lunedì 27 giugno 2011

Vita di collegio: 54. La corsa campestre

Alla gara di selezione di quell'anno, 1952, all'ultimo momento volli iscrivermi anch'io. I sei finalisti per Frosinone erano in pratica già stati designati, e dunque io non potevo nutrire alcuna speranza. Mi ricordo che Colasanti, prima della partenza, mi guardò quasi con commiserazione, uno sguardo che diceva: - Ma dove vai, povero uccello spennato: non vedi che questi sono tutti preparatissimi? Tu vorresti di colpo riuscire a fare una campestre? -
Al colpo di pistola del via, giù per la discesa, si scatenò la muta dei concorrenti. Erano almeno una cinquantina. Io rimasi prima al centro del plotone, e poi in retrovia, man mano che questo si  sgranava. Mi capitava sempre così, anche giocando a pallone. Bruciato il cosiddetto "primo fiato", rimanevo un po' di minuti in apnea, per riprendermi gradualmente e uscire fuori alla distanza. 
Così mi successe quel giorno. Non avevo mai partecipato alla campestre, e quando cominciò la salita del ritorno ero senza dubbio fra gli ultimi. Poi cominciai una grande rimonta. Quando la salita si fece più aspra, ero già alle spalle dei primi dieci. In vista del campo sportivo, riuscii ancora ad accelerare e poi a sprintare, bruciando sul traguardo il sesto finalista designato, Piero Volpari.
Colasanti rimase sbalordito, e nell'ordine di arrivo mi piazzò settimo, alle spalle di Volpari, che così poté qualificarsi per la finale di Frosinone. A me fu fatto un torto, anche perché non mi ero mai preparato alla corsa e potevo solo considerarmi un "estemporaneo".

Nessun commento:

Posta un commento