merenda: chi non l'aveva, avrebbe rimediato qualcosa sul posto, perché per lo più ci andavamo il 12 di settembre, festa della Madonna della Stella, celebrata in un rustico santuario sulle rive del lago, ai piedi della verde montagna di Porciano.
C'erano bancarelle con ciambelle, olive verdi dolci, fusaglie, pigne profumate già pronte per offrire i loro pinoli. Liquirizie, gazose, noci, nocciole, castagne secche. Ogni ben di Dio, rustico e a poco prezzo. Poche monete di rame bastavano per poter comprare qualcosa.
Da Acuto fino al fontanile di Colle Borano la strada era dritta e polverosa. Sarà asfaltata solo negli anni 50. Poi si girava sulla destra, lungo un viale costeggiato da gelsi (si era provata, negli anni '30,all'epoca dell'autarchia, la coltura del baco da seta: senza successo ). Una terza fase del viaggio era costituita da un bosco di castagni, alti e maestosi: quando si era già in vista di Fiuggi Terme, si imbucava una discesa, prima ripida, poi sempre più degradante, finché dai castagni si sbucava in un'ampia pianura coperta di erbe selvatiche, dalle quali, al nostro passaggio, si levavano al volo le quaglie. Oggi tutto questo tratto forma il grande campo di golf di Fiuggi.
Si cominciava a vedere il lago. Un piccolo lago di origine carsica, con uno sfiatatoio nel punto più profondo, che si riempiva di arbusti ed erbacce, e ogni cinquant'anni esplodeva inghiottendo tutte le acque. Certi anni, per le piogge, diventava più grande, enorme, andava a lambire i sobborghi di Fiuggi, Torre Cajetani e Trivigliano. Uno stretto canale, sul quale era ancorata la barchetta di un pescatore, portava fino al punto in cui il lago diventava profondo.
Il santuario, una volta munito di un piccolo convento abitato da un monaco solitario,veniva aperto una sola volta all'anno, appunto il 12 settembre: si celebrava una messa solenne, si svolgeva una coloratissima processione che compiva un ampio giro dalla chiesa alle rive del lago per tornare al santuario, e poi tutta la giornata veniva lasciata a una specie di festa pagana, fatta di merende, di balli al suono di rozze fisarmoniche, di grida dei venditori: c'era perfino chi vendeva pecore, capre, maiali, galline, conigli. Certamente i residui di una vecchia celebrazione precristiana di fine estate.
La gente, di almeno una decina di paesi dei dintorni del lago ( Ferentino, Fumone, Vico nel Lazio, Guarcino, Collepardo, Alatri, oltre a quelli già citati di Acuto, Fiuggi, Trivigliano e Torre Cajetani,quest'ultimo già proprietà della famiglia di Bonifacio VIII) si spargeva per gli ampi prati e consumava un rustico pranzo o una merenda, per il resto dandosi ai giochi e alle conversazioni più bizzarre e divertenti. Poi, prima che il sole tramontasse, si riprendeva la via del ritorno, sempre in allegria, benché la strada fosse tutta in salita.
Al lago di Canterno, comunque, noi bambini e adolescenti di Acuto, andavamo anche in altre occasioni, quando non c'era gente, perché la natura era assolutamente meravigliosa e multiforme.

Davide è tornato

Davide è tornato, e ci darà una spinta a vincere il derby. Non ha vinto l'Isola dei Famosi, come sperava, ma è come se l'avesse vinta.
Si è presentato, mercoledì sera, tutto di bianco vestito, davanti a Simona Ventura e al pubblico di tutta Italia. E' stato accolto affettuosamente dal capitano Tommaso Rocchi e dal romano di Roma Fabio Firmani. Lotito gli ha rivolto un discorsetto sentito di ringraziamento per il suo tifo sincero e disinteressato, insieme a un invito in tribuna d'onore per domenica alle 18.30, perché - ha detto Lotito - sono i tifosi come Davide quelli che tengono compatta la squadra, e che sospingono l'aquila biancoceleste a spiccare veramente il volo verso l'alto.
"Lazio, sul verde prato vola/ Lazio, tu non sarai mai sola/ Vola un'aquila nel cielo/ Più in alto per sempre volerà/
Che commozione sentire il nostro inno davanti a milioni di telespettatori. Quando si ama così la Lazio, con tutti i suoi gloriosi 110 anni di storia, soffrendo e lottando sempre con lei, non può non venire anche il giorno in cui vincerà e gioirà.
Lotito ha fatto un figurone, proprio come Davide Di Porto. Questa è una pagina bella della cronaca biancoceleste. Noi di Qui Lazio non possiamo che gioire insieme a loro, quasi quasi presagendo per domenica un'altra bellissima pagina di storia laziale.
Davide ha fatto poi una specie di provino cinematografico per Radio 2, in puro dialetto romanesco, dialogando con Simona Ventura, e strappando a tutti un sorriso. Doveva toccare la grande croce che Simona portava al collo, ma Simona non gliel'ha fatta toccare.
Del resto, di croci i laziali ne hanno già portate tante in questo periodo, e sarebbe invece ora di toccare il cielo.

mercoledì 14 aprile 2010

I mediani sinistri della Lazio

In questo momento, i mediani sinistri della Lazio sono soltanto due: Kolarov il titolare, Hitzlsperger la riserva.
Come mai così pochi? Decidendo ormai di presentare il 5 a centrocampo, il gruppo si divide in troppi tronconi, e così rimangono pochi giocatori per questo ruolo. Da notare che ELISEU Dos Santos Pereira,26 anni, portoghese, è stato venduto a gennaio, andando a finire al Saragozza dopo poche partite disputate, e purtroppo quasi sempre non positive; altrettanto è accaduto a PERPETUINI, 19 anni, romano,un jolly promettente che è andato a farsi le ossa al Crotone.
Al loro posto è venuto il tedesco Thomas HITZLSPERGER, 28 anni, con un curriculum da primo della classe (51 presenze nella nazionale germanica ) e un fisico da granatiere; purtroppo il suo passato non conta più nulla, perché le sue condizioni psicofisiche sono ridotte di molto, e tentare di ricostruirlo è un compito estremamente lungo e difficile e non riguarda quasi più Reja, che si limita a utilizzarlo ogni tanto per pochi minuti, giusto per dimostrare che lui un po' di spazio glielo ha dato.
E' un vero peccato, ma è la dura realtà. Oltretutto il giocatore non nasconde di volersi trasferire il prossimo anno in Inghilterra, come se la Premier League fosse più facile del campionato italiano. Comunque auguri a Thomas, anche se si è trattato di un incauto acquisto.Forse il giocatore si trova meglio in climi più rigidi.
Per fortuna il titolare è Aleksandar KOLAROV, serbo, 24 anni, uno ricavato dall'acciaio,che soltanto qualche squalifica ogni tanto riesce a fermare. Aggressivo, potente, velocissimo in progressione, dotato di un tiro spaccatutto, autore di punizioni al fulmicotone, sembra la perfetta fusione di altri due grandi calciatori serbi già della Lazio, Sinisa Mihajlovic e Dejan Stankovic : ma che cosa mangiano, da bambini, in Serbia? Comunque Kolarov ha tutto per garantirsi un grande avvenire.
Ma sarà laziale, questo avvenire ? Ce lo auguriamo. Però lo vogliono in troppi, e da mezza Europa. Finirà per raggiungere all'Inter Pandev e il suo connazionale Stankovic.
E noi? Metteremo in cassa questi 15 milioni di euro, ma nel frattempo dobbiamo assicurarci un buon sostituto. Potrebbe essere il giovanissimo Khrin, che l'Inter già ci promise per avere Pandev, e poi andò a finire come sapete.
Bisogna vedere se Reja accetterà, o se ha altro di meglio nella testa. Ad esempio, la riserva del Napoli Luca Cigarini, 24 anni e tante promesse per ora non mantenute, ma che Reja potrebbe rilanciare.Io darei anche un'occhiata al vivaio serbo, sempre ricco di giovani estremamente interessanti. Alla Lazio, i serbi sono andati sempre bene.
Vale poi il ragionamento del nostro vivaio: ma noi un ragazzo in gamba non riusciamo proprio a tirarlo su? In anticamera ci sono i soliti Federico Sevieri, 18 anni,e Riccardo Perpetuini, 19 anni, entrambi romani di Roma.

martedì 13 aprile 2010

Lazio-Roma si gioca alle 18.30

Allora è sicuro: il derby Lazio-Roma viene anticipato alle 18.30 per garantire la maggior sicurezza possibile.
Lo ha stabilito il Prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, dopo aver consultato i presidenti della Lazio, Claudio Lotito, e della Roma, Rosella Sensi, oltre alle autorità cittadine responsabili della stessa sicurezza.
La decisione è stata accettata con piacere sia dalla Roma che dalla Lazio, perché si giocherà in un clima più disteso e praticamente alla luce del giorno, anche se sarà giocoforza servirsi dell'illuminazione notturna.
Quanto alle quadre, sono lanciatissime psicologicamente, e alla sicurezza ostentata da Totti , capitano giallorosso, risponde la convinzione di Rocchi e di Ledesma, che ha promesso di mettercela tutta per fare un gol.
Le formazioni saranno al gran completo, così come le scalinate dello stadio Olimpico che farà il pienone dei settantamila.
Nella Lazio c'è un unico dubbio: chi affiancherà Floccari in attacco dal primo minuto. Probabile Rocchi nel primo tempo, con ingresso praticamente sicuro di Zarate nella ripresa.
Noi garantiremo la cronaca e il commento dell'incontro intorno alle 21, mezz'ora dopo il termine del grande match, che è stato definito "il derby dei derby".

I prati di Acuto - I miei ricordi -30

Un altro nostro divertimento, per niente scevro di pericoli, aveva come scenario i prati in forte discesa che, dalla via che conduce al cimitero, finivano in fondo alla vallata prospiciente la piazza del mercato.
Erano prati sempre verdi, sia d'estate che d'inverno, assolati e compatti, dove di solito pascolava qualche gruppetto di mucche. Noi ci allungavamo sul terreno all'inizio della pendenza, e ci rotolavamo giù, per un centinaio di metri, provando l'ebbrezza della discesa, incuranti di qualche sasso sporgente o della possibilità d'incontrare qualche "regalo" delle mucche, più o meno essiccato.
Del resto, sui prati del tutto fuori vista sottostanti il camposanto, dall'altro versante del monte chiamato Calvario a somiglianza di quello di Gerusalemme, per un certo periodo invalse la moda, da parte di ragazzi e ragazze molto più grandi di noi, di prendere veri e propri bagni di sole. Questi erano tra i pochi divertimenti che il paese di Acuto offriva.
Un po' più grandicelli, venne di moda il gioco della palla. Ma per comprare un vero e proprio pallone soldi non ce n'erano: allora facevamo una palla di carta di giornale, legandola fitta fitta con degli elastici, e ci sfogavamo a prenderla a calci, ingaggiando vere e proprie partite, nel terreno del giardino sottostante la piazza principale, che una volta era stato una specie di laghetto ("volubro") prosciugatosi col tempo.
Il campo era piuttosto pianeggiante e regolare, ricavato alla meglio fra grosse piante di pino e alberi di acacia, che in estate emanavano un profumo intenso, quasi da lasciarti stordito.
Poi quel terreno fu riservato al mercato del martedì, e vi sorsero alcune delle case popolari, sicché ne venne fuori una piazza. Il campo sportivo venne spostato fuori del paese, nella frazione di Casanova, ma era piuttosto sassoso e in parte anche in pendìo, sicché la squadra che giocava nella parte in discesa doveva compiere uno sforzo enorme per giungere sotto l'altra porta e potervi fare un gol.
Però, poiché i tempi delle partite di calcio sono due, nella ripresa i ruoli si invertivano, e di solito chi vinceva doveva dimostrare di essere davvero il più forte.
Su questo campo, per un certo periodo, giocavamo dalla mattina alla sera, per ore e ore, senza fermarci mai, incuranti dei tanti incidenti di gioco, con i primi pesantissimi palloni di cuoio e con scarpe da gioco rudimentali, che ci riducevano i piedi in condizioni pietose.
Poi, piano piano, la passione venne sbollendo, anche perché ormai era sopraggiunta la stagione delle prime cottarelle amorose.
Quella del pallone, comunque, era stata per me una vera e propria scoperta: dai quattordici anni in su, si accomunò al tifo per la Lazio, e gradualmente all'aspirazione a diventare giornalista sportivo. Fu la cosa che provai non appena misi piede a Roma, a diciotto anni (continua).

lunedì 12 aprile 2010

Classifiche di rendimento per Fantacalcio 33.ma

Portieri: Mirante Scarpi Buffon
Difensori: Maicon Comotto Gastaldello
Chiellini Kjaer Kroldrup
Lucarelli A. Lucchini Dias
Centrocampisti:Sanchez Migliaccio Bolatti
Ricchiuti Montolivo Palombo
Liverani Isla Santana
Mauri Ghezzal Jovetic
Attaccanti: Cassano Keirrison Zarate
Borriello Maxi Lopez Rocchi
Miccoli Di Natale Vucinic
Allenatori: Mihajlovic Prandelli Ranieri
Il migliore: miglior giocatore della giornata il goleador palermitano Miccoli.
Il podio si completa con un catanese: il centrocampista Ricchiuti, e un milanista: il centravanti Borriello.
Miglior allenatore: il catanese Mihajlovic.
Formazione ideale: Mirante; Maicon, Chiellini, Lucarelli A.;Sanchez, Ricchiuti, Liverani, Mauri; Cassano, Borriello, Miccoli.
Nazionale italiana della settimana: Mirante; Comotto, Chiellini, Lucarelli A.; Migliaccio, Montolivo, Liverani, Mauri; Cassano, Borriello, Miccoli.

domenica 11 aprile 2010

Questa pazza, pazza, pazza Lazio! 3-2 a Bologna

La Lazio più folle della stagione: perde 0-2 dopo un quarto d'ora, rimonta furiosa e incredibile in poco più di venti minuti di gioco e quarta vittoria in trasferta.
Rimonta con Mauri al 44'; poi un vento terribile sospinge la Lazio all'attacco. Pareggio con il terzino Dias al 63': e già quel risultato poteva bastare.
Ma la Lazio non ci sta, non vuole quel pareggio da tutti previsto, ci tiene a vincere e lo fa col capitano Rocchi al 67'. Vecchio capitano, che viene fuori con orgoglio nei momenti di maggiore impegno.
Rocchi era subentrato a Biava ancora prima della ripresa, mentre restava in campo anche Maurito Zarate, come al solito nervoso al punto da farsi ammonire e da rischiare di non essere in campo nel sentitissimo derby con la Roma di domenica prossima. Che derby, ragazzi, con la Roma prima in classifica, e con la Lazio che vuole farsi vendetta del derby perduto ingiustamente all'andata, e mettere nei guai i cugini giallorossi rompendogli le uova nel paniere, con grandi speranze di Inter e Milan.
A Bologna, la Lazio ha giocato con insipienza nel primo tempo, svogliata e fiacca, ma poi si è svegliata ed ha fatto miracoli e meraviglie nella mezz'ora iniziale della ripresa. Tre gol in venti minuti sono un'impresa incredibile per una squadra che fin qui ha segnato col contagocce.
Con sei punti di vantaggio sull'Atalanta e con un minimo ma importante vantaggio sul Bologna, si può dire che la Lazio sia praticamente salva, anche se bisogna tenere gli occhi aperti e quindi battersi con animo forte contro la grande Roma di Ranieri. Una vittoria nel derby può salvare un'intera stagione, ha commentato Delio Rossi, il nostro indimenticato ex.
Malgrado lo sbandamento della difesa nel quarto d'ora iniziale, la squadra va elogiata in blocco, con in testa l'allenatore Reja, vero protagonista della salvezza. Dias si è fatto perdonare con il gol del pareggio le sbandate iniziali; il resto lo hanno fatto il solito Mauri, ispiratore delle migliori trame, e il capitano Rocchi, protagonista di una mezz'ora memorabile e del gran gol della vittoria.
Giornata aperta nel lutto e chiusa nella gloria, con qualche gol buttato al vento, letteralmente, nel finale. Questa pazza Lazio. Ha la forza per chiudere in bellezza un campionato che ci ha fatto disperare e quasi impazzire. E' una squadra che ha grandi numeri e grandi possibilità, ma questo avviene soltanto quando ha la testa a posto.

Commento di Bologna-Lazio oggi ore 18

Quattro turni fa il Bologna aveva 35 punti; la Lazio 26.
Oggi il Bologna ha 35 punti; la Lazio 34.
Sono passati solo ventuno giorni da quel 21 marzo, primo giorno di primavera: la Lazio ha spiccato il volo, come la rondine di San Benedetto, il Bologna ha inanellato quattro sconfitte: 0-1 a Siena, 0-2 con la Roma, 1-3 a Palermo, 0-3 con l'Inter.
Ebbene: tutto ciò non vuol dir niente. Oggi Bologna e Lazio si giocano tutto in novanta minuti. Il pareggio è un risultato che gli scommettitori danno per sicuro, ma Reja non va a Bologna per pareggiare, anche se a Colomba un pareggio potrebbe far comodo, lasciando ancora la Lazio un punto sotto.
La Lazio ora gioca, e il Bologna non gioca più. Ma ha sempre nelle sue file ben tre ex laziali: Di Vaio, Mudingayi e Mutarelli, che hanno tanti motivi di rivalsa; un romano di Roma, il forte difensore Daniele Portanova, che più volte è stato sul punto di diventare laziale; e poi due attaccanti insidiosi come Adailton e Zalayeta, e un portiere paratutto come Viviano. No, il Bologna non è da disprezzare.
La Lazio però va a Bologna per vincere. Si è rinsaldata ed ha trovato il suo gioco. Tecnicamente è quotata. Floccari ha preso a segnare a ripetizione. Il centrocampo ora funziona benissimo, con Mauri che brilla e ispira. La difesa viene ancora discussa, ma solo Inter, Milan e Chievo hanno subìto meno gol, e nelle ultime quattro giornate Muslera si è chinato solo due volte a raccogliere la palla in fondo alla sua rete.
E tuttavia saranno novanta minuti di fuoco. Alle 18 ve ne daremo conto con la nostra cronaca-commento. Non mancate al gustoso rendez-vous.

sabato 10 aprile 2010

Ogni bel gioco...- I miei ricordi -29

Ad Acuto, durante i miei anni d'infanzia, la vita scorreva facile e generosa, anche se le risorse erano poche. D'estate, durante le vacanze, ci bastava poco per inventare giochi divertenti.
In fondo al paese, tra il viale di San Sebastiano e la stazioncina delle Stefer, c'era un prato meraviglioso, degradante di almeno venti metri nella lunghezza totale di un centinaio. Quasi al centro c'era una grande aia, e appena le scuole si chiudevano e cominciavano le vacanze, era sempre piena di una paglia color dell'oro e quasi morbida.
Il grano era stato trebbiato da poco.
Dal cemento dell'aia, alta fino al bordo, quella paglia ci sembrava un mare, e sentivamo fortissimo l'impulso a tuffarci. Prendevamo la rincorsa, e giù...sprofondavamo al centro di quella grande massa di fieno odoroso.
Eravamo un bel gruppetto della nostra classe, inseparabili e sempre pronti a inventarne una: io, Santino, Luigino il figlio della signora Silvia, Carlo,che era il figlio del podestà proprietario di quell'aia fantastica. E poi Antonio, che veniva da un paese vicino, Collepardo, e si era subito inserito nel gruppo.
E ancora altri, che non ricordo con precisione; in molti giochi erano presenti anche le compagne, di scuola se non proprio di classe: Francesca, Anna Maria, Maria Pia, Elisabetta, Elena.
Non sempre questi bei giochi si concludevano festosamente come erano cominciati. Nel gioco dell'aia la peggio toccò proprio a me. Nell'impeto del salto, un ginocchio mi colpì sotto l'occhio destro. Lì per lì non avvertii quasi nulla, ma ben presto mi sbucò sopra lo zigomo un bellissimo bernoccolo.
Il mio terrore era quello di non farmi notare da mio padre, cosa impossibile, perchè all'ora di cena ci saremmo trovati di fronte, attorno al lungo tavolo della cucina. Mio padre sedeva a capotavola, io quasi di fronte a lui, all'altro capo. Cercavo di coprirmi col ciuffo dei capelli, e devo esservi riuscito, perché mio padre, che di solito si arrabbiava a morte per i nostri infortuni, non disse nulla, e per quella volta mi risparmiai il solito supplemento di rimproveri, talora accompagnati anche da un memorabile scapaccione.
Da piccolo credo di essere stato, a casa, un tipo piuttosto lagnoso; contavo forse sul fatto che qualche lamento mi avrebbe aiutato a ottenere quello che cercavo.
Una volta pretesi di indossare, al nostro negozio, un paio di scarpe nuove di coppale, e non ci fu verso di togliermele: le volli tenere anche a letto, contando sul fatto che avevano le suole lucide e pulite.
La mattina dopo non me le ritrovai ai piedi, ma la grande passione doveva essere già svanita, perchè mi pare che non facessi più storie di nessun tipo.
Un'altra volta, invece, non ricordo proprio per quale insistente richiesta, mi sedei su uno scalino dietro la porta della cucina, e cominciai una lamentela talmente insopportabile (ne ero nauseato io stesso...) che mio padre prese una frasca dal fuoco e mi corse dietro, su su fino alla soffitta dove conservavamo il carbone per i fornelli.
Però il tetto a grondaia era così basso, che non poté venirmi dietro fino in fondo, e fece finta di non potermi raggiungere con quella frasca di cui conservo viva la memoria. Fu quella la volta in cui mio padre si arrabbiò di più, per cui io cercai di farmi perdonare e di essergli sempre amico e confidente. Infatti, ci comprendevamo benissimo, e io gli volevo un gran bene (continua).

venerdì 9 aprile 2010

Vivai: Roma batte Lazio 45 - 1

Se andiamo a vedere i giocatori nati a Roma e provincia fra titolari e riserve di Roma e Lazio, troviamo questo bilancio: Roma 3 ( Totti, De Rossi, Cerci ), Lazio 1 ( Firmani ).
Se poi diamo un valore economico a questi giocatori ( Totti 20 miliardi, De Rossi 20 miliardi, Cerci 5; Firmani 1 miliardo), il bilancio sarà: Roma 45 - Lazio 1.
Se poi calcoliamo anche il valore di atleti romani emigrati altrove, avremo per la Roma almeno altri 15 miliardi di bilancio ( Aquilani 10, Okaka 5 ) contro poche briciole di speranze laziali in prestito ( Tuja, Mendicino, Kozak, Perpetuini...nessuno con un valore economico di qualche peso ).
Desolante la situazione del vivaio laziale nei confronti di quello romanista. Da una parte un semiabbandono, dall'altra una cura oculata e sapiente, che risponde al nome di un grande ex: Bruno Conti.
Eppure, il vivaio laziale in passato dava le mele a quello romanista: basta ricordare i titoli italiani della Primavera biancoceleste , e almeno tre infornate memorabili: quella di Giordano e Manfredonia, quella di Nesta e Di Vaio, e ancora prima quella di Vincenzino D'Amico e Oddi.
Che c'è stato, dopo di questo? Forse il desiderio di risparmiare ogni anno poche centinaia di milioni, magari un miliardo o due. Ma cosa sono anche due miliardi risparmiati, di fronte alla prospettiva di avere un paio di veri campioni che possono valere anche dieci/venti miliardi ciascuno?
Tenga ben presenti questi nomi e queste cifre il buon Claudio Lotito. Affianchi agli attuali dirigenti delle giovanili qualche bel nome del vivaio antico, tipo Vincenzo D'Amico o altri di questa levatura. Sarà una spesa momentanea, che frutterà venti volte nel futuro, anche immediato.
Chi semina raccoglie. Chi non semina , guarda gli altri che raccolgono. Noi siamo un blog piccolo piccolo, e forse non ci legge nessuno. Ma vorremmo che chi ha a cura della Lazio lo leggesse e ci ascoltasse. Non avrebbe nulla da perdere, e forse qualcosa da guadagnare.

giovedì 8 aprile 2010

Davide ci ha lasciato le penne

Voleva tornare a casa, e ci è tornato. Il brutto è che a mandarcelo è stata quella biondina insipida di Silvia.
Ma è proprio vero che Davide Di Porto voleva tornare a casa a Trastevere dall'Isola dei Famosi ? Non è vero che puntava alla vittoria finale e ai tanti suoi soldi, con quel po' po' di famiglia che si ritrova sulle spalle?
Ruba un cocco oggi, spacca un cocco domani, mangia un cocco oggi e due domani (sempre di nascosto), tira il cocco in testa a Sandra Milo, butta il machete addosso a Domenico Nesci, alla fine Davide ha spaccato altre cose ai telespettatori, che incredibilmente l'hanno condannato. E sinceramente ci dispiace, perchè Davide, con tutti i suoi difetti, sapeva fare spettacolo.
Abbiamo conosciuto Ida, la bella compagna di Davide. Lei ha un solo difetto: è romanista. E pensare che quel rospo tuttomuscoli gli ha messo in passato un bel po' di corna.Ma ha promesso di non farlo più.
Così Davide torna, e la Lazio non si è ancora salvata. Ma almeno è sulla via di salvarsi, e lui potrà assistere dalla curva nord al derby, al maxiscontro con l'Inter e alla chiusura (crediamo festosa) contro l'Udinese, cioè tutta la parte più significativa della stagione.
Quello che rompe l'anima all'irriducibile è che la Roma ha quasi vinto lo scudetto, mentre quando lui è partito per l'Isola i giallorossi erano staccati di quattordici punti dai nerazzurrri di Mourinho.
Può darsi che Davide sia costretto ad assistere dal vivo al trionfo della Roma. Potrebbe soltanto consolarsi con la salvezza della Lazio.
E il prossimo agosto/settembre potrebbe vedere sia noi che i cugini ripartire alla pari.
Daje, Lotito, daje: quest'estate devi proprio darti da fare.


mercoledì 7 aprile 2010

Le more di Tore - I miei ricordi -28

Una figura caratteristica del mio paese, Acuto, era un altro Tore, oltre a quello che si portò il Bambinello del presepe a casa per ristorarlo con le sue lasagne.
Quest'altro Tore si guadagnava da vivere andando per prati e boschi, raccogliendo fragole e more, castagne e asparagi, che vendeva lungo le strade del paese con un suo cesto sempre pieno di frutti stagionali, includenti anche le fusaglie, le caldarroste e le verdure di un suo orticello fuori paese, tra le rocce della Portella, un rudimentale pertugio nell'antica cinta muraria.
Di età indefinibile, dai trenta ai quaranta, con un berretto consunto sui capelli rossicci, era amico di tutte le donne che lo chiamavano dalle finestre per comprare a pochi centesimi le sue leccornie. Scapolo per necessità, però non rifuggiva dalle conversazioni anche un po' maliziose delle ragazze, che gli dicevano: -Tore, tu che lavori tanto, perché non ti fai una donna?-
Tore si schermiva: - Io sono serio, io le cose brutte non le faccio ! - E andava avanti tranquillo con la sua piccola filosofia. - Si rifà notte e si rifà giorno: il mondo è sempre uguale. Tutte le stagioni portano i loro frutti. Io tiro avanti bene così -
Aveva qualche parente lontano, una vecchia zia che pensava forse ai suoi bisogni più impellenti: una camicia seminuova, un paio di pantaloni non troppo usati. Non aveva grandi esigenze, Tore: anzi, piccole piccole, e non si può dire se fosse felice o infelice.
Mia sorella Isola, la più grande, che fungeva un po' da spalla di mia madre nello svezzare tanti fratelli, ogni tanto chiamava Tore dalla finestra, quando lui passava con le sue fusaglie e le sue more. Le vendeva a bicchiere: quattro soldi ogni bicchiere, con una lira potevi avere cinque bicchieri di more.
Isola le lavava, le metteva nell'acqua gelida per rinfrescarle, poi le spolverava con un po' di zucchero, e per noi bambini, in tempo di guerra, quella era una vera delizia.
I bambini un po' discoli si divertivano a prendere in giro Tore, e lui qualche volta si arrabbiava, ma il più delle volte stava allo scherzo e gradiva scambiare qualche battuta allegra e pungente.
Il mestiere di Tore non conosceva pause: ogni stagione, come diceva lui, aveva la sua frutta e le sue verdure. Poche, da portare dentro a quel canestro che lo accompagnava sempre e che gli dava da vivere.
Quando tornavamo ad Acuto, in estate, Tore era sempre lì, ancora dopo tanti anni, inconfondibile con la sua coppola, il suo immancabile cesto, i suoi capelli rossi che però gradualmente ingiallivano.
Poi scomparve. Forse lo misero in un ospizio. Chissà quanti anni aveva? E con lui scomparve una figura veramente caratteristica del paese. Figure così, il progresso le ha cancellate, portandosi via un po' di miseria, una manciata di more, e forse un pizzico di malinconica poesia ( continua ).

martedì 6 aprile 2010

Lazio salva a 41, Atalanta chiude a 36

La Lazio ha i seguenti incontri in calendario ( maiuscole in trasferta ): BOLOGNA 35, Roma 65, GENOA 45, Inter 66, LIVORNO 26, Udinese 36.
L'Atalanta ha i seguenti impegni: ROMA 65, Fiorentina 45, INTER 66, Bologna 35, NAPOLI 49, Palermo 51.
Il calendario dell'Atalanta è più duro: fra l'altro le avversarie dei bergamaschi hanno un totale di 311 punti contro i 272 degli avversari della Lazio, con una media di difficoltà di 52 per l'Atalanta e 45 per la Lazio.
In base alle difficoltà di calendario, queste sono le prospettive:
*con le tre grandi - Inter, Roma e Milan - zero punti sia in casa che in trasferta
*con le sei aspiranti alle Coppe -Palermo, Sampdoria, Napoli, Juventus, Genoa e Fiorentina -pareggio in casa e sconfitta in trasferta
*con le squadre leggermente più forti - Bari, Parma, Cagliari - vittoria in casa, sconfitta in trasferta
*con le squadre di pari valore - Catania, Chievo, Bologna e Udinese - vittoria in casa, pareggio in trasferta
*con le squadre inferiori - Siena e Livorno - vittoria sia in casa che in trasferta.
Con questi criteri, la Lazio avrebbe : 1 punto col Bologna, 3 punti col Livorno, 3 punti con l'Udinese: totale 7 punti = 41 finali.
L'Atalanta avrebbe invece: 1 punto con la Fiorentina, 3 punti col Bologna e 1 punto col Palermo: totale 5 punti = 36 finali.
Dunque: Lazio salva con 41 punti, Atalanta retrocessa con 36.
Questo dice la cabala: speriamo che dica la verità.


I mediani centrali della Lazio

Dei tanti centrocampisti che la Lazio ha ( un lungo elenco di sedici giocatori, ma non è proprio il caso di citarli qui ), nel ruolo preciso di mediano centrale presenta soltanto due calciatori: Ledesma e Baronio.
Povertà assoluta, dunque, in questo nodo fondamentale del gioco, dove si costruisce e si ragiona. Per fortuna, si tratta di due giocatori di assoluta costanza di rendimento, tanto è vero che quando Ledesma era fuori, Baronio ha giocato sempre, e quando è rientrato Ledesma, Baronio è rimasto a guardare.
Ne deriva che, per il prossimo campionato, o si cambia tutto oppure non si modifica niente, che è la cosa più probabile.
Cristian LEDESMA,28 anni, argentino, è stato per tanto tempo invocato e desiderato , finché Reja non ha deciso di reintegrarlo. Resta il mistero se Ballardini ha veramente ritenuto Baronio superiore a Ledesma, o se si è limitato a far sua la decisione di Lotito. Non ci piace però riaprire questa piaga: diciamo soltanto che ora noi tifosi della Lazio siamo contenti di Ledesma, anche se forse sta rendendo leggermente meno del desiderato a causa di una preparazione incompleta, e siamo contenti se l'argentino restasse al suo posto anche per i prossimi campionati, come sembra anche suo desiderio esplicito.
Roberto BARONIO, anni 32, bresciano, è rimasto legato alla Lazio per ben tredici anni, pur avendo giocato in prestito in ben sette squadre diverse, fra cui Reggina, Fiorentina, Chievo, Udinese e Brescia, più Vicenza e Perugia. E' sempre tornato all'ovile, ha sempre atteso il momento di potersi veramente rendersi utile e di confermare le sue buone qualità tecniche ( passaggio preciso e profondo, punizioni al millesimo, pulizia nell'intervento ).
Quest'anno c'è riuscito, e, malgrado l'attuale ritorno in panchina, lascia sicuri sul suo rendimento anche in vista, eventualmente, del prossimo torneo.
La Lazio deve piuttosto allevare in casa un giovane elemento da portare alla ribalta
( un tipo all'Aquilani o alla De Rossi : perché devono nascere solo sulla sponda giallorossa ?), e questo potrebbe essere uno tra Federico SEVIERI, anni 19, Riccardo PERPETUINI, anni 20, oppure Antonio CINELLI, anni 21.