lunedì 13 giugno 2011

Vita di collegio: 46. Scritture varie

Al Collegio Conti Gentili si consolidò ben presto la mia fama di...scrittore. Tutti volevano qualche scritto da me. Io stavo preparando la mia prima raccolta di poesie, le avrei pubblicate nel 1958, "Foglie al vento". Ne facevo leggere qualcuna al mio amico e paesano Gianni Giurioli, istitutore come me, e vedevo che gli rimaneva difficile capirne il senso più riposto, mentre quello immediato lo vedeva consenziente.
Un collegiale tra i più intelligenti e intraprendenti, Celestini, di Colleferro, impegnato nell'ultimo anno di liceo, a un certo punto mi propose un titolo , "lo chalet sulla montagna", dicendomi di scrivere certe cose e in un certo modo, ed io, pur di accontentarlo, accettai di fare una cosa che uno scrittore non dovrebbe mai fare, cioè farsi dettare i propri sentimenti dagli altri. Ma il ragazzo voleva pubblicare quella sua idea sul giornaletto del collegio, e io lo accontentai.
Un'altra assurdità: il prefetto Marino Boni, di Supino, sempre del terzo anno, un ragazzo veramente buono e onesto di sentimenti, si era innamorato pazzamente della più bella della mia classe, Annamaria Latini, e mi pregò, mi scongiurò più volte, di scrivere una poesia d'amore dedicata a lei. Insomma, il ruolo di Cyrano di Bergerac! Io mi piegai anche a questo, erano semplici favori tra amici, assolutamente gratuiti e spensierati, e scrissi una poesia simbolica, di due gocce di rugiada che si ritrovano sullo stesso fiore e si uniscono.
Non c'era occasione, anche la più banale, in cui non mi si chiedesse di scrivere una poesia celebrativa: una cosa che mi faceva andare in bestia, in quanto la poesia veniva ridotta, così, a qualche cosa di esteriore e di ornamentale, una specie di fuoco di artificio.
 Una di queste occasioni fu addirittura quella del compleanno del padre ministro, padre Sconcerti, che io appena appena conoscevo di vista e delle cui virtù e qualità non avevo la minima cognizione. Mi ricordo che me la cavai con versi che dicevano: "Ombra che passi per le scale,/ ombra che scende, / ombra che sale..." E poi mi mettevo a immaginare quali potessero essere le cose notevoli del suo carattere e del suo vissuto. Insomma, un arrampicarsi sui vetri, oltre che per le scale. Il bello è che l'omaggio risultava sempre gradito e apprezzato, ma questo appariva a me come una mercificazione, anche se gratuita.
Proprio il giornaletto del collegio mi procurò il danno gravissimo di essere giudicato un ribelle dal consiglio di classe per la questione del tema di concorso degli "Incontri della gioventù" da me vinto. Questi i frutti della mia ingenuità e della mia generosità. Tutto ciò mi fa venire alla mente il famoso proverbio che afferma: dove non c'è guadagno, la remissione è certa. Quante volte nella vita quello che avrebbe dovuto rappresentare un giorno di gioia si è trasformato in una occasione di dolore e di amara delusione.
C'era un altro istitutore e poeta, in collegio: Antonio Conte, di Coreno Ausonio. Tramite un alunno, durante le ore di studio, ci scambiavamo bigliettini con poesie e confidenze varie. Avevamo bisogno di libertà, e l'anno successivo ce la concessero a entrambi, non riassumendoci come istitutori.



Nessun commento:

Posta un commento