La sua compagna di banco, una ragazza molto spigliata e dal carattere forte, la pose sotto la sua custodia convincendola finalmente a vincere la sua timidezza quasi patologica: così poté via via inserirsi bene nel lavoro di classe e impegnarsi di più. Risultato: una trasformazione molto positiva, e una crescita di profitto che a fine anno la portò a superare l'esame con un buon 42, equivalente alla media del 7.
L'avevo previsto, e avevo convinto sia la madre che la figlia che non tutto il male viene per nuocere. Se fosse stata promossa a fatica l'anno precedente, avrebbe ottenuto un misero 36 con il quale non avrebbe avuto vita facile presentandosi a colloquio per qualche lavoro. E con la disoccupazione giovanile sempre crescente, stare fermi un anno in più o un anno in meno non avrebbe avuto in pratica alcun significato reale.
Quella ragazza deve aver compreso bene il significato della sua vicenda, perché ogni volta che la incontro per le strade della cittadina in cui vivo mi saluta sempre affettuosamente, mentre altri alunni che hanno avuto vita più facile si guardano bene, quando le nostre strade s'incrociano, di venirmi magari a ringraziare per tutto quanto di buono ho potuto fare per loro, nessuno escluso. Posso dire per esperienza che la gratitudine non è stata quasi mai una virtù caratteristica delle centinaia e centinaia di alunni che ho portato alla maturità nel corso della mia lunga carriera d'insegnante.
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