In più di trentacinque anni d'insegnamento, non ricordo di aver mai avuto un alunno apertamente dedito alla droga, tranne l'episodio di cui vi ho parlato nel capitolo precedente, ed anche in quel caso non in modo esplicito.
Ma un anno ci fu un episodio che mi è rimasto profondamente impresso. Un ragazzo di sedici anni, che frequentava la seconda commerciale, improvvisamente si assentò per un lungo periodo, e nessuno sapeva spiegarsi il perché. Qualche allusione dei compagni del suo paese, mi pare Olevano Romano, facevano riferimento a un incidente verificatosi al termine di una serata di sballo in un locale della zona.
Dopo oltre un mese di assenza, un giorno si presentò la madre, una donna ancora giovane ma dall'apparenza molto provata e sofferente, e, dopo aver parlato con il preside, volle contattare uno a uno i singoli insegnanti per spiegare la causa di tutte quelle assenze ed avere un parere sull'opportunità di riammettere il figlio in classe. Si era intorno ad aprile, e dunque in un momento fin troppo delicato per il profitto di uno studente.
La donna, in lacrime, spiegò che il figlio primogenito, che stava effettuando il servizio militare, un sabato si era presentato a casa in licenza, ed aveva chiesto di poter portare con sé in un locale notturno il fratello minore. Fin qui niente di eccezionale. Ma il fatto più grave si era verificato durante la serata: il fratello maggiore aveva acquistato delle pillole di una certa sostanza allora molto in voga, l'LSD, e aveva convinto il fratello più giovane a farne uso anche lui, e poi stupidamente ci avevano bevuto su in abbondanza. A un certo punto il ragazzino aveva cominciato a strabuzzare gli occhi e a dare di stomaco: in una parola, si era sentito malissimo, ed avevano dovuto ricoverarlo d'urgenza in ospedale.
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