L'ultima volta che feci il rappresentante di classe, una mia alunna fu bocciata. Non era molto preparata, e per giunta era anche timida, quasi paurosa. Le sue prove sia scritte che orali furono negative. Sarebbe bastato che anche una sola di queste prove fosse stata sufficiente perché ha commissione potesse darle il minimo per la maturità, ossia il 36.
Ma i commissari aveano deciso che per ognuna delle tre classi che componevano il gruppo dei candidati ci dovesse essere almeno un respinto, tanto per far capire che non erano venuti solo per pettinare le bambole. Io feci qualche tentativo per cercare di salvare anche quella ragazza, che in effetti era la più scarsa della mia classe, ma per quanto fossero ben disposti nei miei confronti, alla fine ebbi anch'io la mia alunna bocciata.
La mamma della ragazza non accettò il fatto compiuto, e come accade sempre se la prese con il rappresentante di classe. Un giorno, passando in macchina nella zona dove abitava, vidi quella gentile signora , e mi sembrò opportuno fermarmi un momento per spiegarle come e perché sua figlia fosse sata respinta.
Non lo avessi mai fatto: invece di placarsi, prese a tempestare coi pugni il cofano della mia auto, e dovetti allontanarmi in maniera brusca anche se non mi sentivo in colpa per quanto era accaduto: anzi, ne ero sinceramente dispiaciuto.
Quando le acque si furono calmate, la ragazza tornò nella mia classe il settembre successivo, perché si era convinta che ripetere l'anno non era poi questa umiliazione infamante.
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