lunedì 7 marzo 2011

Vita di collegio -6- Dieci seminaristi, un solo prete

A questo proposito, noi ragazzi di Acuto abbiamo battuto ogni possibile primato. In un paese dove non esistevano le scuole medie, l'unica possibilità di acquisire una cultura superiore era quella di trascorrere quattro o cinque anni in seminario.
Esisteva anzi una norma. I migliori alunni usciti dalle scuole elementari avevano diritto a due posti nel seminario di Anagni. A me toccò insieme al mio amico Santino Pompili. Ma a due famiglie in particolare, i Pilozzi e gli Iadicicco, appartiene questo primato: sei figli i primi, quattro figli i secondi, tutti hanno passato la trafila del seminario, e soltanto uno, Angelino Pilozzi, ha raggiunto il sacerdozio, distinguendosi per umiltà, alto impegno morale e altissimo senso di giustizia sociale.
Don Angelo è tuttora vivo e operante, anche se molto anziano, e a lui va ovviamente la gratitudine delle due famiglie di Francesco Pilozzi e Domenico Iadicicco, legate da un vincolo di parentela.
I nostri, oltretutto, erano tempi piuttosto buoni per il sacerdozio. Ogni famiglia avrebbe voluto avere il suo sacerdote. Avere la vocazione era soltanto un "optional". Nessuno ti chiedeva se ce l'avessi veramente. Ma vi pare che un sacerdote severo e vigilante come don Giovanni Salina accettasse così disinvoltamente nel suo seminario ogni qualsiasi studente? Era costretto a farlo, nella speranza che tutto andasse bene. Lui "seminava" dieci e si accontentava di raccogliere anche uno. Questo assicurava almeno un nuovo sacerdote all'anno, in una diocesi piccola come quella di Anagni, che raggiungeva a stento gli ottantamila abitanti e poteva avere circa una cinquantina di parrocchie.
Se i miei calcoli sono giusti, nel corso degli anni si creava una sovrabbondanza di sacerdoti, e se si calcolavano anche i religiosi dei vari ordini, francescani, domenicani, agostiniani, gesuiti e via dicendo, per la cura delle anime non c'erano problemi e c'era una ricca disponibilità di missionari.
Man mano che si aprivano le scuole medie dell'obbligo, i seminari entravano in crisi. I candidati al sacerdozio, sia degli ordini secolari (provenienti dai seminari) sia degli ordini religiosi (provenienti dai conventi) sono diminuiti così rapidamente che la Chiesa ha dovuto correre ai ripari, riducendo il numero delle parrocchie e delle diocesi, e importando sacerdoti dalle terre una volta evangelizzate dai missionari (Africa, Asia e Sud America).
Fino agli anni Sessanta, comunque, i seminari sono stati fiorenti, e i pochi giovani che arrivavano al sacerdozio erano senza dubbio il risultato di una selezione molto ampia e severa.
Quanti nostri paesi, oggi, hanno un parroco paesano? Quasi nessuno. Molti hanno invece un parroco africano o sudamericano. Dall'Africa e dal Sud America molti ragazzi oggi entrano ancora nei seminari perché c'è fame e scarsa possibilità di studi superiori.
Una volta era frequente il fatto che un ragazzo andasse in seminario soltanto con l'idea di ottenere un titolo di studio. Oggi accade l'inverso: che un ragazzo, arrivato alla maturità o anche alla laurea, scopra all'improvviso una vera vocazione religiosa.
E' accaduto abbastanza di recente a un mio nipote, che, attesissimo nell'azienda paterna dopo aver acquisito il titolo di studio pertinente, ha scelto all'improvviso la via di un umile ordine religioso, dedicandosi con passione alla sua missione
sacra nella terra di San Francesco d'Assisi.

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