Non ne so davvero molto, in fatto di droghe, e il sospettare che un ragazzo possa farne uso mi fa pensare che per lui la situazione sia gravissima, irreparabile. In realtà molte volte non è così: può darsi benissimo che l'uso di droghe leggere, come ad esempio la marijuana, non sia poi così irreversibile come effetto, che si possa benissimo andare avanti, farne a meno, ritrovare la via giusta, avere un avvenire perfettamente normale. Almeno me lo auguro.
Ho avuto un alunno, in una seconda classe di ragioneria, ragazzo di sedici anni, figlio di un genitore che faceva uso di droghe leggere, e che di tanto in tanto si drogava anche lui. Lo vedevo benissimo quando veniva a scuola la mattina, quasi sempre in ritardo, accettato regolarmente dal vicepreside, guardato con sospetto dai compagni. La faccia arrossata, gli occhi un po' sbalorditi, quasi sempre impreparato quando veniva interrogato, poi misteriosamente aveva dei periodi di recupero, e bene o male riusciva ad andare avanti nel suo curriculum di studi.
Con studenti così bisogna avere molto tatto e delicatezza, gli insegnanti usano molta comprensione, forse troppa: ci si accontenta di poco nella loro risposta agli studi, si cerca di portarli avanti il più possibile. Con loro, il discorso non è mai diretto, si va avanti con allusioni, non si affonda mai il coltello nella piaga. Il ragazzo sembra sempre chiedere scusa per quello che fa, o meglio per quello che non fa. Anche i compagni usano lo stesso sistema per aiutarlo: quello di sfiorare soltanto certi argomenti, anche perché tutti sanno qualcosa ma non molto di preciso, e chi sa di più non ha il coraggio di fare mai un discorso diretto per paura di scoprire altarini pericolosi.
La droga gira indubbiamente ai bordi della scuola: si riescono a percepire anche i modi e perfino i momenti dell'impatto, ma personalmente non sono mai stato in condizione di avere prove concrete se non deducendole da certi comportamenti.
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