Al termine dei primi tre anni di corso, nel giugno del 1948, dovemmo sostenere gli esami di terza media nella scuola statale di Anagni. Erano esami severi, allora, che per noi significavano tutto: quanto avevamo fatto di buono e di serio in tre anni scolastici interi, per avere un riconoscimento ufficiale degli studi compiuti.
Allora erano esami seri, ho detto. Pensate che, per superare l'esame di latino scritto, bisognava superare due prove: una dal latino in italiano, e una seconda, il giorno successivo, dall'italiano in latino, ritenuta difficilissima. Inoltre, chi non superava la prova del tema d'italiano, il primo giorno, veniva eliminato inesorabilmente dal proseguimento degli esami.
Per noi ragazzini del seminario fu una vera emozione. Soprattutto, eravamo in contatto con il mondo esterno, e ci guardavamo intorno con meraviglia vedendo per la prima volta delle ragazze che sostenevano le stesse nostre prove. Il contatto con queste ragazze fu per noi una cosa assolutamente nuova ed emozionante: in molti rimanemmo colpiti dalla grazia e dalla delicatezza di quei volti femminili.
Io superai tutte le prove con una certa disinvoltura. Ero andato benissimo sia nel tema, sia nelle due prove di latino, sia nel francese scritto. In latino avevo avuto 9 e 10, e quando andai all'orale i professori vollero mettermi alla prova facendomi tradurre un brano di Cesare per me assolutamente inedito: me la cavai benissimo.
Ci fu solo un problema: il problema di matematica, appunto. Che era molto semplice. Ma io ero terrorizzato dalla richiesta che si faceva in quei tempi: il ragionamento. Pensai che avrei dovuto spiegare per filo e per segno in italiano quello che stavo facendo, e naturalmente combinai un tale pasticcio che dovettero mettermi soltanto 6. Bastava utilizzare, invece, le tradizionali rispostine sotto le operazioni.
Mi fece particolarmente piacere il 7 in francese, in quanto il professore degli esami era il nostro bravissimo don Lorenzo Fabrizi, il quale comunque non volle darmi troppa soddisfazione dicendomi che c'erano state delle ragazze che avevano preso 8. Non perdeva mai occasione per invitarmi a un atteggiamento costante di umiltà.
Quegli esami di terza media furono per noi del seminario veramente una prova fondamentale: per la prima volta entravamo in contatto apertamente con il mondo esterno, per la durata di oltre una settimana; chiacchieravamo con gli esterni, specialmente con le ragazze, la cui grazia e simpatia fu una vera rivelazione per molti di noi proprio nell'età dello sviluppo, cioè i quattordici anni.
Il seme di quegli incontri si sviluppò, e così negli anni successivi ci fu una vera e propria morìa al momento del ritorno in seminario. L'inizio del ginnasio fu un anno fatale per molti di noi.
I nostri dirigenti lo sapevano, e si può dire che anche per loro quella fosse una tappa fondamentale per la nostra crescita e per lo sviluppo che quell'incontro avrebbe avuto sulle decisioni degli anni successivi.
Allora erano esami seri, ho detto. Pensate che, per superare l'esame di latino scritto, bisognava superare due prove: una dal latino in italiano, e una seconda, il giorno successivo, dall'italiano in latino, ritenuta difficilissima. Inoltre, chi non superava la prova del tema d'italiano, il primo giorno, veniva eliminato inesorabilmente dal proseguimento degli esami.
Per noi ragazzini del seminario fu una vera emozione. Soprattutto, eravamo in contatto con il mondo esterno, e ci guardavamo intorno con meraviglia vedendo per la prima volta delle ragazze che sostenevano le stesse nostre prove. Il contatto con queste ragazze fu per noi una cosa assolutamente nuova ed emozionante: in molti rimanemmo colpiti dalla grazia e dalla delicatezza di quei volti femminili.
Io superai tutte le prove con una certa disinvoltura. Ero andato benissimo sia nel tema, sia nelle due prove di latino, sia nel francese scritto. In latino avevo avuto 9 e 10, e quando andai all'orale i professori vollero mettermi alla prova facendomi tradurre un brano di Cesare per me assolutamente inedito: me la cavai benissimo.
Ci fu solo un problema: il problema di matematica, appunto. Che era molto semplice. Ma io ero terrorizzato dalla richiesta che si faceva in quei tempi: il ragionamento. Pensai che avrei dovuto spiegare per filo e per segno in italiano quello che stavo facendo, e naturalmente combinai un tale pasticcio che dovettero mettermi soltanto 6. Bastava utilizzare, invece, le tradizionali rispostine sotto le operazioni.
Mi fece particolarmente piacere il 7 in francese, in quanto il professore degli esami era il nostro bravissimo don Lorenzo Fabrizi, il quale comunque non volle darmi troppa soddisfazione dicendomi che c'erano state delle ragazze che avevano preso 8. Non perdeva mai occasione per invitarmi a un atteggiamento costante di umiltà.
Quegli esami di terza media furono per noi del seminario veramente una prova fondamentale: per la prima volta entravamo in contatto apertamente con il mondo esterno, per la durata di oltre una settimana; chiacchieravamo con gli esterni, specialmente con le ragazze, la cui grazia e simpatia fu una vera rivelazione per molti di noi proprio nell'età dello sviluppo, cioè i quattordici anni.
Il seme di quegli incontri si sviluppò, e così negli anni successivi ci fu una vera e propria morìa al momento del ritorno in seminario. L'inizio del ginnasio fu un anno fatale per molti di noi.
I nostri dirigenti lo sapevano, e si può dire che anche per loro quella fosse una tappa fondamentale per la nostra crescita e per lo sviluppo che quell'incontro avrebbe avuto sulle decisioni degli anni successivi.
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