domenica 13 marzo 2011

Vita di collegio: 9. Il taglio con la lametta

Molte lezioni, specialmente di latino, ma anche d'italiano e francese, erano estremamente interessanti, arricchite da letture, recite, esercitazioni poetiche, gare...Il livello medio era certamente buono.
Un po' noiose erano invece le lezioni di storia, svolte in forma mnemonica, e geografia, specialmente quest'ultima. Non avevamo né fotografie né diapositive né filmati, appena delle cartine geografiche continentali, e passavamo le ore leggendo.
La nostra ignoranza in materia era tanta. Ricordo che una volta mi capitò di leggere un argomento riguardante la Spagna, dove si parlava di tori e di plazas de toros. Incontrai una parola mai sentita, e io lessi "còrrida", suscitando le risate e le espressioni di scherno di un solo alunno, quell'Alivernini proveniente da Roma, dei caracciolini, che evidentemente sapeva parecchie cosette più di noi. Facendo i conti, penso che dovesse essere parente di quell'Alivernini che fece parte della organizzazione del Festival della Canzone di Sanremo: aveva preciso preciso la stessa testa di cavallo con degli occhi bovini. Peccato che non ne ricordi il nome. Se era lui, si poteva capire benissimo che proveniva da una famiglia romana di una certa cultura, e che conosceva dunque nomi, usi e costumi europei. Ma forse era soltanto un suo fratello di qualche anno più anziano.
Durante l'ora di geografia c'era comunque il rischio maggiore di distrazioni e di spostamenti di attenzione verso altri argomenti.
Una volta, ricordo, mi era capitata tra le mani una lametta per barba, e io mi misi a tagliare un po' di peli sulla mia gamba destra. Infatti, avevamo i calzoncini corti. La lametta non andò per il verso giusto, e io mi feci un bel taglio. La gamba comiciò a sanguinare. Chiesi permesso e andai al bagno, dove c'erano dei rubinetti dell'acqua corrente, e con un fazzoletto bagnato riuscii a fermare il sangue in pochi minuti, e ritornai in classe. Porto ancora sulla coscia un bel segno, a perenne ricordo di quella sciocchezza.
Un'altra volta, padre Mario mi chiamò alla lavagna a scrivere la lezione che mi dettava. Si parlava del Mar Tirreno e della Sardegna, e ricordo che, per rimediare alla noia, mi divertii a scrivere grandi sciocchezze, come l'isola d'Erba e le bocche di Bonifacio VIII, senza che se ne accorgessero né padre Mario né i mei compagni. Per evitare rischi di punizioni e altro, quando la lavagna fu riempita cancellai rapidamente le mie variazioni irriverenti, e nessuno si accorse di nulla. Almeno credo.

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