I libri di testo, a scuola, costituiscono una vera e propria industria. Si calcola che, mediamente, i nuovi libri di testo vengano a pesare, su una famiglia, il corrispettivo attuale di duecento euro all'anno, e moltiplicando questo numero per quello degli studenti in Italia, almeno cinque milioni, si raggiunga una cifra che sfiora il miliardo di euro.
E' il fatturato di una vera e propria industria, e in Italia ci sono decine di case editrici scolastiche in lotta per attribuirsene una larga fetta. D'altra parte, queste case editrici danno lavoro a centinaia di migliaia di famiglie, e dunque hanno una loro importante funzione sociale. Altrettanto dicasi per le centinaia e centinaia di autori di libri per la scuola, e delle migliaia e migliaia di librerie e negozi che vendono libri di scuola.
I rappresentanti delle case editrici sono dei clienti fissi nelle nostre scuole: frequentano presidi, insegnanti e segreterie didattiche. Creano attorno a sé una fitta rete di relazioni amichevoli, e non pochi di essi, pur di assicurarsi un movimento librario di una certa dimensione, tale da assicurare loro un livello economico rassicurante, arrivano anche a fare agevolazioni e omaggi di una certa consistenza. C'erano dei colleghi che non solo si rifornivano personalmente di libri di testo e di cultura, ma si assicuravano la spesa annuale per i libri di testo dei loro figli, studenti nelle medie, nelle superiori e all'università.
Ogni anno, poi, i libri di testo cambiano, e c'è la necessità di un frequente rinnovo. Le case editrici cercano di ridurre al minimo il fatto economico del libro usato, che taglia gran parte del terreno del loro commercio. Chi, in vita sua, non ha mai adoperato, per sé o per i proprio figli, un testo usato, riducendo la spesa della metà?
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