La spedizione di una ventina di ragazzi di Acuto ogni mattina per le scuole di Alatri comprendeva anche un piccolo segreto. Uno di noi, di solito Santino, nascondeva nella sua cartella un pallone sgonfio, e la relativa pompa per gonfiarlo.
Perché? Semplice. L'ultimo trenino che da Alatri ci portava a Fiuggi alle 13 e trenta faceva capolinea nella cittadina termale. Il prossimo trenino per Acuto non partiva prima delle 15 e trenta, per cui, a quel grappolo di studenti, restava quasi un'ora e mezza di pausa.
Dietro la stazione di Fiuggi, tra i castagni del viale delle terme, c'era un meraviglioso piazzale che sembrava fatto apposta per noi. In ventidue, facevamo esattamente due squadre di pallone, e così l'ora e mezza sembrava messa lì per giocarci ogni giorno la nostra bella partita. Diciamo che era la cosa più bella del nostro quotidiano viaggio.
Alle 15 e trenta il trenino era pronto per riprendere il suo cammino verso Roma, la cui prima tappa era il nostro paesello di Acuto, dove arrivavamo appena un quarto d'ora dopo.
Tempo per studiare, dunque, dalle 16 in poi, ne rimaneva abbastanza, anche se arrivavamo un po' stanchi e affamati dopo tante ore di lezione e quella bella partitella di supplemento.
I compiti li facevamo, ed anche le interrogazioni del giorno succesivo le preparavamo: guai a sgarrare, i nostri professori erano molto severi.
Però Santino e Antonio Pompili, che erano i nostri capifila in quanto più avanti negli studi, si trovavano a malpartito in una prima liceo assai numerosa e molto selettiva. Cominciarono a saltare le prime interrogazioni, cominciarono poi a evitare i compiti in classe, e così alla fine del primo quadrimestre , con una orribile pagella piena di due e di tre, e con cifre vertiginose nelle caselle delle assenze, capirono che l'anno scolastico era andato perduto. Non giustificavano neanche più le loro assenze, e ai genitori facevano capire che ormai c'era ben poco da rimediare.
Così la mattina non venivano neanche su al centro di Alatri, in piazza Santa Maria Maggiore, dove era il liceo, e restavano nei pressi della stazione, dove su un colle appartato era la chiesa di San Francesco. Nel piazzale antistante ingaggiavano nuove partite di pallone con altri ragazzi che marinavano regolarmente la scuola, e certo le ore erano lunghe da passare,come diceva una nota poesia. Santino e Antonio giocavano benissimo a pallone, e in questo diventavano sempre più bravi.
A settembre si iscrissero come ripetenti, e così ci ritrovammo insieme nella stessa classe. Si misero insieme all'ultimo banco, provarono a reeagire, ma ai primi insuccessi finirono per smontarsi e alla fine si ritirarono dagli studi. Era veramente troppo dura, con insegnanti che non perdonavano nulla, e con classi di oltre trenta ragazzi una spietata selezione era quasi naturale. Prendere 1 al tema d'italiano e 2 nelle versioni di latino e greco era del tutto normale.
Mia madre, dovendo tirare avanti da sola con cinque o sei figli (uno o due erano a Roma ospiti di una zia), aveva trovato per fortuna una soluzione. Luciano era finito in collegio a Pescina, in Abruzzo, dai padri monfortani, ed io riuscii a farmi accettare come istitutore dagli Scolopi presso il Collegio Conti Gentili della stessa Alatri.
Perché? Semplice. L'ultimo trenino che da Alatri ci portava a Fiuggi alle 13 e trenta faceva capolinea nella cittadina termale. Il prossimo trenino per Acuto non partiva prima delle 15 e trenta, per cui, a quel grappolo di studenti, restava quasi un'ora e mezza di pausa.
Dietro la stazione di Fiuggi, tra i castagni del viale delle terme, c'era un meraviglioso piazzale che sembrava fatto apposta per noi. In ventidue, facevamo esattamente due squadre di pallone, e così l'ora e mezza sembrava messa lì per giocarci ogni giorno la nostra bella partita. Diciamo che era la cosa più bella del nostro quotidiano viaggio.
Alle 15 e trenta il trenino era pronto per riprendere il suo cammino verso Roma, la cui prima tappa era il nostro paesello di Acuto, dove arrivavamo appena un quarto d'ora dopo.
Tempo per studiare, dunque, dalle 16 in poi, ne rimaneva abbastanza, anche se arrivavamo un po' stanchi e affamati dopo tante ore di lezione e quella bella partitella di supplemento.
I compiti li facevamo, ed anche le interrogazioni del giorno succesivo le preparavamo: guai a sgarrare, i nostri professori erano molto severi.
Però Santino e Antonio Pompili, che erano i nostri capifila in quanto più avanti negli studi, si trovavano a malpartito in una prima liceo assai numerosa e molto selettiva. Cominciarono a saltare le prime interrogazioni, cominciarono poi a evitare i compiti in classe, e così alla fine del primo quadrimestre , con una orribile pagella piena di due e di tre, e con cifre vertiginose nelle caselle delle assenze, capirono che l'anno scolastico era andato perduto. Non giustificavano neanche più le loro assenze, e ai genitori facevano capire che ormai c'era ben poco da rimediare.
Così la mattina non venivano neanche su al centro di Alatri, in piazza Santa Maria Maggiore, dove era il liceo, e restavano nei pressi della stazione, dove su un colle appartato era la chiesa di San Francesco. Nel piazzale antistante ingaggiavano nuove partite di pallone con altri ragazzi che marinavano regolarmente la scuola, e certo le ore erano lunghe da passare,come diceva una nota poesia. Santino e Antonio giocavano benissimo a pallone, e in questo diventavano sempre più bravi.
A settembre si iscrissero come ripetenti, e così ci ritrovammo insieme nella stessa classe. Si misero insieme all'ultimo banco, provarono a reeagire, ma ai primi insuccessi finirono per smontarsi e alla fine si ritirarono dagli studi. Era veramente troppo dura, con insegnanti che non perdonavano nulla, e con classi di oltre trenta ragazzi una spietata selezione era quasi naturale. Prendere 1 al tema d'italiano e 2 nelle versioni di latino e greco era del tutto normale.
Mia madre, dovendo tirare avanti da sola con cinque o sei figli (uno o due erano a Roma ospiti di una zia), aveva trovato per fortuna una soluzione. Luciano era finito in collegio a Pescina, in Abruzzo, dai padri monfortani, ed io riuscii a farmi accettare come istitutore dagli Scolopi presso il Collegio Conti Gentili della stessa Alatri.
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