Mio cugino Pacifico studiava in collegio a Roma proprio durante gli anni di guerra, dal 40 al 45, dagli undici anni fino ai sedici. Perciò non lo vedevamo spesso, se non nei brevi periodi di vacanza.
Era un po' più grande di me e di mio fratello Silvestro, ma non tanto da non giocare più di una volta a pallone con noi. Aveva i capelli nerissimi come tutti i figli di zia Maria, e un fisico robusto.
Davanti alla casa di zia Maria si apriva il vicolo di San Nicola, con un muretto alto quasi un metro, al disotto del quale sporgevano delle rocce piuttosto acuminate. Un giorno Pacifico - poteva avere sui quattordici anni - forse in una pausa dopo l'ora di pranzo, si addormentò su quell'invitante muretto riscaldato da un sole primaverile, e rigirandosi nel sonno si ritrovò due metri più in basso, proprio su quelle rocce appuntite.
Al suo urlo, le sorelle più grandi accorsero, e lo ritrovarono a terra, con la testa vistosamente sanguinante da tre o quattro punti. Per fortuna le ferite non erano né vaste né profonde, e se la cavò con una grandissima paura e con tante di quelle cicatrici che nei primi tempi facevano somigliare la sua testa a un orticello di guerra. Poi la folta capigliatura nera prese il sopravvento su tutte le cicatrici, e non rimase che un piccolo dubbio: non vi sarebbero state conseguenze di tipo psicologico per tutte quelle dolorose ferite al cranio?
Il dubbio fu presto risolto. Pacifico, proseguendo i suoi studi in collegio a Roma, superò senza problemi prima il ginnasio e poi il liceo, e finalmente si iscrisse all'Università, proprio alla facoltà di medicina, quasi a volersi assicurare delle sue piene capacità mentali e delle sue risorse psicofisiche.
Un'ottima riuscita, la sua. Pacifico fu uno studente modello, e non pesò neanche troppo sulla sua famiglia, poiché studiò sempre nelle biblioteche dell'università con i testi più impegnativi, e superò tutti gli esami con ottimi risultati.
Pacifico studiò in modo approfondito medicina generale, e cominciò ad sercitare come medico di base fin dai trent'anni, cioè dal 1959 in poi, per più di quarant'anni, nella popolare Borgata Ottavia a Roma, prima ospite della sorella Elda, che abitava in via Mocenigo sotto le mura vaticane, e poi sposo e padre felice con i due figli che ne hanno seguito le orme in campo medico.
Una bella storia, la sua, emblematica per un ragazzo di paese di condizioni economiche non elevate, che un giorno rimase ferito seriamenter al capo, e volle dimostrare a tutti che con la buona volontà si può vincere ogni difficoltà, superare ogni ostacolo, essere vincitore in ogni campo, sposare una brava e affezionata collega ed avere due figli, un maschio e una femmina, eccellenti medici anche loro.
Forse a quella brutta ferita sulle rocce Pacifico non pensò più per trutta la sua vita, protrattasi fino alla soglia degli ottant' anni, amatissimo dai suoi pazienti della Borgata Ottavia. Ma a noi, che eravamo bambini, rimase sempre presente nel nostro ricordo, completando la nostra ammirazione per questo cugino così bravo (continua).
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