mercoledì 30 giugno 2010

La Lazio può spendere: arrivano i soldi di Kolarov

Finalmente la Lazio può spendere: arrivano da Manchester i soldi di Kolarov.
Infatti Mancini è riuscito a convincere i suoi dirigenti a pagare 15 milioni di sterline per il poderoso difensore serbo: sono quei 18 milioni di euro che Lotito può gettare sul mercato per l'acquisto...di chi? Belhadj- Boateng già da soli costano 6 milioni il primo e 10 il secondo, sempre dall'Inghilterra (Portsmouth).
Ma Lotito è impegnatissimo anche su altri fronti: per il centrocampista brasiliano Hernanes, consigliato da Dias, una soluzione veramente ottima, però costosa (9 milioni).
Altra spesa, stavolta per l'attacco: quella del messicano Barrera, che verrebbe a costare sui 5 milioni.
Infine resta in piedi sempre un pensierino per il gigante Boghossian, l' uruguajo
che il Newell's Old Boys venderebbe per circa 8 milioni.
Secondo noi c'è troppa carne al fuoco: personalmente punteremmo su Belhadj- 6 milioni -Hernanes 9 milioni - e i restanti 3 milioni per il terzino sinistro del Parma Antonelli, e sono esattamente i 18 milioni di Kolarov. Poi si dovrà spendere ancora un 5 milioni per un attaccante: Barrera o Boghossian, preferibilmente quest'ultimo, alto, robusto e gran goleador di testa e di piede. Diciotto reti medie annuali contro le 8 di Barrera.
Altre notizie: Baronio si specchia troppo, e al Bologna i Porcedda non lo vogliono.
Oltre a Makinwa, anche Meghni finirebbe al Wisla di Cracovia in Polonia. Zauri resterebbe ala Sampdoria perché è gradito a Di Carlo. Carmona può venire dalla Reggina in cambio di Mendicino e Perpetuini. Infine i turchi del Galatasaray vogliono a tutti i costi Ledesma, il quale però è innamorato di Roma e della Lazio e non vorrebbe muoversi. E Lotito che ne pensa?

Ai Mondiali di calcio: Australi 5 - Boreali 3

Nessuno mi toglie dalla testa che, se l'acqua dei servizi igienici e urbani, nei paesi sotto l'equatore, si rovescia in senso antiorario rispetto ai paesi dell'emisfero nord, non faccia altrettanto, nel suo percorso, un pallone calciato nel gioco del football, specialmente se è un pallone volutamente leggero. Questo spiega traiettorie non diverse per direzione, ma diverse, insolite, talvolta indecifrabili nel "modo" di percorrere quello spazio.Tutto ciò, per la legge della gravitazione. Ho calcolato almeno un buon trenta per cento di cross risultati troppo lunghi e veloci, che è una percentuale assolutamente insolita. E l'Italia è stata particolarmente danneggiata da questo fattore, specialmente nella partita di esordio col Paraguay: avessimo vinto quel giorno - e lo meritavamo - ora nei quarti ci saremmo noi.
Inoltre, in questi mondiali, le percentuali di realizzazione dei calci piazzati, specialmente a lunga distanza, cioè i calci di punizione più dei calci d'angolo e più ancora dei calci di rigore, sono risultate di gran lunga inferiori a quelle consuete nei nostri campionati.
Da noi ci sono squadre che, dei calci piazzati, fanno la loro arma di vittoria, mentre altre che affrontano meno il problema ne restano vittime.
Voglio dire: essere boreali o australi, nel calcio, conta moltissimo quando ci si sposta di emisfero. Lo dicono le cifre. Inizialmente le squadre boreali, o nordiche, erano 20 sulle 32 ammesse ai giochi. Percentuale di almeno il 60 per cento.
Dopo la prima scremata, quando sono rimaste in 16, ancora 9 erano del nord, e 7 del Sud; la percentuale si era ridotta al 54 contro il 46.
Infine, delle 8 ammesse ai quarti, 5 sono del sud, e soltanto 3 sono del nord (Germania, Olanda, Spagna).La percentuale dei paesi nordici è scesa ancora di più, abbassandosi circa al 35 per cento, diventando minoranza da maggioranza schiacciante che era.
Non mi dite che tutto questo è casuale. Dei paesi nordici hanno resistito, probabilmente, quelli più grintosi: nell'ordine, Germania, Olanda, Spagna. Sono, nell'ordine, quelli che resisteranno di più alla supremazia australe, che vede favoriti i popoli più temprati alla sofferenza: Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay e...Ghana, ultimo popolo africano a resistere.Tutta gente povera, rispetto agli straricchi del nord.
Pronostici? Non è esclusa una finalissima Brasile-Argentina. E i tedeschi saranno gli ultimi a resistere al predominio sudamericano.
I prossimi mondiali che verranno giocati nel mondo boreale,quelli del 2018, li vinceranno i boreali. In quella occasione, per favore, i palloni siano più pesanti, così che i calci piazzati risultino doppiamente decisivi. O il contrario, se siete sportivi, e vi piacciono il bel gioco e la possibilità di molte sorprese. Perfino che i paesi poveri riescano a battere quelli ricchi, come probabilmente accadrà fra pochi giorni.
Comunque i nordici, ma specialmente francesi e italiani, si allenino al gioco dell'umiltà e dell'austerità, due possibilità in più di vittoria.
E, per favore, Donadoni si taccia: non ci siamo dimenticati che tipo di allenatore sia.
E a Napoli ne piangono ancora. Dovrà passare molto, ma molto tempo prima di potersi paragonare a Lippi, se mai quel tempo verrà.


martedì 29 giugno 2010

Il giardino di Acuto - I miei ricordi 78

Molti ricordi della mia infanzia sono legati al giardino pubblico di Acuto.
In un paese situato su una montagna brulla e sassosa, dove più che gli uomini sembrano avere il luogo giusto gli ulivi e la vite, che, si sa, amano le colline e la roccia, il giardino pubblico di Acuto è la sola oasi di verde.
Un verde che dura per sempre, perchè costituito di altissimi pini e di piante di alloro lucidissimo e fresco, con le foglie del quale giocavamo a fare corone, gualdrappe e ornamenti vari, sia di tipo militare che di tipo ornamentale.
Un giardino ricavato sul fianco della montagna e costituito di vari livelli, che consentivano altrettanti tipi di gioco ad ampio respiro senza intromissioni uno nell'altro. Per cui, se a livello 1 si stava giocando a palla prigioniera, a livello 2 si poteva contemporaneamente giocare al calcio, e a livello 3 magari improvvisare una battaglia o una moscacieca.
Ogni livello, poi, aveva la sua sorpresa. Quello più basso, prospiciente la passeggiata di San Sebastiano, aveva un bellissimo boschetto di melograni selvatici, i cui fiori di un rosso acceso, a primavera, costituivano un vero spettacolo.
A livello due, la spianata non era interrotta da alcun ostacolo, per cui si potevano benissimo organizzare gare di velocità, poiché la lunghezza superava i cento metri e la larghezza consentiva lo spazio per almeno quattro corsie.
La risorsa più bella, per noi bambini, oltre alle siepi di alloro, era al terzo livello: un altro boschetto, stavolta di piante nane, robuste e ricche di rami nodosi, che ci consentivano di fare i Tarzan, cioè di passare da una pianta all'altra saltando tra i rami vicini: i più robusti tra noi riuscivano a compiere l'intero giro, che comprendeva una dozzina di queste piante.
Dovevamo cercare, però, di non compiere danni, cioè di non spezzare neanche un ramo: altrimenti l'inevitabile ispezione di Memmo la guardia avrebbe avuto come conseguenza immediata una bella multa e l'assoluto divieto di questo gioco per noi così divertente.
Un'altra risorsa del giardino era la sua comunicazione aperta, sul lato sinistro rispetto al cancello di entrata, con gli ampi piazzali che circondavano l'edificio scolastico, con la possibilità di compiere altri giri, facendo delle vere e proprie corse campestri il cui percorso poteva ampliarsi anche per un paio di chilometri.
Durante i mesi più terribili della guerra, il nostro caro giardino venne deturpato orrendamente dai soldati tedeschi, che vi scavarono delle profonde trincee quando il fronte di Cassino stava per essere saltato dagli alleati. L'intenzione era quella di organizzare un'estrema difesa sulla montagna, per ostacolare in qualche modo la marcia verso Roma.
Per almeno un paio d'anni quelle trincee rimasero aperte, come a ricordarci le sofferenze della guerra. Poi finalmente furono riempite, e nel giardino si tornò a giocare e a scherzare, come è nella natura di ogni bambino (continua).

lunedì 28 giugno 2010

Barrera è bravo, ma alla Lazio serve Boghossian

Ieri abbiamo visto Pablo Barrera giocare contro l'Argentina nel secondo tempo: è stato bravissimo, ha rilanciato la sua squadra contro i fortunati uomini di Maradona, ai quali il nostro Rosetti ha regalato il primo gol in fuorigioco.
L'aspirante attaccante laziale dei Pumas ha mostrato un dribbling secco e irresistibile, ha giocato di preferenza sui lati estremi dell'area avversaria, sia a sinistra che a destra, si è anche presentato insidiosamente davanti alla rete argentina.
Non vi sembra che si stia parlando di uno come Zarate? O di uno come Foggia? Si tratta comunque di un "piccolo", di cui alla Lazio siamo ricchi, dato che c'è anche Rocchi. A noi serve invece un altro Floccari, una prima punta decisa e forte, che punti al gol sia di testa che negli scambi veloci, e quest'uomo non può essere che Boghossian, che ha una media-gol di 18 reti contro le 8 di Barrera.
E' vero che dai Pumas Barrera possiamo averlo per quattro milioni, è vero invece che dal Newell's Old Boys il gigante uruguayano potremmo averlo per almeno otto milioni: ma a noi serve uno come lui, perché se si compra Barrera si dovrà poi vendere Zarate o Foggia e restare comunque scoperti di una vera prima punta di riserva.
Acquistando Boghossian per otto milioni, e il sostituto di Kolarov, l'algerino Belhadj, per sei milioni dal Portsmouth, basterebbe assicurarsi anche Antonelli dal Parma per tre o quattro milioni per avere la squadra al completo, dati gli arrivi sicuri di Pintos e Gonzalez. Con la vendita di Kolarov al Manchester City - sembra che Mancini sia rimasto l'unico vero estimatore del terzino serbo - si otterrebbero appunto quei 17/18 milioni sufficienti per coprire tutto il resto delle spese. Non serve Papastathopoulos, già avanti con gli anni, e neanche mancino come lo è Antonelli, per avere un sostituto vero del titolare Radu.Un vero grande terzino sinistro sarebbe il nazionale messicano Carlos Salcido, autentico fuoriclasse: ma ha già trent'anni, e poi chissà quanti milioni vorrebbe la squadra olandese dell'Eindhoven per cederlo...
Lotito deve sbrigarsi a concludere questi affari, perchè la Lazio sarebbe già bella e fatta, e anche una squadra di notevole valore, con Muslera; Pintos, Dias, Radu (Antonelli); Lichtsteiner, Brocchi, Ledesma, Belhadj; Gonzalez, Mauri (Matuzalem); Zarate (Rocchi), Floccari (Boghossian). Una squadra da sesto posto.

domenica 27 giugno 2010

Il Muretto di San Sebastiano - I miei ricordi 77

Uno dei luoghi imperdibili per trascorrere un'oretta in allegria era senza dubbio il muretto di San Bastiano, un bel muretto lungo una ventina di metri, che dalla ex colonia della Maternità e Infanzia giungeva al bivio della statale 155 con il viale di accesso ad Acuto, nei pressi della chiesetta di San Sebastiano (in dialetto, San Bastiano).
Un muretto così ampio e comodo da indurre alla conversazione e all'intimità per simpatiche soste durante la passeggiata.
Purtroppo questo muretto impediva la visuale alle automobili che uscivano dal paese oppure vi entravano, o semplicemente erano di passaggio per Fiuggi. Vi furono parecchi incidenti, qualcuno mortale.
Ma quando la Giunta Comunale prese la decisione di eliminare questo storico muretto, che risaliva almeno agli inizi del secolo, si scatenò una furiosa battaglia d'opinione fra progressisti e conservatori: in questo caso i conservatori volevano appunto...conservare il muretto, mentre ai progressisti premeva eliminare il pericolo. Fu in questa occasione che mio fratello maggiore, Vito, che era vicesindaco della giunta di sinistra, se ne uscì in una frase che lo rese noto nella zona: " Progresso è lavorare per il bene delle generazioni future, non per il proprio bene."
Alla fine il muretto fu abbattuto, fra il generale pianto di tutti i nostalgici, e sostituito con una robusta ringhiera metallica che permetteva una perfetta visibilità delle macchine in arrivo sulla 155, e toglieva per sempre il comodo appoggio per le conversazioni e il riposo.
La battaglia poi si estese più oltre, e coinvolse la fabbrica di calce duecento metri più oltre, sempre sulla strada per Fiuggi. Qui la questione era ancora più delicata, perchè da una parte c'erano motivazioni igieniche ed etiche, e dall'altra il lavoro che la fabbrica assicurava a una cinquantina di famiglie, circa un decimo dell'intero paese.
Si trattò di una svolta storica. Il panorama dei dintorni di Acuto era ( ed è tuttora, anche se in modo attenuato) deturpato da una orribile ferita che metteva a nudo la montagna in una zona di belle caratteristiche naturali e turistiche, a due passi da Fiuggi. Inoltre la polvere sollevata dalla calce e diffusa nell'aria da una grossa ciminiera imbiancava tutta la zona, rendendo l'aria irrespirabile per chi passava a piedi lungo la passeggiata.
Ma si poteva lasciare senza stipendio un'ampia fetta della popolazione del paese? Alla fine gli ambientalisti e la giunta di sinistra ebbero la meglio, e la fabbrica, di proprietà dell'ex podestà e dei suoi eredi, fu costretta a spostarsi in un'altra zona del Lazio, in aperta campagna, e a convertire in parte le sue caratteristiche.
Il paese tornò a respirare, ma ci volle un buon decennio almeno per annullare le conseguenze economiche della perdita di lavoro di molti degli operai.
Ormai la lotta politica aveva scavato un solco profondo tra le parti: ma più che di ideologia, si trattava di rancori personali.
La conferma si ebbe quando, alla vigilia della vendemmia, le vigne di alcuni personaggi coinvolti nella lotta furono trovate danneggiate in modo irreparabile. Sembrava di essere tornati in piena faida medioevale, e in buona sostanza era proprio così. La lotta era cominciata per il famoso muretto di San Bastiano.
Un'altra bruttissima ferita nel panorama del Comune, visibile a decine di chilometri di distanza, è una seconda cava di pietra aperta negli anni sessanta, di dimensioni bibliche, una specie di Geenna scavata nelle colline tra Acuto e la valle percorsa dalla superstrada. Ma non esiste una legge che tutela la bellezza turistica di una zona ? (continua).

sabato 26 giugno 2010

Gran duello Barrera - Boghossian

E' un gran duello tra il messicano Barrera e l'uruguayano Boghossian per l'ultimo posto disponibile di extracomunitario: chi riuscirà a prendere il sopravvento?
In questo momento il favorito è proprio il messicano, ala destra di quella nazionale ancora in gara per il titolo mondiale: avremo dunque modo di rivedere Pablo in azione, e renderci conto se è veramente un affare per la Lazio, meglio di quel Martinez che ci è sfuggito per andare a finire alla Juventus.
Veramente, per Martinez, alla Lazio non si sono ancora arresi, e siccome il suo agente, Pablo Casals, è lo stesso di Boghossian, sembra che le sorti del gigantesco centravanti siano legate a quelle dell'ex catanese. Noi, personalmente, non ci speriamo molto, per cui consigliamo Lotito di dedicarsi all'affare Barrera, che verrebbe oltretutto a costare molto meno, mentre sia Martinez che Boghossian sono quotati sui 15 milioni: e dove va a prenderli, 30 milioni, il buon Lotito?
Altre considerazioni: se si vuole chiudere per il sostituto di Kolarov, l'algerino Belhadj, non bisogna portarsi dietro anche Boateng, perchè sarebbe un doppione di Barrera.
C'è poi un ulteriore ritardo nella vendita di Kolarov. Il real Madrid si è stancato delle eccessive richieste di Lotito (20 milioni) ed ha lasciato la trattativa. Ora resterebbe il solo Manchester City di Mancini, e si potrebbe chiudere per una cifra leggermente inferiore. Chi troppo vuole, nulla stringe, dice un proverbio che dovrebbe far aprire gli occhi al sor Claudio, se vuole mettere davvero un po' di fieno nella stalla, quel tanto da poter chiudere per Barrera e anche per il terzino del Parma Antonelli, dato che il brasiliano Santos è extracomunitario e non c'è più spazio per lui.
Infatti Makinwa ancora non si decide a lasciar libero il suo posto di extra firmando per il Wisla di Cracovia; ora lo vogliono anche i greci del Larissa, ma, benedetto figliuolo, bisogna che prenda una decisione anche se i soldi offerti sono pochi. Non si può mica star sempre a giocare a breccole, nella vita!
Il detto vale anche per la nostra presidenza: è bene che si decida. Reja ha dato il suo parere favorevole per Barrera, e siccome lo si può avere per una cifra che non supera i cinque milioni, che altro si aspetta? Non ci serve mica Milito, ma solo un buon attaccante di riserva a Floccari,Rocchi e Zarate, e Barrera sicuramente lo è.
Ancora novità: il genoano Socratis Papastathopoulos starebbe solo facendo il broncio alla Lazio, perchè non gli hanno detto nulla del suo prestito-comproprietà, ma dovrebbe venire senza problemi alla convocazione precampionato. Libor Kozak resterà ancora al Brescia la prossima stagione, facendosi bene le ossa in serie A.
Il giovanissimo Faraoni non ha rinnovato alla Lazio ed è passato all'Inter: auguri!
Ledesma ha detto no a una buona offerta dei russi del Rubin Kazan: vuole restare alla Lazio; almeno per un anno, secondo contratto. E' saltato il complicato affare Schelotto con il Cesena: così Mendicino Bonetto Firmani e Makinwa dovranno trovarsi un'altra sistemazione. Idem Baronio: è andato a vuoto l'ingaggio col Bologna, i nuovi proprietari Porcedda pare vogliano risparmiare. Ma si sono passati tutti la parola contro Lotito? Oppure qualcuno ha imparato la lezione da lui?
Unica consolazione: la Reggina, per dare Carmona, è disposta ad accettare Mendicino e Perpetuini, e ho l'impressione che a Reggio Calabria sappiano fare buoni affari.

venerdì 25 giugno 2010

Monarchia o Repubblica? - I miei ricordi 76

Avevo undici anni, quando ci fu il referendum. I miei ricordi, qui, diventano piuttosto vaghi: so soltanto che c'era una netta divisione del paese, con la sinistra schierata compatta per la repubblica, mentre la Democrazia Cristiana appariva piuttosto defilata, e lasciava il voto alla libera coscienza del cittadino.
Grande propaganda per la Monarchia, comunque, non ci fu: in paese giravano, nella massa cartacea elettorale, delle foto molto sbiadite della famiglia reale . Non tanto Umberto II, non tanto sua moglie Maria Josè, la regina di pochi giorni, dal 9 maggio al 2 giugno, quanto le foto dei piccoli figli, Vittorio, Maria Pia, Gabriella e Beatrice.
Se tutti quelli furono gli sforzi di Casa Savoia per cercare di salvarsi e di salvare la sua storia centenaria, furono veramente pochi e condannati a priori alla sconfitta.
Nel Meridione, e culturalmente il paese di Acuto sembrava far parte di esso, il pensiero prevalente era quello di non addossare tutte le responsabilità della sconfitta alla casa regnante, anche se la fuga dei reali da Roma era stata vergognosa. Però, se il vecchio re Vittorio era fuggito senza starci a pensare troppo, il figlio Umberto II era rimasto in un primo momento nella capitale al fianco della Resistenza, e questo molta gente lo aveva apprezzato, fino a concedergli una possibilità che il voto prevalente per la monarchia sottolineava. Ad Acuto, però, c'era anche una sinistra molto attiva e dinamica, che praticamente equilibrava la situazione.
Fu da Roma in su che la Repubblica prevalse, per i due famosi milioni di voti di vantaggio che furono attribuiti all'azione diplomatica del ministro degli interni Romita.
Tutto sommato, il voto per la Repubblica fu accettato senza problemi: non ci furono sommosse come quelle per la caduta di Mussolini o per l'armistizio. La gente accettò con indifferenza, forse anche con un pizzico di piacere per la novità, la cacciata dei Savoia e l'avvento della Repubblica. Un mese dopo, ad Acuto, non avresti trovato più un monarchico neanche a peso d'oro, e quei pochi che ricordavano il re erano solo i nostalgici, in generale, del passato e del ventennio di dittatura.
Più un fatto di natura economica che altro. Chi stava bene con la Monarchia e con il vecchio regime, evidentemente era portato a rimpiangere quei tempi, ma ad Acuto erano talmente pochi da non avere praticamente voce in capitolo.
L'ex podestà del paese era anche proprietario dell'unica industria del luogo, quella della fornace della calce. Quando, dopo parecchi mesi, riprese l'attività, poteva avere ancora un certo ascendente su quella cinquantina di operai che vi lavoravano, e nelle prossime elezioni saranno le uniche voci dissenzienti.
Per il resto, il paese si orientò su altre forze moderate, quelle democristiane, che presero il sopravvento ed elessero sindaco un professore di educazione fisica, Giuseppe Germini, rimasto in carica ininterrottamente per un trentennio, fino al 1978, quando ci fu una vera rivoluzione, che diede vita a un secondo trentennio, durato fino al 2009, con l'amministrazione in mano al centrosinistra, con un sindaco di estrazione comunista, l'ingegnere Pio Pilozzi.
Evidentemente, ad Acuto, la storia si fa soltanto per periodi di trent'anni circa e per dinastie familiari: Perinelli - Germini - Pilozzi: 1920 - 1950 - 1980 - 2010 (arrotondiamo per comodità),novant'anni di storia di Acuto passando dal fascismo alla Democrazia Cristiana, e dalla Sinistra nuovamente al Centro.
Ma sembra improbabile che quest'ultimo possa durare per un altro trentennio, essendo formato da una maggioranza piuttosto fragile, che ha conquistato il potere soltanto per le discordie dello schieramento opposto.

Italia ai mondiali : dovevano portarli in un villaggio nero di Soweto...

Solo Carletto Pedersoli, alias Bud Spencer, se n'è accorto e ne ha parlato, ma gli altri ci sono scivolati sopra come se stesse dicendo una sciocchezza. L'Italia ha giocato male, era moscia e atleticamente inesistente, perchè non si è resa conto che eravamo andati in un paese australe,un bel po' al di sotto dell'equatore, con le stagioni rovesciate, peggio, molto peggio di un cambiamento di fuso orario, dato che Roma e Città del Capo hanno in pratica lo stesso fuso orario, ma una vita ambientale opposta.
Si sono trovati bene gli altri paesi australi: Brasile, Argentina, Uruguay, Cile, Australia appunto, Paraguay e Ghana; si sono trovati male quasi tutti i paesi europei, Francia, Italia e anche Germania e Inghilterra e Danimarca e Portogallo e Stati Uniti e Spagna e Sud Corea e altri ancora, in proporzione al loro più alto grado di civiltà e di benessere, campo in cui Italia e Francia sono i paesi più coinvolti in una vita da esteti.
Dovevano portarli in un villaggio di Soweto, a contatto con la vita naturale in cui si vive liberi, senza lussi e senza isolamenti: altro che ritiro in località di montagna; si è finito per accentuare la diversità, per aumentare gli ostacoli a una vita normale di fatica quale deve essere quella degli atleti; degli atleti veri, vogliamo dire.
Tutti sanno che nei paesi australi l'acqua degli impianti igienici e degli sciacquoni gira in senso antiorario rispetto ai nostri paesi del nord, ma nessuno se ne è ricordato: abbiamo portato con noi lussi e raffinatezze e perfino tutta un'équipe di cuochi normali coi nostri tanto amati spaghetti. E così siamo andati a infilarci nei guai con le mani nostre. Fra i lussi di Atene e la vita severa degli spartani, hanno vinto naturalmente gli spartani.
Hanno vinto, tra i nordici, quelli che vivono in ambienti più duri del nostro. Questo spiega gli slovacchi e la loro prestanza atletica dieci volte più gagliarda della nostra. Piano piano la differenza tra australi e boreali si attenuerà, e si attenuerà quanto più i nordici vivono una vita severa. Via via miglioreranno tedeschi e inglesi, spagnoli e portoghesi, e faranno qualche passetto indietro brasiliani e argentini.
Sarà un bel mondiale. Tranne che per i salami italiani e le caciotte francesi.
Teniamolo presente, la prossima volta. Quando sarà. Una bella capanna al naturale sarà la nostra salvezza.

giovedì 24 giugno 2010

Italia eliminata - Vincono Totti, Cassano e Balotelli

Dominati dalla Slovacchia. Due gol dello scatenato Vittek, poi rete di Di Natale a dieci minuti dal termine, fiammata finale, gol in fuorigioco ancora di Di Natale, illusione del pareggio: abbiamo giocato un mondiale di soli dieci minuti.
E' giusto che si sia andati fuori. Pirlo è entrato troppo tardi, quanto basta per capire che se lui ci fosse stato...Poi la beffa del terzo gol a poche battute dalla fine, del nuovo entrato Kopunek infiltratosi nella nostra difesa con estrema facilità.
Vergogna. Non basta una fiammata finale in 270 minuti di mondiale. Il nostro mondiale lo hanno vinto nettamente gli esclusi. Totti, Cassano, Balotelli, Del Piero, ma anche gente come Perrotta che avrebbe dato altra sostanza al nostro centrocampo.
L'illusione, come una beffa raddoppiata e prolungata, è riaffiorata ancora col grande e inutile gol conclusivo di Quagliarella, che ci ha portati sul 3-2 non facendo altro che dilatare la nostra agonia.
I nostri sono apparsi completamente scarichi di energie, mentre gli slovacchi sembravano aver mangiato bistecche di leone e ci battevano in tutti i duelli, ci anticipavano sempre, schizzavano via come lepri contro cani zoppi.
Pepe ha avuto perfino l'opportunità del 3-3, con la possibilità di andare almeno alla monetina.Ma non sarebbe stato veramente giusto: troppo superiori a noi questi avversari che su scala mondiale sono solo al trentesimo posto.
Lippi è scappato via negli spogliatoi sfuggendo a ogni commento, che non avrebbe potuto fare altro che suonare come un inno funebre, un de profundis.
Come la ricostruisci, ora, un'Italia così? Un'Italia di burro, squagliatasi al solicello del Sudafrica. Cesare Prandelli dovrà ricominciare da zero. L'Italia ha lasciato sul campo l'onore, e non ha saputo minimamente difendere il titolo di campione del Mondo.
Italia quasi peggio della Francia: e infatti siamo usciti tutti e due, campioni e vicecampioni. Non abbiamo mai sofferto tanto come nel quarto d'ora finale, ma è stato giusto, giustizia sportiva, viva gli slovacchi e fuori gli italiani dimostratisi incapaci di reggersi sulle gambe.
Un'Italia di ricotta, una difesa impresentabile. Unici a salvarsi Di Natale, Pirlo e Quagliarella. E onore ad Hamsik, che ci ha tagliati fuori senza alcuna pietà, facendo il suo dovere. Vergogna pensare che un Hamsik così, una Slovacchia così, avrebbero potuto vendersi.
E la prossima volta non mandiamo ai Mondiali un tecnico già mentalmente dimesso e lontano.

Martinez? Ma Barrera è più forte!

Esiste un Dio anche per i poveri. Martinez non arriverà alla Lazio, ma nessuno piangerà. Forse ci resterà male proprio quell'arrogante di Lo Monaco, che ha creduto di poter dare una lezione a Lotito, umiliandolo, e spacciandosi per una specie di profeta in terra.
Ma esiste un Dio anche per i poveri, che non hanno decine di milioni da passare nelle tasche altrui, ma hanno anche loro il diritto di sognare, di poter realizzare ugualmente una buona squadra.
Quel Dio, dal Sudafrica, ha mostrato la via alla Lazio, facendole balenare la forza e il valore di un giocatore che costa poco e vale molto: l'attaccante messicano Pablo Barrera, 23 anni e non 27, cinque milioni e non quindici; tanto, alla Lazio serve solo un attaccante da affiancare ai Floccari, Zarate e Rocchi, e perciò nessuno piangerà se da Torino arriveranno notizie ( e sottolineo se...) di grandi prodezze di Martinez.
Anche Nando Muslera, dal Sudafrica, ha mandato a dire alla Lazio che Barrera è forte, che Lotito si affrettasse a comprarlo perchè farà un affare. Va bene, ci crediamo, perchè esiste un Dio anche per i poveri, e lui sa come fare giustizia elargendo doni equilibratori. Alla fine, spesso, sono proprio i poveri a godere, rifilando qualche bufala ai ricchi. E intanto, in Sudafrica, Barrera c'è, e il tanto strombazzato Martinez no.
La Lazio ha bisogno di poco per essere una buona squadra. Scudetti ancora non ne deve vincere, ma qualche buona partecipazione a una Coppa sì. I ventidue famosi di Reja sono quasi pronti, e non staremo ancora qui ad elencarli. Anche con gli acquisti siamo già a buon punto, l'altro elemento di forza al posto di Kolarov sarà l'algerino Behladj che ci arriverà da Portsmouth. Il telaio di una buona squadra c'è, un allenatore in gamba c'è, ora aspettiamo un buon direttore sportivo e poi vedrete che il buon Dio farà di Lotito anche un buon presidente.
Lo farà dandogli una mano per l'affare Kolarov: Real, Inter e Juventus se lo contendono, ma a Roma devono arrivare quei 20 milioni che ci consentano di pagare le prime rate per i cinque acquisti. Gli altri tre sono Gonzalez, Pintos e Socratis (non lo chiamate Papastathopoulos, perchè nel frattempo si sarà fatto vecchio).
E il buon Dio ci darà una mano a vendere i ventisei giocatori in esubero, tra i quali anche dei pezzi non c'è male. Comunque la Lazio non li includerà nell'elenco dei 22 che partiranno agli ordini di Reja per Auronzo di Cadore fra una quindicina di giorni.
Alè, Lazio: coraggio, si ricomincia con tanta fede e tanta buona volontà. Due virtù che giustamente saranno premiate.

mercoledì 23 giugno 2010

Io e gli animali - I miei ricordi - 75

Il mio rapporto con gli animali non è mai stato troppo amichevole, neppure con quelli domestici: diffido dei cani, i gatti mi danno fastidio, così pure le galline, i pappagalli, i conigli; le pecore sono mansuete, ma emanano un cattivo odore; figuriamoci le capre. Il safari non è la mia avventura preferita.
Al massimo mi sta simpatico lo scoiattolo con la sua coda così divertente, e quando mi capita di vederne uno mi sorprendo a seguire la sua strepitosa fuga sui rami degli alberi più alti.
Mi erano simpatiche le lucciole, ma per lunghissimi anni non si sono più viste, e rivederne qualcuna, ora, non può farmi che piacere. Così come risentire lo stridio di una cicala a tanti anni di distanza: forse stiamo tornando ad avere cura della natura, e gli animali se ne accorgono.
Dopo molti decenni, ugualmente, qualche rondine torna a fare il nido sotto i nostri tetti. Ecco, anche la rondine è uno dei pochi animali per i quali nutro simpatia. Allo stesso modo, mi fa molto piacere sentire che perfino le cicogne siano tornate a nidificare sopra i nostri comignoli.
Mi sorprende, ad ogni modo, ricordare che all'età di tre o quattro anni mi ero affezionato a un microscopico gattino, capitato non si sa come a casa mia. Giocava volentieri con me, mi correva dietro: una mattina presto, che ero sceso in cucina a piedi nudi, vidi all'improvviso il gattino sbucare da sotto la madia, rincorrere i miei piedi e mettersi a giocare con essi come se fossero davvero un giocattolo, e questo me lo rese ancora più simpatico.
Purtroppo, correndo dietro a questo animaletto, un giorno capitò che la porta-finestra, che dalla cucina si apriva sul balcone, venne chiusa bruscamente, e una zampetta del gatto rimase intrappolata e si spezzò.
Io ne fui molto addolorato. Ma mio padre, per non veder soffrire il piccolo animale, lo prese e lo soffocò seppellendolo nel secchio dell'immondizia.
Io cercai di recuperarlo, ma quando vidi che era morto ne provai un profondo dispiacere. Da quel giorno non ho più giocato nè coi gatti nè coi cani, e li guardo con diffidenza e perfino con antipatia.
Tutti mi dicono che è molto bello avere un cane come amico, ma io non riesco proprio a concepire un simile rapporto. Già mi resta difficile riuscire a comprendere i miei simili, qualche volta perfino me stesso, e non ho la pazienza di dedicare un po' del mio tempo a qualche animale. Suppongo che quell'esperienza che ho avuto quando avevo quattro anni abbia contribuito a creare in me questa specie di allergia.
A pensarci bene, mi piacciono solo quegli animali che, a un segno di pericolo, fuggono via rapidamente come fa uno scoiattolo, come un uccello o una rondine che riescono ad allontanarsi da ogni contatto volando via, o come una lucciola e una farfalla che non sono agevoli da afferrare, e sembrano rifuggire dal contatto umano.
Anche per questo, sono sostanzialmente un vegetariano e non mangio volentieri carne di animali, tranne quando proprio non ne posso fare a meno (continua).


martedì 22 giugno 2010

Una Lazio nuova, e due vecchie che partono

Gliene stanno dicendo tante, a Lotito, per la sbadataggine con cui si è lasciato sfuggire il catanese Martinez, finito in mano alla Juventus perchè alla Lazio hanno trattato con il manager del giocatore e non con la società. Tutti a sparargli addosso, a partire dai suoi tifosi.
Lui invece, caparbio, ha continuato a lavorare in silenzio a un suo progetto francescano, condiviso da Reja, e fatto di due o tre colpi sudamericani e da una doppietta europea, inglese di Portsmouth per la precisione, dando vita a una squadra che non sarà niente di eccezionale, ma che, sulla base della formazione vecchia esplosa nel finale del campionato scorso, promette di fare bene, e anche molto bene, per il torneo nuovo che si appresta ad andare in scena.
Il convento della Lazio passa questo, una buona ribollita e niente di più, ma che a noi sembra piuttosto gustosa.
Ecco infatti la squadra che sta per nascere, e che non dovrebbe discostarsi troppo da queste linee:
MUSLERA (Berni)
PINTOS (Biava) DIAS (Stendardo) RADU (Santos)
LICHTSTEINER (Boateng) LEDESMA (Matuzalem) BELHADJ (Del Nero)
GONZALEZ (Brocchi) MAURI (Barreto)
ZARATE (Rocchi) FLOCCARI (Boghossian)
A noi sembra una formazione ben calibrata, e con rincalzi che promettono di non essere per niente inferiori ai titolari. Con questi uomini, e con la mano vellutata di Reja, si va dal settimo posto in su, a crescere e a crescere bene.
Piuttosto, il problema vero della Lazio è quello degli uomini in esubero. Pensate che ne vengono fuori due formazioni niente male, almeno la prima capace di fare dignitosamente la sua parte nel massimo campionato. Ecco infatti la Vecchia Lazio A che se ne va:
BIZZARRI
DIAKITE CRIBARI KOLAROV
DABO BARONIO FIRMANI
FOGGIA MANFREDINI
INZAGHI CRUZ
Se vogliamo poi analizzare anche la seconda Vecchia Lazio che se ne va, c'è posto non solo per una squadra, ma anche per quattro o cinque riserve, il tutto quotabile come una eccellente formazione almeno di serie B:
CARRIZO
BONETTO (Artipoli) TUJA SIVIGLIA ZAURI
SCALONI (Perpetuini) QUADRI
MEGHNI (Correa) ELISEU
KOZAK (Mendicino) MAKINWA
Vendili un po' tu, tutti questi ventisei giocatori! Qualcuno si è già sistemato, ma la maggior parte deve ancora entrare in trattative. Squadre neopromosse come il Cesena, il Lecce e il Brescia potrebbero cogliervi a piene mani giocatori ancora validissimi e ricchi di esperienza come Zauri, Bizzarri, Siviglia, Baronio, Diakité, Firmani, Manfredini, a parte i gioielli Kolarov e Foggia, che frutteranno a Lotito i soldi per pagarsi i cinque/sei acquisti nuovi.
Comunque auguri a tutti, quelli che restano e quelli che vanno. Specialmente alle giovani speranze Tuja, Kozak, Mendicino, Perpetuini, che speriamo un domani di ritrovare nella Lazio cresciuti e migliorati.

lunedì 21 giugno 2010

Luigi santo - I miei ricordi - 74

Il giorno di San Luigi, 21 giugno, tutti i bambini di Acuto, con un odoroso giglio bianco nella mano destra, con una fascia trasversale rossa i maschi e bianca le femmine, sfilavano in processione per la via principale del paese cantando quest'inno: "Luigi santo/ noi t'invochiamo, / ti veneriamo / sui nostri altar..."
Ma quando la processione, quasi sul finire, passava davanti al negozio di Enrichetto il barbiere, scoppiava un piccolo dramma. Un bambino, che non partecipava alla processione, nel sentire le parole dell'inno si gettava per terra e cominciava a urlare e a scalciare.
Non si trattava assolutamente di epilessia o male caduco, ma di un fatto molto più semplice. Il bambino, nipote di Enrichetto, si chiamava Luigi ; probabilmente le parole di quell'inno, "Luigi santo", gli venivano ripetute a casa come uno sfottò per i suoi capricci, e lui se la prendeva a male e si arrabbiava. Figuratevi quando vide e sentì quel coro di bambini in processione: nella sua mente era più che convinto che tutto il paese lo stesse prendendo in giro.
Il fatto si ripeteva ogni anno, finché il bambino non divenne adulto e finalmente si convinse che nessuno ce l'aveva con lui. Il bravo Luigi, Placido per soprannome
di famiglia, era in effetti un buon bambinone, alto e robusto, destinato poi a divenire carabiniere. Nessuno si sarebbe sognato di prenderlo in giro in quella maniera irriverente. San Luigi Gonzaga era il patrono della gioventù, il giglio della purezza, e nel passato veniva celebrato con particolare rispetto, perché, pur essendo principe di un grande casato, era morto giovanissimo curando i malati di peste.
Così facevano i figli delle grandi famiglie, una volta. Oggi si danno ad altre attività, e nella migliore delle ipotesi vincono le gare di ballo alla TV. Ma anche a quei tempi c'era qualche figlio di papa' - o anche di papa - che non scherzava mica. Pensiamo soltanto a Cesare Borgia detto il Valentino, figlio di papa Alessandro VI.
Ricordo sempre quell' episodio di Luigi perché non solo aveva il mio stesso nome, ma perfino il mio soprannome, poiché anch'io venivo chiamato in famiglia Luigi Placido, essendo di solito molto calmo. Ma ero capace anch'io delle mie bizze solenni. Guai a svegliare il cane che dorme!
Le processioni, nel paese, erano frequenti, e non disturbavano il traffico perché non ce n'era. Il clima religioso era alimentato dalla presenza delle suore Adoratrici del Sangue Prezioso, ordine fondato proprio ad Acuto nel lontano 1834 da Santa Maria De Mattias.
In Acuto c'è sia la casa madre dell'ordine sia un collegio di formazione delle educande, per cui una percentuale piuttosto alta della popolazione del paese è rappresentata dalle religiose dell'ordine.
Questo fatto ha costituito sempre, per il paese, un'anomalia, anche in occasione delle elezioni politiche, per cui mettere le mani sul pacchetto di voti delle suore voleva dire assicurarsi l'esito delle votazioni. Per almeno trent'anni, dal 1946 al 1976, Acuto è stato sempre un paese politicamente conservatore, ma da allora è passato stabilmente nelle mani della sinistra, ed anche le suorine non sono rimaste estranee a questo fenomeno. Solo nelle ultime elezioni comunali, dopo un altro trentennio, c'è stata un'inversione di marcia (continua).

domenica 20 giugno 2010

Ora vincere con la Slovacchia!

Altro pareggio anche con la Nuova Zelanda. E ancora una volta costretti a rimontare un gol di svantaggio, un gol fortunato del lungacchione Smeltz, viziato da un fuorigioco.
Almeno il pareggio è arrivato abbastanza presto, ancora per merito di De Rossi che si è infilato nell'area dei bianchi e si è fatto stendere da Smith per un bel calcio di rigore che Jaquinta ha realizzato con intelligenza, spiazzando il pur bravo portiere Paston, autore in seguito di tutta una serie di belle parate.
Ci abbiamo dato dentro, ma con quel pallone leggero leggero, ogni volta che la palla veniva alzata finiva preda degli spilungoni in maglia bianca, tutti ammucchiati nella loro area, e che solo con due o tre sprazzi offensivi sono anche riusciti a metterci paura nel finale.
Lippi ha gettato dentro ancora una volta Camoranesi e Di Natale, che sono stati tra i più vivi, e in più ha provato il tridente con Pazzini, che è stato invece deludente.Peccato poi per quel gran palo di Montolivo, che forse è risultato il più pericoloso dei nostri tiratori.
Gli azzurri avrebbero potuto fare gol solo arrivando con la palla tra i piedi oltre la linea di porta. Ma nessuno ha avuto questo estro, nemmeno Camoranesi e Di Natale. Ora siamo qui tutti a invocare il ritorno di Pirlo, che a centrocampo ha il dono dell'inventiva. Ma bisogna dire che nel complesso gli undici azzurri sono stati piuttosto deludenti e sono riusciti a farsi imbrigliare senza nemmeno troppa difficoltà dai neozelandesi.
C'è mancato l'estro creativo. Tutte le squadre europee stanno deludendo, almeno le più grandi, e va avanti la sola modesta Danimarca.
Ma le decisioni importanti devono ancora venire tutte. Contro la Slovacchia di Hamsik e del pericoloso Kozak siamo nettamente favoriti, e con i cinque punti passeremmo sicuramente il turno.
Dunque, ancora forza azzurri, con tutto il fiato che abbiamo in gola. Ma è necessario che i nostri entrino in forma, e che riescano a domare questo bizzarro pallone, troppo veloce per i nostri gusti di palleggiatori, che con la palla al piede amiamo compiere le più ardue fantasie, impossibili con un pallonetto da educande.
Con questo stesso pallone, comunque, Argentina e Germania hanno fatto anche quattro gol, e quindi anche gli azzurri alla fine dovrebbero riuscirci, e una volta trovata la misura dovrebbe essere tutto un po' più facile. E non stiamo qui a ricordare che la Nazionale fa blocco sulla Juventus, che in campionato è stata una vera delusione, perché uno come Camoranesi riesce sempre ad essere brillante, così come Chiellini risulta sempre tra i nostri migliori e Jaquinta la sua parte la fa sempre. Capitan Cannavaro, poi, è capace sempre di superare se stesso.
Quali che siano i giocatori che la compongono, ripetiamo: forza Italia, ce la facciamo ugualmente.

Riviviamo quei due mesi da Champions...

L'ultima Lazio che noi abbiamo vista, era già una Lazio da Champions.
Era la Lazio di Edy Reja, quella che il giorno di San Benedetto, 21 aprile, cominciò la sua "galoppata di primavera" che si concluse alla fine del campionato, il 16 maggio. E' durata quasi due mesi, e ci regalò una generosa salvezza con dodicesimo posto finale, a un solo punto dalla Fiorentina, e con un vantaggio di ben undici punti su quell'Atalanta che sembrava volesse afferrarci per la gola e strozzarci.
Quella Lazio, in sole dieci partite conquistò 20 punti, con una media di due punti a partita, con 6 vittorie, 2 pareggi con Milan e Napoli, e due sole sconfitte, quelle contro la Roma e l'Inter.
Se il campionato fosse durato quelle sole dieci giornate, questa sarebbe stata la classifica finale:
1. Roma, punti 27, gol segnati 20, gol subiti 9
2. Inter, punti 23, gol segnati 22, gol subiti 9
2. Sampdoria, punti 23, gol segnati 13, gol subiti 7
4. LAZIO, punti 20, gol segnati 17, gol subiti 11
5. Palermo, punti 19, sol segnati 19, gol subiti 13
6. Napoli, punti 18, gol segnati 13, gol subiti 8
7. Parma, punti 15, gol segnati 17, gol subiti 14
8. Catania, punti 14, gol segnati 12, gol subiti 11
9. Udinese, punti 13, gol segnati 19, gol subiti 18
9. Atalanta, punti 13, gol segnati 15, gol subiti 14
11. Milan, punti 12, gol segnati 9, gol subiti 13
11.Bari, punti 12, gol segnati 15, gol subiti 15
13. Juventus, punti 10, gol segnati 10, gol subiti 16
14. Genoa, punti 9, gol segnati 8, gol subiti 15
14. Fiorentina, punti 9, gol segnati 12, gol subiti 13
14. Chievo, punti 9, gol segnati 11, gol subiti 14
14. Siena, punti 9, gol segnati 9, gol subiti 16
18. Bologna, punti 7, gol segnati 9, gol subiti 17
19. Cagliari, punti 5, gol segnati 10, gol subiti 17
19. Livorno, punti 5, gol segnati 7, gol subiti 21
Gli attacchi più forti? 1. Inter 22 gol, 2. Roma 20 gol, 3. Palermo e Udinese 19 gol, 5. Lazio e Parma 17 gol.
Le difese più forti? 1. Sampdoria 7 gol, 2. Parma 8 gol, 3. Inter e Roma 9 gol, 5. Lazio e Catania 11 gol.
I marcatori dei 17 gol laziali in quelle dieci giornate? Rocchi e Floccari 4, Brocchi, Lichtsteiner e Dias 2 gol, Cruz, Mauri e Hitzlsperger 1 gol.
Questa la serie dei risultati:
a Cagliari: Lazio-Cagliari 2-0 gol di Rocchi e Floccari
a Roma: Lazio batte Siena 2-0 gol di Lichtsteiner e Cruz
a Milano: Milan e Lazio 1-1 gol di Lichtsteiner
a Roma: Lazio-Napoli 1-1 gol di Floccari
a Bologna: Lazio batte Bologna 3-2 (da 0-2) gol di Mauri, Diaz e Rocchi
a Roma (casa Lazio): Roma batte Lazio 2-1 gol di Rocchi
a Genova: Lazio batte Genoa 2-1 gol di Dias e Floccari
a Roma: Inter batte Lazio 2-0. Nessun gol
a Livorno: Lazio batte Livorno 2-1 gol di Rocchi e Brocchi
a Roma: Lazio batte Udinese 3-1 gol di Hitzlsperger, Floccari e Brocchi
Questa è la Lazio che dobbiamo tener presente. Perchè sarà questa la Lazio in cui vogliamo credere per il prossimo campionato. Una Lazio da Champions League!

sabato 19 giugno 2010

I gelsi del fontanile - I miei ricordi - 73

Tra le risorse naturali di Acuto, per noi bambini del tempo di guerra, oltre alle more delle siepi di rovo, nei mesi estivi c'erano senza dubbio i gelsi del Fontanile.
Ai piedi del Colle Borano, dove allora c'era perfino una stazione facoltativa del trenino Roma-Fiuggi ad appena cinque minuti da quella di Acuto, c'era un viale lungo un centinaio di metri, circondato da ambo i lati da belle piante di gelso. Da giugno in poi, era possibile coglierne i frutti senza alcuna fatica: bastava arrampicarsi lungo il fusto, non più alto di due metri, mettersi seduti su uno dei rami robusti, e coglierne le dolcissime more.
Ce n'erano di due tipi: nere e bianche. Quelle nere erano saporite e zuccherine, quelle bianche un po' meno, ma comunque gradevoli. Bisognava però attendere che fossero veramente mature, perché quando erano ancora rosse erano dure e immangiabili proprio come le more di rovo.
Quelle piante, risalenti agli anni '30, erano solo il ricordo di un tentativo non riuscito della coltivazione del baco da seta, di cui ricordo l'esperimento in alcuni ambienti del grande edificio delle scuole elementari. Ricordo i bachi, il loro lavorio, i bozzoli che si stavano aprendo, ma non ricordo di aver mai vista la produzione vera e propria della seta.
All'inizio degli anni '40 l'esperimento era già bello e fallito, a quattro/cinque anni dalle sanzioni economiche all'Italia di Mussolini e alla tanto proclamata autarchia,
che diede solo due frutti degni di memoria: la cicoria o l'orzo come surrogati del caffè
(ottimo l'orzo per il caffelatte), e la produzione del raion, forse la prima fibra sintetica. La lana ricavata dal latte fu un tentativo riuscito, ma non dal punto di vista economico. Per non parlare della suola delle scarpe ricavata dal cartone, di cui avrebbero fatto una tristissima esperienza i nostri soldati sui primi fronti del 1940, Francia, Albania e Grecia.
Ma torniamo ai nostri amati gelsi. Sono ancora lì, a memoria imperitura. Da bambini andavamo in gruppi a farci una mangiata di gensole, come le chiamavamo in paese. Prima di arrivarci, dovevamo passare sotto l'impianto di produzione di un calcificio, che aveva eroso buona parte della montagna, mentre dall'altissima ciminiera la polvere imbiancava la montagna tutto intorno, rendendo poco respirabile, in quel tratto, la famosa "aria pura" di Acuto.
Negli anni '60, dopo dure lotte, poiché una cinquantina di operai davano da vivere ad altrettante famiglie, l'impianto del calcificio fu chiuso.
La statale 155 per Fiuggi, che noi chiamavamo "la via romana", era completamente sterrata e polverosa. L'asfalto arrivò soltanto negli anni '60. Per fortuna, a Colle Borano, c'era l'acqua purissima e gelida del Fontanile, per rinfrescarci, e poi le famose gelse.
Molte, appena mature, cadevano a terra; se c'era il prato, erano ancora commestibili, ma, se cadevano sull'orlo della strada, erano immangiabili per via della polvere e delle formiche. Ricordo sempre una mia cugina, Maria Luigia, fuggire urlando verso il fontanile per aver mangiato una gelsa senza accorgersi che era piena di formiche. Ma poi tornò per rifarsi la bocca con quei dolcissimi frutti, arrampicandosi agilmente sul tronco e sui primi robusti rami delle piante (continua).

venerdì 18 giugno 2010

Quanto ha dato Ballardini, quanto ha dato Reja

Ballardini ha diretto la Lazio per 23 giornate - Reja per 15 giornate (dal 14-2-2010)
Punti conquistati 22 - punti conquistati 24 bilancio +2
Vittorie 4 - vittorie 7 bilancio +3
gol segnati 17 - gol segnati 22 bilancio +5
gol subiti 24 -gol subiti 21 bilancio -3
CANNONIERI
Floccari con Ballardini 3 gol - con Reja 5 gol bilancio +2
Rocchi 2 gol - 4 gol bilancio +2
Cruz 3 gol - 1 gol bilancio -2
Zarate 2 gol - 1 gol bilancio -1
Mauri 2 gol - 1 gol bilancio -1
Kolarov 2 gol - 1 gol bilancio -1
Matuzalem 1 gol zero gol -1
Stendardo 1 gol - 1 gol bilancio pari
autogol 1 (Thiago Silva) 1 - zero autogol - bilancio -1
Lichtsteiner zero gol - 2 gol bilancio +2
Dias zero gol - 2 gol bilancio +2
Siviglia zero gol - 1 gol bilancio +1
Brocchi zero gol - 2 gol bilancio +2
Punti in casa - Ballardini 13 - Reja 8 bilancio -5 (solo 7 partite giocate)
Punti in trasferta - Ballardini 9 - Reja 16 - bilancio + 7 (solo 8 partite giocate)
Vittorie in casa Ballardini 3 -Reja 2 bilancio -1 (solo 7 partite giocate)
Vittorie in trasferta Ballardini 1 - Reja 5 (solo 8 partite giocate)
Rete inviolata Ballardini 5 volte - Reja 3 volte bilancio - 2
pareggi in casa Ballardini 4 - Reja 2 bilancio -2 (solo 7 partite giocate contro 12)
pareggi in trasferta Ballardini 6 - Reja 1 bilancio -5 (solo 7 partite giocate contro 12)
sconfitte in casa Ballardini 5 - Reja 3 bilancio -2 (partite giocate: 12 B, 7 R)
sconfitte in trasferta Ballardini 4 - Reja 2 bilancio -2
partite senza segnare Ballardini 10 - Reja 2 bilancio -8
Le cifre si commentano da sole. Reja prevale per la maggior parte delle volte, ma anche Ballardini ha alcune voci favorevoli: più gol di Cruz, Zarate, Mauri, Kolarov, Matuzalem; più punti in casa; più vittorie in casa; più volte la rete inviolata; più pareggi in casa (ma non è positivo); più pareggi in trasferta (dove Reja ha vinto molto di più).
Reja più audace in attacco e in trasferta; Ballardini più ermetico e prudente, ma con i suoi pareggi ha logorato la classifica.
Il rapporto punti: Ballardini 0,95 a partita; Reja 1,60: proiezioni finali : Ballardini avrebbe ottenuto 36 punti (l'Atalanta è retrocessa con 35 punti), Reja avrebbe ottenuto 61 punti (due punti più del Napoli che è finito sesto conquistando l'Europa League).


giovedì 17 giugno 2010

Teatromania - I miei ricordi - 72

Tra le passioni prevalenti per i giovani, subito dopo la guerra, ci fu sicuramente il teatro. Un teatro di tipo profano tra i più grandi, ragazzi di circa vent'anni, quasi tutti studenti universitari, che avevano ottenuto di poter usufruire dei grandi ambienti della Maternità e Infanzia, rimasti vuoti delle centinaia di orfani di Roma accolti fino al 1943.
Tra i più fervidi animatori di questa passione teatrale vi erano mio fratello maggiore, Vito; lo zio del mio amico Santino, l'impegnatissimo Aurelio; un altro studente di giurisprudenza, Augusto, dal divertente soprannome di Parapaponzio;un fratello delle maestre Mirella e Maria, Ercolino, figlio del mugnaio: era lui che forniva i testi teatrali, traendoli dalla fornitissima biblioteca di famiglia.
Storica fu la prima rappresentazione, "La battaglia di Sèfata", una commedia impostata su un biblico campo di battaglia in Etiopia e su un prigioniero che ne era protagonista.
Ricordo ancora una battuta che faceva tanto ridere. -"Che fai vicino al regio padiglion- pausa - : favella ! - in cui si sottolineava l'ignoranza di alcuni teatranti che stavano effettuando delle prove.
La gente accorse giù a San Sebastiano, alla Colonia, in fondo alla passeggiata, da tutte le zone del paese, anche le più lontane. Ci fu forse un altro paio di repliche, ma poi quei giovani furono immersi dalle necessità dello studio e del lavoro.
Un altro centro di passione teatrale era quello delle suore, le Adoratrici del Sangue Prezioso, che ad Acuto hanno la casa madre. Le recite venivano ospitate in un salone su al Colle, nella parte più alta del paese. Questo tipo di teatro era spesso di carattere religioso, e animato da personaggi prevalentemente femminili.
Qui dominavano mia sorella Amalia, mia cugina Giuseppina, e un'amica di famiglia, Teresa; recitavano anche dei bambini, e uno di essi era mio fratello più piccolo, Luciano, che la prima volta rappresentò il bambinello nel Presepe, combinando un bel pasticcio con i suoi pianti, al punto di dover essere sostituito con un bambolotto.
Anche in questi casi, c'era sempre un grande pubblico in attesa, quasi tutto destinato a rimanere fuori perché il salone, oltre al palcoscenico, poteva ospitare soltanto duecento persone. Ingresso gratuito, sia alla Colonia che al Collegio.
Io ero sempre in fila per poter entrare. Ma una volta, sul Colle, la folla era troppa, e non mi riuscì di entrare. Dovettero accorrere i carabinieri per controllare la situazione.
Alcuni bambini, per protesta, saliti su un terrazzino alla sommità di una scala, cominciarono a lanciare delle pannocchie di granturco vuote, che servivano per accendere il fuoco. Io ero tra loro.
Uno di questi torsoli colpì, per caso o no, uno dei carabinieri, che salì le scale di corsa e mi trovò con il corpo del reato fra le mani. Mi sembrava di aver commesso un grosso delitto e sarei voluto scomparire. Ma il carabiniere mi riconobbe: ero il figlio di Memmuccio, il vicesindaco, e così, invece di essere punito come meritavo, fui premiato con l'ingresso alla tanto sospirata recita teatrale.
Mentre entravo, però, accompagnato dal carabiniere, tra la folla assiepata, mi sembrava di non meritare tanto onore e mi vergognavo come un ladro. Avevo dieci anni.
Però la passione per il teatro, sia pure di non eccelsa qualità, fu più forte di ogni sentimento (continua).



mercoledì 16 giugno 2010

Lazio: Livorno il più amato, Bari il più odiato

Qual'è la squadra più amata dalla Lazio? In base ai punti colti l'anno scorso, è senza dubbio il Livorno. E quella più odiata, più difficile da mandar giù? Sicuramente il Bari.
Tenendo conto dei punteggi ottenuti lo scorso campionato, si può stilare infatti questa classifica:
1. Livorno, punti 6, risultati 4-1 e 2-1, totale 6-2, con due gol di Floccari, 2 di Tommaso Rocchi, 1 di Kolarov e di Brocchi.
2. Genoa, punti 6, risultati 1-0 e 2-1, totale 3-1, gol di Kolarov, Dias e Floccari.
3. Siena, punti 4, risultati 1-1 e 2-0, totale 3-1, gol di Mauri, Lichtsteiner e Cruz.
4. Udinese, punti 4, risultati 1-1 e 3-1,totale 4-2, gol di Floccari 2, poi Hitzlsperger e Brocchi.
5. Bologna, punti 4, risultati 0-0 e 3-2, totale 3-2, gol di Mauri, Dias e Rocchi.
5. Chievo, punti 4, risultati 2-1 e 1-1, totale 3-2, gol di Cruz 2, poi di Stendardo.
7. Cagliari, punti 3, risultati 0-1 e 2-0, totale 2-1, gol di Rocchi e di Floccari.
8. Parma, punti 3, risultati 1-2 e 2-0, totale 3-2, gol di Zarate 2, poi di Stendardo.
9. Atalanta, punti 3, risultati 1-0 e 0-3, totale 1-3, gol di Rocchi.
10. Fiorentina, punti 2, risultati 0-0 e 1-1, totale 1-1, gol di Siviglia.
10. Napoli: punti 2, risultati 0-0 e 1-1, totale 1-1, gol di Floccari.
Fino a questo punto la classifica è accettabile: infatti la Lazio, con queste undici squadre, ha almeno salvato la faccia, con sei risultati favorevoli e cinque alla pari. E' a questo punto, contro le ultime otto rivali, che il conto diventa salato: appena un punto su sei contro cinque avversarie ( Milan, Sampdoria, Catania, Palermo e Juventus ), mentre con le tre che rimangono è addirittura disastroso: zero punti su sei totali contro Inter, Roma e...Bari, la squadra da noi più odiata, contro la quale non siamo riusciti a segnare neppure un gol!
Proseguiamo perciò la classifica, che da questo punto diventa ingloriosa:
12. Milan, punti 1, risultati 1-2 e 1-1, totale 2-3, gol di Lichtsteiner e autogol di Thiago Silva.
12. Sampdoria, punti 1, risultati 1-1 e 1-2, totale 2-3, gol di Matuzalem e Floccari.
12. Catania, punti 1, risultati 1-1 e o-1, totale 1-2, gol di Cruz.
15. Palermo, punti 1, risultati 1-1 e 1-3, totale 2-4, gol di Zarate e di Kolarov.
16. Juventus, punti 1, risultati 0-2 e 1-1, totale 1-3, gol di Mauri.
E infine, le tre bestie nere: Inter e Roma le possiamo anche accettare, ma il Bari...
17. Roma, punti zero, risultati 0-1 e 1-2, totale 1-3, gol di Rocchi.
18. Inter, punti zero, risultati 0-1 e 0-2, totale 0-3, nessun gol.
19. Bari, punti zero, risultati 0-2 e 0-2, totale 0-4, nessun gol!
Questa schiacciante doppia sconfitta con il Bari merita tutti i nostri propositi di rivalsa nel prossimo campionato. E altrettanto speriamo di fare anche contro i cugini giallorossi e i campioni d'Italia dell'Inter. Sarà tutta un'altra storia, vedrete!

martedì 15 giugno 2010

FORZA AZZURRI!

Poteva cominciare meglio, l'avventura degli Azzurri di Lippi al mondiale: ma il pareggio con il Paraguay, ottenuto di rimonta con un gran gol di Daniele De Rossi, si può considerare un risultato positivo, perchè la squadra ha giocato bene, specialmente nella ripresa, e avrebbe meritato di vincere.
Come partita di esordio, si può accettare: il Paraguay era l'avversario più duro del girone, e avremo modo di rifarci domenica 20 contro la Nuova Zelanda, e poi ancora giovedì 24 contro la Slovacchia. Siamo ancora un po' in rodaggio, e non potremo che migliorare.
Purtroppo abbiamo perduto Buffon, la cui schiena continua a fare i capricci. Ma il cagliaritano Marchetti è pure un grande portiere (noi della Lazio ce lo ricordiamo bene!) e non farà rimpiangere il buon Gigi.
Salda la difesa,con Chiellini già in forma, Zambrotta lottatore coriaceo, capitan Cannavaro con un cuore grande così, con la rivelazione Criscito che non sbaglia un colpo. Im mediana, con l'innesto di Camoranesi, le cose si sono subito assestate, e così è venuta fuori la classe di De Rossi, che sarà
il nostro Capitan Futuro anche nella Nazionale. E non parliamo di Montolivo, che è stato probabilmente il migliore in campo.
Abbiamo qualche problema in attacco. Gilardino si dà molto da fare e Jaquinta ci fa guadagnare molto spazio in avanti, ma il migliore è stato un altro romano, il dinamico e volitivo Pepe. Però abbiamo tirato molto poco in porta, e solo nella ripresa si è visto qualcosa di più con Di Natale, che non ha fatto in tempo a fare il suo solito golletto, ma vedrete che ne farà più di uno in corso di torneo. Forse sarà anche il caso di affidarsi un po' anche al sampdoriano Pazzini, un altro dal gol facile facile.
Nulla è perduto e possiamo benissimo vincere il girone. I paraguayani sono molto coriacei e resistenti, e contro di noi ce l'hanno messa tutta sapendo che sono loro quelli che ci possono contrastare il passo e metterci il bastone tra le ruote.
Noi abbiamo grande fiducia. Abbiamo appeso il tricolore come l'altra volta, e siamo sicuri che sventolerà fino alla fine. L'undici luglio ci saremo: ne siamo sicuri. E ci batteremo con tutte le nostre forze, per tornare a casa ancora una volta campioni del mondo.

Il portone di Zenaide - I miei ricordi - 71

Di fronte al portoncino di casa mia, in via Vittorio Emanuele, si spalancava l'enorme portone di Zenaide. Un portone spettacolare, nel cui interno c'era prima di tutto una piazzola al coperto, dove si poteva giocare tranquillamente in caso di pioggia, di gran freddo o anche di gran caldo.
Infatti, all'interno del portone, c'era fresco anche d'estate. Poi, un'ampia rampa di scale portava al primo piano. Sulla destra, quasi in pieno buio, c'era la porta di un primo appartamento, le cui finestre erano dirimpetto alle finestre delle nostre due camere da letto, al di là della stretta via di tre metri, nella quale poteva passare a stento un'automobile.
A sinistra delle scale di Zenaide si apriva un altro portoncino che sfociava su un cortiletto esterno con altre abitazioni. All'interno, invece, c'era un enorme ballatoio, piuttosto malmesso, che dava su un'altra ala di appartamenti, o meglio di modeste abitazioni, in quello che era un autentico dedalo.
Per arrivare alla casa vera e propria di Zenaide c'era infine un'altra rampa di scale, che portava a tre o quattro stanze assolate, con ampie finestre e un terrazzo panoramico sulla vallata.
Un'ex casa nobiliare, frammentata e suddivisa da successive spartizioni. Atrio e scale erano il regno dei nostri giochi al chiuso, come il nascondino, dato che era possibile trovare più uscite, di cui una direttamente sul vicolo del Fiore. Si favoleggiava che questi ambienti fossero infestati da apparizioni, come la chioccia dai pulcini d'oro, che magari sarà stata una normalissima chioccia smarritasi tanti anni fa per quelle scale e per quegli androni bui.
Zenaide non viveva neanche sempre ad Acuto, ma veniva solo d'estate con la sua famiglia, il marito Pietrino, usciere di un ente pubblico, e due belle ragazze: Lisetta, la più grande, sui vent'anni, e Marisa, una biondina molto graziosa, che aveva la mia stessa età.
Durante la guerra, Zenaide con le figlie si trasferì ad Acuto, nella sua grande casa dirimpetto alla nostra. C'era anche amicizia, fra noi, e quando le scuole furono chiuse, io e Marisa decidemmo di prepararci insieme agli esami di ammissione alla scuola media.
Per un paio di mesi la cosa funzionò abbastanza, ma in realtà ci accorgevamo ogni giorno delle difficoltà. Si trattava di fare il salto di un anno, non avendo frequentato bene neanche la quarta elementare. Difficoltà particolari nella coniugazione dei verbi e nella matematica. E poi c'era la guerra, c'era l'invasione dei tedeschi, stavamo tutti aspettando gli alleati fermati sul fronte di Cassino.
Così si allentarono gli studi, e un po' si allentò anche l'amicizia. Marisa era molto carina e mi trovavo bene con lei. Forse era sbocciato qualcosa, fra noi. E me ne accorsi qualche anno dopo, quando d'estate Marisa tornò ad Acuto con tanto di fidanzato adulto, e io ci rimasi piuttosto male, rimproverandomi di non aver avuto il coraggio di manifestarle il mio abbozzo di sentimento.
In realtà, le nostre strade si erano separate per sempre. L'anno dopo, mi aspettavano troppe cose, e soprattutto il collegio, che per anni avrebbe diversificato per sempre il mio ambiente personale da quello della mia famiglia e dei miei compaesani, ambiente del quale finora mi ero nutrito con mia grande felicità (continua).

lunedì 14 giugno 2010

LAZIO: è l'ora degli italiani -Antonelli-Comotto-Caracciolo

La Lazio sudamericana comincia a perdere colpi: se Lotito non si spiccia a mettere milioni sul piatto, Jorge Martinez rischia di finire alla Juventus; altrettanto potrebbe accadere per il terzino sinistro Fabio Santos, ricercato anche da Genoa e Fiorentina.E sembra stia sfumando anche la graditissima ipotesi Boghossian.
In questo modo, la Lazio formato uruguayano è in serio rischio, e a Formello si stanno studiando le possibili contromisure. Infatti, da una settimana non fanno che crescere voci "italiane": per i terzini, Antonelli del Parma, Comotto della Fiorentina e Oddo del Milan; a Boghossian nel ruolo di ariete viene contrapposto il bresciano Caracciolo, protagonista del ritorno delle rondinelle in serie A; mentre per la mediana cresce l'ipotesi di un possibile recupero di Cristian Brocchi.
L'unica notizia confortevole e sicura è che mercoledì Alvaro Gonzalez, il mediano di battaglia, prenderà la cittadinanza italiana e sarà laziale con un contratto fino al 2015.
Il resto è ancora tutto in grembo a Claudio Lotito, perchè chi vende vuole sentire solo il suono del denaro contante. Il Catania, infatti, non accetta Foggia come contropartita perchè ha un contratto troppo elevato.
Piovono invece richieste per altri giocatori laziali. I più ambiti sono Lichtsteiner, a cui aspira il Genoa e non solo, e Stephan Radu, rincorso dai tedeschi del Werder Bremen e del Borussia Dortmund. Una forte tentazione per Lotito, ma così salterebbero i punti di forza della squadra.
Oltretutto, scegliere Comotto e Oddo come sostituti significa ignorare gli anni e invecchiare la formazione, dopo tanti bei discorso sullo sfoltimento e sullo svecchiamento.
Due giovani, comunque, arriveranno sicuramente come rincalzi: l'argentino Paletta e il brasiliano Toloi. Ma anche in questo caso, bisogna mettere subito il fieno in cascina prima che arrivi qualche altro concorrente col denaro in bocca.
L'unica fonte sicura di contanti, per Lotito, rimane quella di Kolarov: è da Madrid che arriverà quel ruscelletto di denaro liquido col qualche si potrebbero salvare anche gli ingaggi di Jorge Martinez e di Fabio Santos.E il sogno di Reja di avere una grande Lazio formato sudamerica.

domenica 13 giugno 2010

Il laghetto a forma di cuore - I miei ricordi - 70

Quando gli amici non avevano voglia di giocare a pallone, o quando non trovavo nessuno disposto a seguirmi, me ne andavo tutto solo su per la montagna che sovrasta il mio paese, Acuto, un costone roccioso tutto pelato, assai divertente da scalare senza nessuna difficoltà. In paese lo chiamavano il Serrone (sierra, in spagnolo, vuol dire montagna), mentre sulle cartine topografiche è citato come Colle Madama.
Una volta, mi ricordo, per essermi fermato a sedere su una roccia per un quarto d'ora sotto il sole, a capo scoperto, presi una forte insolazione con la febbre che mi tenne immobilizzato per un paio di giorni. Un'altra volta decisi di camminare ad oltranza, in direzione Piglio (nord-ovest), finchè non avessi incontrato qualcosa di notevole.
E infatti, la trovai. La montagna, ad un tratto, si abbassò in una piccola conca pianeggiante, circondata di conifere: era un perfetto paesaggio alpino, circa all'altezza di mille metri. La cosa più stupefacente e inaspettata, era che al centro della conca scintillava un bellissimo laghetto a forma di cuore, circondato di erbe e giunchiglie, un vero picccolo paradiso, al quale probabilmente accedeva qualche pastore con il suo gregge.
Sono passati più di sessant'anni, da qual giorno, e so con certezza che quel piccolo
paradiso esiste ancora. Di solito, infatti, quei laghetti sono destinati a riassorbirsi, come il laghetto di Casanova, sotto la vecchia stazione della ferrovia Roma-Fiuggi, dove fino agli anni Quaranta si specchiava il bel panorama di Acuto, e ora è diventata una spianata sulla quale sono sorte le costruzioni di un quartiere nuovo.
Dalla mia abitazione di Cave, dove vivo con mia moglie Maria Stella e i miei tre figli, Anna,Francesca e Luca, da quarant'anni, al quinto piano di un bel palazzo in mattoni rossi, godo di un magnifico panorama verso la vallata del Sacco, compresi i monti Lepini e le città di Anagni e Ferentino, mentre sul lato opposto vedo i monti Ernici con lo Scalambra e i paesi di Serrone, Paliano, Piglio e Acuto.Ebbene, a metà strada delle montagne fra Piglio e Acuto, riconosco benissimo la spianata del laghetto circondata da conifere: proprio quel piccolo paradiso di sessanta anni fa.
Proseguendo con lo sguardo, riconosco il cimitero di Acuto, e, là sotto, la parte più antica del paese, quella che va dall'estrema punta di San Pietro al massiccio Collegio e a piazza Margherita, includendo una parte del castello e di Santa Maria.
Una volta io questo paese lo amavo intensamente, e credevo che la vita me lo avesse fatto dimenticare. Invece, rivedendolo ogni giorno da lontano, all'orizzonte, non posso fare a meno di constatare che è ancora ben dentro al mio cuore, e piano piano mi ha ispirato questi ricordi che vado ricostruendo.
Nel far così, il mio cuore si addolcisce, e mi riporta gradualmente alla mia infanzia, dolorosa e felice.
Un giorno, scendendo da quella montagna, incontrai un anziano pastore, grande amico di mio padre, che si avvicendava con il figlio alla guida del suo gregge, e scendemmo insieme le ultime rampe raccontando le nostre impressioni. Mi confermò che con le sue pecore raggiungeva ogni tanto il laghetto a forma di cuore, e che anche per loro quello era un punto di meraviglia e serenità, con il gregge che si abbeverava felice (continua).


sabato 12 giugno 2010

LAZIO fatta : Pintos Santos Gonzalez Martinez

La Lazio, così, sarebbe bella e fatta. Ha comprato quattro sudamericani: tre uruguayani e un brasiliano. Gli uruguayani sono: Pintos, Gonzalez e Martinez; il brasiliano: Santos.
Pablo Cesar Pintos, 23 anni, terzino uruguayano del San Lorenzo de Almagro, 38 presenze e 4 gol nell'ultima stagione, prenderà il posto di Biava, ringiovanendo la squadra di dieci anni.
Fabio Santos, anni 24, brasiliano con passaporto portoghese, proveniente dal Gremio, si affiancherà al coetaneo Radu, che certamente non diventerà riserva.
Alvaro Gonzalez, 26 anni, uruguayano del Nacional di Montevideo, definito "mediano di battaglia", prenderà il posto di Brocchi rientrato al Milan. La Lazio ringiovanirà così di altri 8 anni.
Infine Jorge Martinez, uruguayano del Catania, 26 anni, arriverà in comproprietà per 6 milioni più altri sei il giugno venturo, più probabilmente la comproprietà di Diakité. Martinez prenderà il posto di Kolarov, con caratteristiche ancor più offensive: ha segnato ben 9 reti lo scorso campionato. In questo caso non ci sarà però il desiderato ringiovanimento della squadra: Kolarov ha infatti due anni in meno.
Il sacrificio di Kolarov, dal quale la Lazio otterrà 20 milioni per la cessione al Real Madrid, era però necessario per irrobustire la squadra in altri ruoli. L' ossatura sarà la seguente: Muslera; Pintos, Dias, Santos (Radu); Lichtsteiner, Gonzalez, Ledesma,
Mauri, Martinez;Floccari, Rocchi (Zarate). Indubbiamente una bella formazione, equilibrata nei tre reparti, e in grado di lottare per il sesto posto.
Gli acquisti fondamentali saranno sicuramente accompagnati da altri minori, come i giovani Paletta e Toloi e almeno un forte attaccante di riserva, che potrebbe essere il ventenne brasiliano André.
Ci dovrà essere poi una robusta campagna di sfoltimento dei ranghi, che in parte sta già avvenendo: Baronio e forse Bizzarri al Bologna, Bonetto al Livorno, Makinwa al Wisla di Cracovia, Carrizo al River Plate (prestito gratuito...), Foggia in direzione Spartak di Mosca che ha veramente offerto 8 milioni e un ingaggio triennale di un milione e 300 mila.
Ancora: Diakité al Catania, ovviamente Kolarov al Real, Zauri probabilmente ancora a Genova con la Samp, Cribari gradito da un paio di formazioni emiliane; Tuja, Mendicino e Kozak faranno un altro anno di esperienza in serie B, Cruz sta cercando un posto forse nell'Albinoleffe. Siviglia e Inzaghi lasciano, quest'ultimo con un incarico di allenatore delle giovanili.
Non siamo lontani dal traguardo dei venti partenti. Resta il nucleo dei giovani classe 90, ma sono ventenni di belle speranze e non sarà difficile trovare loro una sistemazione provvisoria in B e in C a farsi le ossa. Parliamo di Perpetuini, Sevieri, Sciamanna e compagni, mentre Jannarilli potrebbe restare come terzo portiere.
Insomma, una Lazio con ancora qualche interrogativo, ma avviata per la strada giusta. E' quanto auguriamo a lei, a Lotito e a Tare: a proposito, una buona sorpresa potrebbe verificarsi tra breve per il ruolo di direttore sportivo.

venerdì 11 giugno 2010

Cantilene di bambini - I miei ricordi - 69

Certamente i bambini di ogni paese crescono, nei loro giochi, accompagnati da cantilene tradizionali, risalenti al passato, e via via modificate o variate più o meno volontariamente.
Queste cantilene si ritrovano e si somigliano un po' dovunque, da quanto si deduce da testi letterari e da raccolte di quello che oggi si chiama folklore popolare.
Oggi, veramente, queste cantilene stanno andando in disuso e si ritrovano soltanto nei paesi più piccoli, dove è facile trovarsi ancora a contatto con la natura.
Infatti, si può notare che queste cantilene si riferiscono sempre a piccoli animali, oppure a fenomeni atmosferici.
Per esempio, la lucciola. I bambini di Acuto dicevano così: "Lucciola lucciola calda calda /tira la coda alla cavalla,/la cavalla del re,/ lucciola lucciola in mano a me". La lucciola, in dialetto, è chiamata "pùccica penta".
Poi la lumaca. "Esci, esci, lumaca,/ tua madre è tornata, /è tornata dal fosso,/ ti ha portato pane e osso,/pane e cerasa / ci faremo una bella mangiata". La lumaca, in dialetto, è chiamata ciammaruca.
E ancora, la coccinella: "Andata, andata a Roma/ con le zacchere e la corona..." Infatti la coccinella è raffigurata poeticamente in un pellegrino con la sua mantella piena di macchie di fango e una corona in mano, che va verso Roma nel suo pellegrinaggio.
Poi, la pioggerella leggera di marzo: "Piove, piove / l'acquarella del bove./ Sant'Antonio sta a sentire:/toglie l'acqua e mette il sole..."
Quindi la neve che cade a larghi fiocchi: " Fiocca, fiocca / in cima alla Rocca./Moglie e marito si rappallocca..."
Poi arriva il giorno di festa, la domenica: "Domani è domenica,/tiriamo l'orecchio a Menica./ Menica va piangendo/con l'orecchio penzolando..."
Ce n'erano anche delle altre, alcune in realtà piuttosto ruvide nel linguaggio e letteralmente non riferibili, come quella di "Andrea, Andrea, Andrea,/ sette diavoli addosso teneva:/ uno entrava,/ uno usciva,/ povero Andrea, come faceva!". Le strofette erano in parte dovute all'inventiva dei singoli bambini, in parte tramandate invece come una tradizione familiare, e come tale non sempre identica da una zona all'altra del paese.
Queste cantilene riguardano sempre animaletti che vengono a contatto con i bambini, come le lucertole, o i ricci, o gli scoiattoli, o anche i lombrichi e gli scarabei, oppure i maggiolini (detti "lazze" con la zeta dura), che colpiscono i bambini con il loro mantello verde lucente e il volo improvviso. Oppure ancora la libellula, che a Rocca di Cave viene chiamata "Maria Papèra", ed è un'altra gradita compagna di giochi come la variopinta farfalla.
Ahimè, tutti animaletti che i bambini di città non potranno mai vedere, e che cominciano a diventare rarità anche nei piccoli paesi ormai troppo civilizzati. Gioco e poesia pare proprio che non vadano d'accordo con il mondo moderno: oggi i bambini preferiscono giocare con Jig robot d'acciaio (continua).

giovedì 10 giugno 2010

Una bussola per la Lazio

La Lazio è tutta un quiz. Ogni giorno che passa, anzichè portare qualche certezza, semina ulteriori dubbi.
La Lazio si agita, ma non si muove. Gli obbiettivi sarebbero anche chiari, ma l'ancora di partenza non è stata tirata su.
L'ancora è Kolarov. Tutti sanno che deve andare, che sarà del Real Madrid, Lotito l'ha promesso al giocatore, e il giocatore rivendica la promessa. Uno così non potresti più tenerlo, alla Lazio: ma se non arrivano quei 20 milioni che si spera d'incassare, sarà ancora e sempre un crescere di sondaggi.
Comunque, per il ruolo di terzino destro resiste l'ipotesi Pintos.
Per il ruolo di terzino sinistro, ancora prevale l'idea Fabio Santos, ma gli si accosta anche quella del giovane Antonelli del Parma.
Altri candidati "sciolti" per la difesa sono i giovani Gabriel Paletta, argentino del Boca Juniors, e Rafael Toloj, brasiliano del Goias, il primo valutato due milioni e il secondo tre e mezzo. L'inganno è nell'abbondanza: ma verrebbero tutti? E i venti giocatori che debbono andare via per realizzare lo sfoltimento? Più che altro si tratta di uno sfottimento.
Qualcosa di più fattibile è invece la candidatura alla sostituzione di Kolarov, che per ora si limita a due soli giocatori: il ventinovenne Clemente Rodriguez, argentino dell'Estudiantes, ma siamo già avanti con gli anni, per cui ci sembra più realistica l'idea dell'algerino Nadir Belhadj, che di anni ne ha solo 27 e sembra più adatto anche per forza fisica e slancio. Tutto sommato, l'idea avanzata da Oddi per l'udinese Asamoah, 22 anni, ghanese, sarebbe la migliore di tutte, se venisse a costare la metà di Kolarov, cioè 7/8 milioni.
Qualche speranza crescente è per la conclusione dell' affare Martinez col Catania. Sarebbe il giocatore ideale da affiancare a Floccari, Zarate e Rocchi: ma qui siamo già a quota 12 milioni, cioè quasi quanto s'incasserebbe per Kolarov. Vuol dire che Lotito, oltre a quell'incasso, dovrà tirare fuori altro dalla sua tasca. Magari quei tanto auspicati 10 milioni dello Spartak Mosca per Foggia, che in Russia potrebbe trovare la strada della rinascita. Pasqualino è volato verso il Kremlino con tutta la famiglia, per vedere se si può fare.
Ultima ipotesi dubbiosa è quella del direttore sportivo. Incassato il pesante no di Peruzzi, che ha prospettive azzurre, ora la candidatura di Nani, ex West Ham, viene affiancata da quella del napoletano Santoro, che Reja gradirebbe moltissimo.
Insomma, è tutto un ginepraio, destinato ad infittirsi se prima non arriva la buona novella da Madrid per Alexandar Kolarov.

mercoledì 9 giugno 2010

Schimmizzeringhe - I miei ricordi - 68

Nella nostra sala da pranzo, ad Acuto, c'era qualche velleità di abitazione un po' snob: intanto il soffitto a cassettone, con abbozzi di dipinti ornamentali.
Mio padre, che negli anni Venti aveva provveduto a ristrutturare la casa in cui era entrato come fresco sposo, aveva particolarmente curato quell'ambiente. Pareti a olio con una simpatica tinta verde prato; una bella finestra molto ariosa che immetteva sul terrazzo; una cristalliera per le stoviglie, sempre odorosa di erbe mediche; un ampio divano dirimpetto; e soprattutto quella tavola enorme, capace di ospitare non solo gli sposi e gli otto figli, ma anche parenti ed amici fino a un totale di venti.
Sulla parete del divano spiccava un quadro che conteneva il proclama della Vittoria di Armando Diaz del 4 novembre 1918, e due o tre medaglie e croci di guerra in bronzo, di cui andava orgoglioso mio padre, che aveva partecipato alla prima guerra mondiale nel 1915, o soli diciotto anni.
Però, la cosa che più mi attirava era una serie di quattro grandi quadri che riproducevano la leggenda di Sigfrido, della sua sposa Crimilde e del loro piccolo Schmitzring, rapito ai genitori, disperso nella foresta e allevato dai lupi.
Quei quadri, semplici riproduzioni di dimensioni notevoli e dai colori piuttosto cupi, avevano il potere di affascinarmi, e soprattutto mi affascinava il nome di quel bambino biondo: Schimmizzeringhe, come si diceva alla buona, non riuscendo a riprodurre altrimenti la difficile pronuncia.
Questa sala da pranzo ha sicuramente visto le nostre serate familiari più liete, i nostri pranzi di festa, soprattutto quello del patrono San Maurizio del 22 settembre, quando tutto il paese sembrava fervere di una vita piena di allegria e di irripetibile fascino, con le strade piene di bancarelle e di forestieri, con una grande fiera che si prolungava fino alle parti più lontane dell'abitato, la solenne processione notturna e i grandiosi fuochi di artificio. Nell'infanzia, tutto ciò sembra dieci volte, cento volte più bello.
Un po' più in là con gli anni, ricordo quell'angolo della sala da pranzo dove gran parte della famiglia si riuniva, la sera dopo cena, per ascoltare la prima piccola radio, grande come un vocabolario, che Vito, il primogenito, era riuscito a comprare con uno dei suoi primi stipendi.
Ascoltavamo estasiati, anche per due ore, qualche radiodramma o qualche commedia, e nessuno fiatava per non perdere una sfumatura di voce o un rumore particolare, come una porta sbattuta, o un suono di posate, al tavolo, o una voce che chiamava da lontano.
Ricordo drammi alla Jane Eyre o Cime Tempestose delle sorelle Bronte, commedie veneziane di Goldoni con Cesco Baseggio, o genovesi di Gilberto Govi, o napoletane del grande Eduardo De Filippo, che poi avremmo goduto, venti anni dopo, alla televisione. E venti anni dopo ancora, non avremmo più goduto, perché scomparse dalla scena, sostituite da insulsi talk show, o, peggio ancora, da insensati reality show (continua).


martedì 8 giugno 2010

Sarà Gonzalez il nuovo Brocchi

Va via Brocchi? Nessuna paura: Lotito ha già pronto il suo sostituto, si chiama Alvaro Gonzalez, è uruguayano, sta per ottenere il passaporto italiano. E' del 1983, dunque ha solo 27 anni ancora da compiere, di ben sette anni più giovane di Brocchi.
Viene definito " un mediano di battaglia", uno che da' tutto a centrocampo, recupera palloni su palloni, e si proietta anche all'offensiva.E' in scadenza di contratto e verrà a costare solo due milioni.
Sembra una bella favola, ma stavolta si dovrebbe colorare di realtà.
Un altro che sta accostandosi piano piano alla Lazio è il catanese Martinez, uruguayano anche lui. Dalla quotazione secca di 12 milioni il Catania sta adattandosi all'idea di Lotito per una comproprietà a 6 milioni, che diventerebbero 12 il prossimo anno.
Rimane ardua la prospettiva Boghossian, che tanto piace alla Lazio come sostituto di Cruz, ma 12 milioni - anche per lui - sono considerati esorbitanti. E allora sta prendendo piede una nuova proposta, stavolta brasiliana: il ventenne André, nome completo André Felipe Ribeiro De Souza, centravanti del Santos, alto 1.84, descritto come una vera forza della natura. E' destinato all'Inter, ma Moratti lo girerà alla Lazio con la formula del prestito con diritto di riscatto.
Poi c'è tutta una serie di giovani talenti, sudamericani e non, destinati - almeno sulla carta - a finire alla corte di Lotito: il diciannovenne Rafael Toloi, difensore brasiliano del Goias, che costa 3 milioni; il ragazzo francese Hakim Khadrejnane del Rennes, 18 anni, a cui la Lazio ha promesso un ingaggio di 500 mila euro; il ventitreenne cileno Carlos Carmona, che gioca nella Reggina e diverrebbe laziale per 3 milioni più la cessione di uno fra Tuja, Mendicino e Kozak a scelta.
Sembra fatta per l'acquisto di Gabriel Paletta, argentino del Boca Juniors con passaporto italiano, ma ci fermiamo qui, perché le voci sono effettivamente troppe, compresa quella del ghanese Jonathan Mensah, un gigante di 19 anni alto 1.88. Ma é arrivato il momento di stringere, e di fare in modo che tutte queste voci non siano soltanto mosche volanti.

lunedì 7 giugno 2010

La pasquetta a Mezzomonte - I miei ricordi - 67

Proprio a metà della spoglia montagna sulla quale si è sviluppato l'abitato di Acuto, lungo la strada sassosa che dalla valle ben coltivata porta su al paese, sorge una chiesetta dal fascino incredibile: la Madonna di Mezzomonte.
Una chiesetta piccola piccola, appena dotata di una campanella chiacchierina, con un semplice altare e un paio di rozzi affreschi risalenti a chissà quale tempo.
Il fascino della chiesetta risiede soprattutto nel pronao, ossia in uno spazio ombroso protetto da una tettoia, con un ampio arco e un parapetto sulla vallata, e un sedile tutto intorno, che permette allo stanco viandante, o al contadino col suo asino, di fermarsi qualche minuto, a ristorarsi e ad ammirare la magnifica campagna sottostante, aperta sull'abitato di Anagni.
Un luogo che conserva tutta la struttura e il rustico stile di un santuario francescano. Tutto intorno, non ci sono che rocce. Soltanto a primavera, dei cespugli odorosi di ginestra. Un luogo ideale per la contemplazione, il raccoglimento e l'introspezione.
Questo luogo, però, ai miei tempi, era riservato alla festa di pasquetta. Piccoli gruppetti di giovani, o di famiglie, si recavano qui il lunedì dell'Angelo per una festa rustica molto sentita.
Si preparavano per l'occasione anche dei dolci tipici: il tortolo, cioè un'austera torta fatta solo di farina addolcita e profumata con l'anice; le tipiche pupattole al forno, con le mani ripiegate sul ventre a proteggere un uovo sodo, simbolo della fertilità, certamente un dolce di origine pagana che si fa anche a Frascati, e che per i bambini maschi veniva sostituito da un agnello, esso pure con l'uovo sodo sul ventre; e poi
le corticchiozze, un dolce veramente prelibato, impastato col vino rosso e ricoperto di zucchero, con forme che riproducono una specie di S ricca di ghirigori, piuttosto duro e delizioso da sgranocchiare. C'erano anche le ciambelle di magro, bollite e inzuccherate con una glassa bianca dal gusto aromatico e irresistibile.
Ai nostri tempi non c'erano davvero le tante bevande moderne, ma ci si ristorava con acqua fresca, vino bianco leggero o qualche gazosa. Si stava un bel po' sotto il sole di aprile, non ancora cocente e comunque mitigato da una dolce brezza di montagna, oppure ci si andava a riposare sul fresco sedile nell'atrio della chiesetta.
Altri divertimenti non c'erano. Si trattava solo di una gita, di una merenda allegra, di quattro chiacchiere tra amici e parenti, e poi si tornava su in paese. Nel primo dopoguerra, la gita si ripeteva di lì a pochi giorni per celebrare il primo maggio.
Poi, con l'andare del tempo, si preferì andare al santuario più lontano della Madonna della Stella, sul lago di Canterno.
Con l'arrivo dell'automobile come mezzo di massa, tutte queste rustiche tradizioni sono andate perdute. Rimane soltanto qualche vecchia foto in bianco e nero fra le rocce della Madonna di Mezzomonte, a ricordare un periodo in cui della povertà nessuno si vergognava o sentiva il peso, e bastava un'allegra risata in comitiva per sentirsi felici.
Oggi no. Basta che il vicino abbia una casa più grande, o una macchina più potente, o un mestiere meglio remunerato, perché nasca un sentimento diverso, che divide piuttosto che unire. E poi la politica, che fa il resto (continua).

domenica 6 giugno 2010

La ricchezza di Pasqualino Foggia

* Lo sfoltimento della rosa comincia a prendere piede. Sul binario di partenza, in questo momento, troviamo almeno sei o sette giocatori. Primo caso: ZAURI. Sembra che la Sampdoria sia interessata nuovamente al giocatore, e pertanto farebbe scattare il suo diritto di prelazione. Reja aveva fatto qualche pensierino su Luciano, ma al giocatore sarebbe conveniente restare alla Samp, dove indubbiamente ha più spazio.

*HITZLSPERGER: è ufficiale, gli inglesi del West Ham si sono assicurati il giocatore tedesco, che alla Lazio non hanno capito, o meglio lui non ha fatto molto per farsi capire. Senza dubbio il clima rigido dell'Inghilterra è più utile a Thomas. Lo salutiamo con un po' di rammarico.

* BIZZARRI sembrava destinato a tornare in Argentina, ma ora si è fatto avanti il Bologna che sembra piuttosto interessato. Se il portiere risulterà integro fisicamente, la squadra rossoblu potrebbe davvero fare un colpaccio.

* BARONIO piace molto a Colomba, e ormai pare destinato a diventare il centrocampista-guida dei petroniani. Anche qui si tratta di un giocatore che alla Lazio sarebbe chiuso, e invece a Bologna potrebbe dare seguito alle belle prestazioni dello scorso campionato.

* MAKINWA non ha un grandissimo mercato, ma c'è il Wisla, squadra polacca, che gli farebbe un contratto a 800 mila euro. Ci sarebbe poi anche una squadra tedesca interessata all'attaccante, che alla fine si dovrebbe sistemare.

*CARRIZO è un altro che troverà posto in una squadra argentina, anche se le sue pretese contrattuali dovranno essere riviste verso il basso. Tutti sanno che il giocatore vale, ma nessuno è disposto a fare follie, approfittando della situazione.

* KOLAROV: parte o non parte? Al giocatore farebbe estremamente piacere seguire Mourinho al Real Madrid, ma in questo momento la Lazio, alzando le sue pretese a 20 milioni, fa capire di essere disponibile a tenere il difensore serbo per un'altra stagione. Vedremo...

*E veniamo ai possibili arrivi. Si parla tanto di un cambio BROCCHI-ODDO. Per noi sarebbe una follia. Brocchi si è dimostrato cuore e anima della Lazio formato riscossa: cuore del gioco e del centrocampo. Ha pure segnato e sospinto la squadra. Il Milan gli piace, ma la Lazio farebbe un errore a darlo via in cambio di Oddo, che è un doppione di Lichtsteiner (a proposito: complimenti per la bella partita giocata contro l'Italia ) e farebbe fatica a trovare un posto da titolare.

*MARTINEZ. L'interesse della Lazio per l'uruguayano del Catania è sempre forte. Però il prezzo di 12 milioni sembra esagerato, e si dovrebbe trovare una forma di compromesso. Pasqualino Foggia, valutato 10 milioni, sarebbe un'ottima merce di scambio, e un leggero conguaglio potrebbe bastare per ottenere il centrocampista etneo.

* A proposito di Pasqualino FOGGIA. L'offerta dello Spartak Mosca - 10 milioni, appunto - ha rilanciato sul mercato un calciatore chiuso alla Lazio, ma di grande valore, che altrove farebbe scintille. Questa rivalutazione di Foggia finirà per diventare la vera ricchezza della Lazio in questa fase del mercato.

*BOGLIACINO. Se non arriva MARTINEZ, Reja ha già trovato l'eventuale sostituto nell'uruguayano - un altro! - del Napoli. Sarebbe un giocatore da rilanciare, ma adatto al gioco della Lazio. Bisogna vedere quanto chiederà il Napoli.

* Una serie di terzini italiani è stata accostata in questi giorni alla Lazio: ANTONELLI del Parma, quotato 6 milioni; MANTOVANI del Chievo, che costa anche di più ed è molto ricercato; COMOTTO della Fiorentina, ma ha 32 anni e forse è meglio dar fiducia a qualche giovane.

*Un giovane terzino sinistro svedese che gioca in Svizzera, nel Basilea, Behrang SAFARI, sembra pure interessare a Reja e a Lotito, ma questo in caso di cessione di Kolarov.

* Un vero nome boom è quello del centravanti SANTA CRUZ, argentino militante nel Manchester City: la Lazio farebbe dei sacrifici per averlo, è molto quotato, ma l' ingaggio è molto alto e non sembra incoraggiare la trattativa. Però non si sa mai.

* Se il Real Madrid dovesse veramente arrivare a KOLAROV, potrebbe cedere come parziale contropartita il laterale sinistro Drenthe, olandese, che non va d'accordo con Mourinho.

*Juan ALBIN, fantasista del Getafe; Rafael TOLOI, difensore del Goias, valutato 3 milioni; e Gabriel PALETTA, attaccante del Boca Junior con passaporto italiano, valutato 2 milioni, sono le ultimissime novità tra i possibili arrivi alla Lazio.

*Ancora una voce: l'offerta laziale per il gigante BOGHOSSIAN è stata considerata troppo bassa dal Newell's Old Boys. La trattativa potrebbe saltare. Ma alla Lazio sono convinti del contrario.

sabato 5 giugno 2010

I soldi del cassetto - I miei ricordi - 66

Quando c'erano le grandi feste, ad Acuto, due o tre volte all'anno (15 agosto, l'Assunzione; 22 settembre, San Maurizio; e ogni tanto qualche anniversario speciale), arrivavano mercivendoli da ogni parte, e in periferia c'era anche il commercio di animali: cavalli, muli, asini, pecore, capre, maiali, bovini, conigli e altri ancora.
Ma a noi bambini interessavano altre cose: le giostre, prima di tutto, con caroselli, tiri a segno, pugno di ferro, lancio degli anelli con piccoli pesci rossi in premio e tante altre fantasiose invenzioni.
Un anno, mi ricordo, proprio di fronte al negozio di mio padre al corso Umberto, venne un ambulante che portava con sé una semplice tavola di legno, in cui erano cinque o sei tondini circondati da chiodi: se, lanciando una moneta, facevi centro, ti davano come premio cinque volte il valore della stessa moneta che era incollata in fondo al tondino.
Chissà perché, quel marchingegno colpì la mia immaginazione. E allora, mentre mio padre era tutto preso dalla contrattazione con un cliente, io andai zitto zitto al cassetto, presi una moneta da mezza lira, e andai a lanciarla sulla tavola chiodata dell'ambulante. Naturalmente feci cilecca.
Non contento, tornai al cassetto di mio padre, presi un'altra moneta, non importa
di quale taglia, riprovai, e l'esito fu lo stesso.
Forse al terzo colpo, qualcuno notò che un bambino di otto anni stava giocando d'azzardo, sia pure con monete di piccolo taglio, e corse a riferire la cosa a mio padre nel negozio che era lì di fronte all'ambulante.
Mio padre, pazientemente, mi attese: appena aprii il cassetto, mi si parò davanti, mi afferrò per un braccio, e mi fece una solenne ramanzina davanti a tutti gli avventori incuriositi e all'amico che aveva denunciato l'accaduto al legittimo proprietario del cassetto.
Una lezione bruciante, che ricordai per tutta la vita. Forse è di lì che è nata in me l'avversione per qualunque gioco di denaro, perfino della schedina del totocalcio o del gioco del lotto, e la convinzione che risparmiare il denaro delle giocate sia la vera vincita che qualcuno possa fare.
Recentemente, con un gruppo di amici, per un paio d'anni abbiamo giocato al lotto
delle piccole cifre, utilizzando il denaro delle vincite per andare a pranzo con le nostre consorti. Ma poi ci siamo resi conto che, con i soldi delle giocate, avremmo potuto pagare non uno, ma quattro pranzi. E così abbiamo finito col non farne più nemmeno uno.
In realtà, si gioca non tanto per la vincita, quanto per il gusto del gioco. Era quella la molla che mi spingeva ad andare al cassetto di mio padre e rubarne qualche monetina, che lui non mi avrebbe mai regalato per non farmi correre il rischio di un vizio che in età infantile può essere assai pericoloso.
La stessa dinamica di gioco delle monete era quella d'infilare dei piccoli anelli metallici sul collo dei pupazzi piazzati sul bancone a una certa distanza. In questo caso il premio consisteva non in denaro,ma in un simpatico pesciolino rosso fornito in una busta trasparente piena d'acqua. Una volta, riuscii a vincerlo con mia grande gioia, e poi a perderlo con gran dispiacere per non essere riuscito a nutrirlo (continua).

venerdì 4 giugno 2010

Sfumato D'Agostino, arriva speedy Gonzalez

Tutti dicono che Lotito dorme: invece è sveglio, e si è piazzato sul mercato uruguayano. Infatti, se da una parte tu bestemmi perchè D'Agostino è finito dritto dritto alla Fiorentina, dall'altra vieni a sapere che il laterale sinistro del Nacional Montevideo, Alvaro Gonzales, è in pratica diventato biancazzurro, e sarà proprio lui l'erede di Ledesma.
Gonzalez, detto "il Tata", cioè il papà, perché si porta sempre dietro il primogenito di pochi mesi - un po' come Totti - è di un anno più giovane sia di Ledesma che di D'Agostino, ventisei anni contro ventisette, e stando ai fatti ha all'incirca lo stesso valore, poichè era fra i candidati ai mondiali - mentre non lo erano né D'Agostino né Ledesma - ha un fisico poderoso, un carattere gioviale, dal punto di vista umano ha tanti bei pregi che lo rendono simpatico.
E' in scadenza di contratto col Nacional e sta per prendere il passaporto italiano, questione di due giorni: dopodichè, all'inizio della prossima settimana, sarà a Roma per sottoscrivere il contratto, per una cifra complessiva che si aggira intorno ai due milioni.
Pare ormai sicuro che Ledesma lasci la Lazio, e il suo procuratore ha fatto capire che Mourinho lo prenderebbe insieme a Kolarov nel Real Madrid, assicurandosi due ottimi giocatori con una spesa inferiore ai 30 milioni, comunque oro per la Lazio.
La società di Formello sta mettendo in fila una serie di giocatori uruguayani: dopo Muslera e Barreto, ecco il terzino Pintos, il laterale Gonzalez e quasi sicuramente anche il gigantesco centravanti Boghossian, l'erede di Cruz, che però verrebbe a costare 12 milioni ( in due rate da 6 col sistema della comproprietà).
Sono tutti giocatori quotati, anche perchè il calcio uruguayano ha poco o nulla da invidiare a quello brasiliano ed argentino, e i suoi calciatori, quasi tutti della capitale Montevideo, hanno un maggior grado di adattabilità al calcio italiano, come dimostra anche il catanese Martinez, altro elemento seguito dalla Lazio malgrado il costo eccessivo (sempre di 12 milioni).
Insomma, Lotito sta smaltendo la malattia dell'Argentina per passare a quella dell'Uruguay. Speriamo che gli vada meglio, e soprattutto che Reja sia d'accordo con lui.

giovedì 3 giugno 2010

Lazio europea e Lazio sudamericana


LAZIO EUROPEA
BERNI
LICHTSTEINER STENDARDO RADU
BROCCHI BARONIO DEL NERO
FOGGIA MAURI
FLOCCARI ROCCHI

LAZIO SUDAMERICANA
MUSLERA
PINTOS DIAS SANTOS
MATUZALEM LEDESMA GONZALEZ
BARRETO MARTINEZ
ZARATE BOGHOSSIAN

Dopo Pintos, arriva Santos: abbiamo i Santi Dipinti

Importanti movimenti, in casa Lazio: dopo il terzino destro Pintos, arriva anche il terzino sinistro Fabio Santos. Sarà proprio lui l'erede di Kolarov: è il terzino sinistro del Gremio, squadra brasiliana, ed ha passaporto portoghese, per cui non vi saranno complicazioni extracomunitarie.
Verrà a costare la modica cifra di due milioni, è giovane e forte, e con quel nome lì fa pensare subito alla dinastia dei Djalma Santos e dei Nilton Santos. Chissà che la Lazio non abbia centrato un eccellente acquisto: certamente troverà spazio accanto al connazionale Dias, che dopo un inizio stentato ha concluso magnificamente la scorsa stagione, rivelandosi un punto di forza per la squadra anche con due gol perentori e decisivi.
Una Lazio sempre più sudamericana. Basta pensare a Muslera, Dias, Pintos, Matuzalem, Zarate, e non finisce neanche qui, perchè sul binario di arrivo si aspettano anche Boghossian e forse Martinez e chissà chi altro ancora.
A proposito di Muslera. Finalmente ha firmato, e sarà laziale per contratto fino al 2015: questo significa che per altri cinque campionati potremo contare su un portiere davvero esplosivo, il cui rendimento, col tempo, non potrà che migliorare.
Ai miei tempi ( anni 60, per sbrigarci) era in voga un detto: "Portiere para, grande squadra". Speriamo che, con un grande portiere, nasca e cresca una grande Lazio.
Altra notizia, non molto gradita, è quella che riguarda Ledesma: non firmerà alcun nuovo contratto con la Lazio, rimane la scadenza 2011, e quindi la certezza che la prossima estate partirà: Lotito intende venderlo, ricavarci 15 milioni, prima di ritrovarsi un giocatore libero in scadenza di contratto, cioè con entrata a rischio zero.
Noi siamo affezionati a Ledesma, ma prepariamoci alla brutta notizia, e aspettiamo in cambio magari il promesso D'Agostino, che come rendimento è a un dipresso allo stesso livello di Cristian ed ha anche la stessa età.
Altro sicuro partente, come si è visto, è Kolarov. Tra lui e Ledesma la Lazio potrebbe incassare quei 30 milioni con cui fare una ricca campagna acquisti, a cominciare da Boghossian, per il quale si sta stringendo per una comproprietà a 6 milioni. E ben venga pure il catanese Martinez, se ce la faremo, perchè il suo costo è abbastanza elevato: 12 milioni, quanti ne vuole il Catania.
Intanto si è sistemato uno dei due portieri in uscita. Bizzarri torna in Argentina. Stessa sorte dovrebbe toccare a Carrizo. Tanto noi abbiamo Muslera e un vice di pieno affidamento come il fiorentino Berni, ormai collaudato e fiducioso in se stesso.
Per ora può bastare. Si sta delineando, tutto sommato, una Lazio non c'è male. Nessuna nostalgia per chi parte, e molta fiducia in chi arriva.





































mercoledì 2 giugno 2010

Fiducia a Tuja, il piccolo Nesta

Se vuoi avere un vivaio che funziona, tu un dieci per cento delle tue risorse atletiche lo devi riservare ogni anno ai ragazzi che provengono dalla Primavera. Siete in 25 titolari?Ebbene, 2/3 elementi debbono essere giovanissimi:18/20 anni.
Deve essere un obbligo inderogabile. Quei due/tre ragazzi li tieni insieme agli altri a guardare, a imparare: stai sicuro che, prima o poi, l'occasione buona per l'esordio si verificherà.
Così cominciò Alessandro Nesta. Così Marco Di Vaio. Così Bruno Giordano. Così Leonello Manfredonia.Così Vincenzino D'Amico.
Certo, se come secondo o terzo rincalzo tieni un trentenne, i giovani del tuo vivaio non riuscirai mai a valorizzarli.
Ecco perché, quest'anno, io darei fiducia ad Alessandro Tuja, già definito il piccolo Nesta. Guarda caso, ne porta anche il nome. L'anno di esperimento al Monza ha dato i suoi frutti, ha giocato tredici volte da titolare e altrettante è subentrato nel corso della gara. Segno che su di lui ci puoi contare, almeno per farlo crescere ancora, dargli fiducia, sgrossarlo, farlo anche sbagliare: spesso sbagliano anche i grandi, no? Per un giovane, anche lo sbaglio è salutare: starà molto più attento la seconda volta.
Se non hai coraggio, dal giovane e promettente allievo il grande campione non lo caverai mai.
Se pensi che, per avere un Barreto, hai dovuto tirar fuori cinque milioni in due rate,
capirai sùbito che vale la pena rischiare qualcosa con un Tuja o con un Perpetuini.
E che valeva la pena tenersi un Faraoni senza il rischio di vederlo diventare grande all'Inter. Ma ci deve essere, alla guida del vivaio, uno come Bruno Conti, che prima li alleva e poi li lancia. A cominciare dai suoi figli.