Proprio a metà della spoglia montagna sulla quale si è sviluppato l'abitato di Acuto, lungo la strada sassosa che dalla valle ben coltivata porta su al paese, sorge una chiesetta dal fascino incredibile: la Madonna di Mezzomonte.
Una chiesetta piccola piccola, appena dotata di una campanella chiacchierina, con un semplice altare e un paio di rozzi affreschi risalenti a chissà quale tempo.
Il fascino della chiesetta risiede soprattutto nel pronao, ossia in uno spazio ombroso protetto da una tettoia, con un ampio arco e un parapetto sulla vallata, e un sedile tutto intorno, che permette allo stanco viandante, o al contadino col suo asino, di fermarsi qualche minuto, a ristorarsi e ad ammirare la magnifica campagna sottostante, aperta sull'abitato di Anagni.
Un luogo che conserva tutta la struttura e il rustico stile di un santuario francescano. Tutto intorno, non ci sono che rocce. Soltanto a primavera, dei cespugli odorosi di ginestra. Un luogo ideale per la contemplazione, il raccoglimento e l'introspezione.
Questo luogo, però, ai miei tempi, era riservato alla festa di pasquetta. Piccoli gruppetti di giovani, o di famiglie, si recavano qui il lunedì dell'Angelo per una festa rustica molto sentita.
Si preparavano per l'occasione anche dei dolci tipici: il tortolo, cioè un'austera torta fatta solo di farina addolcita e profumata con l'anice; le tipiche pupattole al forno, con le mani ripiegate sul ventre a proteggere un uovo sodo, simbolo della fertilità, certamente un dolce di origine pagana che si fa anche a Frascati, e che per i bambini maschi veniva sostituito da un agnello, esso pure con l'uovo sodo sul ventre; e poi
le corticchiozze, un dolce veramente prelibato, impastato col vino rosso e ricoperto di zucchero, con forme che riproducono una specie di S ricca di ghirigori, piuttosto duro e delizioso da sgranocchiare. C'erano anche le ciambelle di magro, bollite e inzuccherate con una glassa bianca dal gusto aromatico e irresistibile.
Ai nostri tempi non c'erano davvero le tante bevande moderne, ma ci si ristorava con acqua fresca, vino bianco leggero o qualche gazosa. Si stava un bel po' sotto il sole di aprile, non ancora cocente e comunque mitigato da una dolce brezza di montagna, oppure ci si andava a riposare sul fresco sedile nell'atrio della chiesetta.
Altri divertimenti non c'erano. Si trattava solo di una gita, di una merenda allegra, di quattro chiacchiere tra amici e parenti, e poi si tornava su in paese. Nel primo dopoguerra, la gita si ripeteva di lì a pochi giorni per celebrare il primo maggio.
Poi, con l'andare del tempo, si preferì andare al santuario più lontano della Madonna della Stella, sul lago di Canterno.
Con l'arrivo dell'automobile come mezzo di massa, tutte queste rustiche tradizioni sono andate perdute. Rimane soltanto qualche vecchia foto in bianco e nero fra le rocce della Madonna di Mezzomonte, a ricordare un periodo in cui della povertà nessuno si vergognava o sentiva il peso, e bastava un'allegra risata in comitiva per sentirsi felici.
Oggi no. Basta che il vicino abbia una casa più grande, o una macchina più potente, o un mestiere meglio remunerato, perché nasca un sentimento diverso, che divide piuttosto che unire. E poi la politica, che fa il resto (continua).
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