venerdì 11 marzo 2011

Vita di collegio: 8. Lo schiaffo di Anagni

Erano le otto, ormai. Si scendeva in perfette file a due dallo studio verso il refettorio, due piani più in basso, per la cena.
Il corridoio era appena rischiarato dalle deboli luci sui muri. D'improvviso, io che ero in seconda o terza fila della classe prima media, mi sento colpire da uno schiaffo di una violenza inaudita sulla mia guancia destra. Mi volto: è don Francesco Fiaschetti, uno dei giovani sacerdoti che fungono da prefetti nelle singole classi e rispettive camerate.
Uno schiaffo così violento non lo avevo ricevuto mai, e mai lo avrei ricevuto, tra i rarissimi schiaffi ricevuti in vita mia. Che cos'era successo? Cosa avevo fatto per meritarmelo? Nulla. Ma non impiegai molto tempo per capirlo.
Don Francesco Fiaschetti aveva gli occhiali, e nella penombra non ci aveva visto
bene. Ma soprattutto, don Francesco aveva un fratellino minore, Luigi come me, nella mia stessa classe e camerata, al quale lui impartiva continuamente ripetizioni d'italiano e latino.
Luigi Fiaschetti era uno dei tre Luigi della mia classe, insieme a me, Luigi Jadicicco, e a Luigi Canali. Un trio affiatatissimo, che insieme al mio amico e paesano Santino Pompili componevamo un quartetto d'inseparabili.
Luigi Fiaschetti era un po' duro e lento in italiano e latino, e il fratello maggiore se ne dispiaceva assai, e lo faceva maturare a suon di schiaffoni. Siccome avevamo la stessa altezza e ci somigliavamo come due gocce d'acqua, fu facile per don Francesco scambiarmi per il suo fratello minore e colpirmi con tanta violenza con la quale forse era abituato a colpirlo. Ma quella volta certo ancora di più: probabilmente aveva parlato con i nostri insegnanti e saputo che il ragazzo non andava bene.
Poi Luigino è maturato, e come, e si è anche laureato, e mi pare sia diventato un avvocato di un certo valore.
Quella sera, però, io pagai per lui. Don Francesco si accorse subito di aver sbagliato, e mi chiese abbondantemente scusa. Ma l'impronta della sua mano rimase stampata sulla mia guancia per alcune ore. Pensai anche, malignamente, che siccome io andavo invece molto bene nei compiti in classe e nelle lezioni, si fosse voluto sfogare un po' contro di me. Pensieraccio.
La violenza e la gratuità di quello schiaffo hanno pesato su di me per un po' di tempo. In tutta la mia vita, di schiaffi morali ne ho subiti in gran quantità, ma di schiaffi fisici pochissimi, e oltre a quello non ne ricordo molti. Non permettevo neanche a mia madre di colpirmi, e mio padre non mi colpì mai. Nei miei comportamenti ho sempre fatto in modo di evitare di fare o di subire qualunque violenza fisica. Solo le violenze morali non possono essere evitate, neanche con la migliore volontà.
Lo schiaffo di don Francesco Fiaschetti è rimasto sempre, in questo senso, uno stimolo fortissimo nella mia vita.

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