A un certo punto, pur avendo a che vedermela con ragazzi del biennio, cioè di quattordici/quindici anni, ebbi il sospetto che nell'intervallo della ricreazione quacosa non funzionasse bene. Vedevo, in particolare, un ragazzo che si accostava a qualche alunno, in particolare alle ragazzine più ingenue, offrendo con insistenza qualcosa che poteva sembrare una caramella. Sospettavo che si trattasse di qualcosa di affine alla droga, in quanto in paese circolavano voci insistenti nei confronti di un gruppetto di adolescenti, tra cui proprio quell'alunno, irrequieto e ribelle.
Segnalai la cosa al giovane vicepreside, col quale in realtà non correva buon sangue, perchè lo ritenevo un emissario personale del preside.
Il collega venne in classe durante la ricreazione, e mi disse: - Hai questo sospetto? Bene. Segna sul registro di classe queste parole: l'insegnante Luigi Jadicicco afferma che l'alunno X.Y. introduce probabilmente droga nella scuola -
Questa dichiarazione, ascoltata anche dagli alunni, mi fece infuriare, ma solo dentro di me, perché in apparenza mi limitai a rispondere che non mi assumevo una simile (plateale) responsabilità.
Il vicepreside, in buona sostanza, si rifiutava di prendere un qualunque provvedimento, giocando allo scaricabarile. Questo voleva dire che la scuola rifiutava di assumere una responsabilità diretta del fatto, demandandola ai singoli insegnanti. Mi sembrò un atteggiamento molto grave, e questo contribuì a farmi sentire quasi inerme nei confronti di un problema da affrontare invece con coraggio e senso di equilibrio e di comprensione.
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