La preparazione impartitaci dai nostri sacerdoti, debbo dire, era più che accurata. Nel loro scibile, essi coprivano benissimo tuttto il campo dell'italiano, del latino, del francese, di storia, di geografia; per la matematica, chiedevano rinforzi dall'esterno, e nostro professore era un frate cappuccino davvero in gamba, padre Gabriele, preparatissimo nel profondo, e soltanto un po' a corto con i nuovi sistemi che si stavano attuando nella media statale, basati sul cosiddetto "ragionamento", che poteva voler dire tutto, e niente di preciso nello stesso tempo. Però i fondamentali erano quelli, e si andava avanti benissimo.
La nostra preparazione era anche a buon livello, se c'era chi avesse voluto raggiungerla. Prima di presentarci a un esame esterno così impegnativo come era quello della licenza media di stato, ci sottoponevano a dei provini in cui ci facevano da giudici almeno tre o quattro insegnanti, che in questo modo potevano coordinarsi e integrarsi nel giudizio.
Per esempio, preparando i due classici dell'Iliade e dell'Odissea, nelle versioni italiane di Vincenzo Monti e di Ippolito Pindemonte, facevamo un ampio studio introduttivo che comprendeva anche il giudizio dei critici. I miei esaminatori interni rimasero molto colpiti dal fatto che io avessi citato un Andreas Mustoxidis, incontrato in una delle introduzioni. Non mi dissero nulla, ma vidi che erano rimasti colpiti dalla capacità di un ragazzino di tredici anni di citare il parere anche di un intenditore approfondito.
Facevamo prove di tutto, anche di disegno geometrico, che era un po' la nostra palla al piede, in quanto non abituati agli strumenti adatti, compasso, riga, squadra ecc., mentre ovviamente il disegno a mano libera vedeva anche fra noi dei cultori e degli appassionati versatili.
Il terzo anno era insomma una piccola prova di maturità. Gli insegnanti e i dirigenti cominciavano anche a concederci qualche libertà, per esempio di recarci al centro di Anagni, nella bella piazza aperta sulla vallata, dove c'erano negozi di cancelleria, di libri e di giornali.
Noi ne approfittavamo per acquistare il quotidiano sportivo o il settimanale, sempre di sport, anche se qualcuno, più audace, arrivava alla rivista di attualità con qualche figura di donna piuttosto libera per i nostri ben controllati costumi. Ma in qualche modo la nostra visione del mondo esterno si andava ampliando, con una certa visione armoniosa che non voleva escludere a priori contatti di conoscenza e di comprensione. I nostri dirigenti, ripeto, avevano tutti una visione umana equilibrata, che contribuiva alla nostra formazione non chiusa né limitata. Politica e società erano parzialmente aperte a noi, e sarebbe stato negativo il fatto contrario, cioè la nostra totale estraneità e incomprensione.
Il rischio era che noi, desiderosi di conoscere, volessimo magari conoscere troppo e troppo bruscamente.
La nostra preparazione era anche a buon livello, se c'era chi avesse voluto raggiungerla. Prima di presentarci a un esame esterno così impegnativo come era quello della licenza media di stato, ci sottoponevano a dei provini in cui ci facevano da giudici almeno tre o quattro insegnanti, che in questo modo potevano coordinarsi e integrarsi nel giudizio.
Per esempio, preparando i due classici dell'Iliade e dell'Odissea, nelle versioni italiane di Vincenzo Monti e di Ippolito Pindemonte, facevamo un ampio studio introduttivo che comprendeva anche il giudizio dei critici. I miei esaminatori interni rimasero molto colpiti dal fatto che io avessi citato un Andreas Mustoxidis, incontrato in una delle introduzioni. Non mi dissero nulla, ma vidi che erano rimasti colpiti dalla capacità di un ragazzino di tredici anni di citare il parere anche di un intenditore approfondito.
Facevamo prove di tutto, anche di disegno geometrico, che era un po' la nostra palla al piede, in quanto non abituati agli strumenti adatti, compasso, riga, squadra ecc., mentre ovviamente il disegno a mano libera vedeva anche fra noi dei cultori e degli appassionati versatili.
Il terzo anno era insomma una piccola prova di maturità. Gli insegnanti e i dirigenti cominciavano anche a concederci qualche libertà, per esempio di recarci al centro di Anagni, nella bella piazza aperta sulla vallata, dove c'erano negozi di cancelleria, di libri e di giornali.
Noi ne approfittavamo per acquistare il quotidiano sportivo o il settimanale, sempre di sport, anche se qualcuno, più audace, arrivava alla rivista di attualità con qualche figura di donna piuttosto libera per i nostri ben controllati costumi. Ma in qualche modo la nostra visione del mondo esterno si andava ampliando, con una certa visione armoniosa che non voleva escludere a priori contatti di conoscenza e di comprensione. I nostri dirigenti, ripeto, avevano tutti una visione umana equilibrata, che contribuiva alla nostra formazione non chiusa né limitata. Politica e società erano parzialmente aperte a noi, e sarebbe stato negativo il fatto contrario, cioè la nostra totale estraneità e incomprensione.
Il rischio era che noi, desiderosi di conoscere, volessimo magari conoscere troppo e troppo bruscamente.
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