La commissione, compatta, chiese a me, in qualità di rappresentante di classe, se fossi disposto a valutare quella alunna con la votazione massima, l'unica di tutta la classe. Questo contrastava, chiaramente, con l'andamento didattico precedente, in cui c'era almeno una dozzina di candidati più preparati, ma poiché a Cave non c'era mai stato un 60, io non mi opposi, anche se si trattava di una palese ingiustizia.
Ricordo che un'altra alunna, fino a quel momento considerata tra le migliori, nel colloquio d'italiano cercò di ampliare il ragionamento su basi culturali e sociali, ma il commissario d'italiano la mise subito a tacere, dicendole seccamente che non era all'altezza d'impostare quel tipo di discorso. Sapevo che quella ragazza era parente del sindaco di Cave, ed era anch'essa di estrazione conservatrice, magari soltanto democristiana. Anche in questo caso mi convenne astenermi da ogni contrasto per il bene della candidata, alla quale fu attribuita una votazione piuttosto modesta.
Il mio atteggiamento fu costantemente quello di non contrappormi, e di non irritare la commissione, anche se mi rendevo benissimo conto che era prevenuta ed organizzata.
Alla fine, questa mia posizione fu premiata, nel senso che ai ragazzi della mia classe fu riservato un trattamento accettabile, almeno in rapporto a quello generale riservato alle quattro classi che componevano l'intera commissione. Anzi, sia il presidente che i commissari finirono per congratularsi con me, poiché con il mio comportamento non avevo mai creato ostacoli e contrasti, contribuendo a mantenere un clima piuttosto sereno e positivo. Ma qualche alunno e qualche genitore non fu dello stesso avviso, e soprattutto non fu accettato assolutamente quel sorprendente sessanta.
Nessun commento:
Posta un commento