A lei piaceva molto parlare in pubblico. Era la regina delle nostre assemblee e delle nostre riunioni. Prendeva la parola ed era sempre in tema, padrona delle sue idee e spesso anche di quelle degli altri.
Aveva una grande personalità, con la quale soggiogava quella delle persone normali.
Era il mio esatto contrario. Io non riuscivo mai a prendere la parola in pubblico, tanta era la mia timidezza. Sono stato interi anni senza mai fare un intervento, anche se spesse volte sarei stato tentato di farlo e le idee non mi mancavano.Mi mancavano la parola e la faccia tosta.
Ma torniamo alla nostra collega così dotata. Dopo tanti presidi che si erano alternati e l'avevano tenuta a bada, finalmente si presentò l'occasione giusta di un preside che voleva restare stabilmente e voleva imporre il suo controllo. Gli sembrò opportuno appoggiarsi a quella famosa collega, iscritta alla CGIL, di cui rappresentava l'anima più rivoluzionaria ed estremista. Lasciandole via libera, il preside le permise anche una vera rivoluzione interna: la modifica di tutte le strutture politiche e sindacali. L'opposizione fu schiacciata e ridotta a nulla: tutti facevano a gara nell'esprimere i loro consensi a questa autentica trascinatrice.
La rivoluzione durò cinque o sei anni, ma quello che appariva un consenso plebiscitario non lo era poi molto. Lo stariparare della volontà della leader finì per creare delle crepe nella stessa maggioranza, e perfino il preside si rese conto di essersi legato mani e piedi al potere di una sola voce. Si cominciò a protestare per l'eccessiva lunghezza delle riunioni, protratte ad oltranza. Piano piano la situazione cambiò, e la collega fu via via emarginata dalla sinistra tradizionale e ridotta in minoranza e all'opposizione dello stesso preside.
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