Un anno, il lavoro scolastico mi risultò particolarmente pesante. A darmi il colpo di grazia furono gli esami di maturità sostenuti in una commissione all'estrema periferia di Roma, da cui tornavo a casa ogni giorno a pomeriggio inoltrato, affamato e stanco.
Gli esami si protrassero fino alla fine di luglio, sicché non feci in tempo ad organizzare il mese di ferie ad agosto, e dovetti rinviare il tutto a settembre. Le lezioni sarebbero riprese oltre il 15 del mese, e io mi trovavo a Ladispoli con tutta la mia famiglia.
Quando arrivò il giorno della ripresa, io mi sentivo più stanco che mai, e telefonai alla segreteria del mio istituto, a Palestrina, chiedendo quindici giorni di malattia. Infatti, mi ero recato da un medico di base a farmi visitare, e questi si limitò a fare una serie di domande, e in base alle mie risposte decise che i quindici giorni di ulteriore riposo non mi sarebbero bastati. Comunque fissò il giorno della mia ripresa per il primo di ottobre.
Posso dichiarare in piena coscienza di non aver mai approfittato dell'opportunità di fare qualche vacanza supplementare, e che in tutti i quasi quarant'anni della mia carriera d'insegnante non avrò fruito di più che un giorno di assenza in un intero anno. Per interi anni, anzi, non mi sono mai assentato. Ma quell'anno era subentrato un preside nuovo, che veniva da Salerno, e che si fece subito una cattiva opinione nei miei confronti.
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