Un collegio veramente stupendo, quello del Leoniano, di Anagni, nato per la formazione dei sacerdoti a livello regionale. Fu istituito agli inizi del Novecento da papa Leone XIII, quello dell'enciclica "Rerum Novarum", gloria di Carpineto Romano e della diocesi di Anagni, il primo papa che ebbe una visione sociale della Chiesa e affrontò la questione del mondo operaio e della lotta di classe.
Il Leoniano, una magnifico palazzo di tre piani, di enormi dimensioni, struttura a ferro di cavallo con un corpo centrale e due ali laterali più brevi, sorge su una collina verdissima fuori dell'abitato dell'antica città ernica. Si distingue nettamente nel panorama urbano, con la sua posizione rivolta a nordest, verso Paliano e Acuto. In questo palazzo si radunavano tutti gli allievi dei seminari minori diocesani, per completare gli studi superiori: tre anni di filosofia, corrispondenti agli anni del liceo classico, e quattro anni di teologia, corrispondenti a un regolare corso di laurea di tipo umanistico e filosofico. Un seminarista entrava al Leoniano a sedici anni, e ne usciva sacerdote a 23 anni. Accedere al Leoniano era considerato un altissimo privilegio, riservato a poche decine di giovani aspiranti al sacerdozio provenienti da tutto il Lazio, e talora anche dall'estero, come dalla Germania (Baviera) o dalla Polonia.
Noi giovanissimi del seminario minore diocesano andavamo talvolta in passeggiata fino a quel magnifico collegio, circondato da un ampio giardino ricco di palme e di cedri del Libano. A fine anno scolastico, gli alunni del Leoniano organizzavano una recita teatrale di grandissimo effetto, alla quale venivamo invitati anche noi, con nostra somma gioia. La recita era in costume, e durava non meno di due ore.
Per noi, era come assistere a una "prima" in un grande teatro cittadino. Ovviamente cercavamo sul palcoscenico la presenza di "attori" provenienti dal nostro piccolo collegio, e facevamo un tifo del diavolo per loro, a prescindere dalla loro bravura.
Per due o tre anni partecipò alla recita il futuro don Angelo Pilozzi, di Acuto, nostra "piccola gloria", bravissimo nelle vesti di attore come poi è stato (ed è tuttora) bravissimo sacerdote per oltre cinquant'anni, in parrocchie poverissime come quella di Porciano, dove i fedeli, anziché in denaro, pagavano le messe, i battesimi, i matrimoni e i funerali con caciotte, ricotte, bottiglie d'olio o di vino, in pieno spirito evangelico e con autentico affetto.
Dopo il "nostro" don Angelo, in oltre sessant'anni, i sacerdoti venuti fuori dai paesi della diocesi di Anagni sono stati pochissimi, da potersi contare quasi sulle dita di poche mani, in media uno ogni tre o quattro anni. Crisi delle vocazioni religiose, e non solo.
La crisi delle vocazioni, dovuta all'incremento del benessere e all'ampliamento dell'istruzione pubblica, altro non è che il risultato di un imbarbarimento dei costumi e di una progressiva scristianizzazione dei sentimenti, al di là delle apparenze. L'Europa di oggi è un'Europa molto più ricca e progredita di quella di cinquant'anni fa, ma intimamente meno cristiana e meno disposta alla severità dei costumi.
Il Leoniano, una magnifico palazzo di tre piani, di enormi dimensioni, struttura a ferro di cavallo con un corpo centrale e due ali laterali più brevi, sorge su una collina verdissima fuori dell'abitato dell'antica città ernica. Si distingue nettamente nel panorama urbano, con la sua posizione rivolta a nordest, verso Paliano e Acuto. In questo palazzo si radunavano tutti gli allievi dei seminari minori diocesani, per completare gli studi superiori: tre anni di filosofia, corrispondenti agli anni del liceo classico, e quattro anni di teologia, corrispondenti a un regolare corso di laurea di tipo umanistico e filosofico. Un seminarista entrava al Leoniano a sedici anni, e ne usciva sacerdote a 23 anni. Accedere al Leoniano era considerato un altissimo privilegio, riservato a poche decine di giovani aspiranti al sacerdozio provenienti da tutto il Lazio, e talora anche dall'estero, come dalla Germania (Baviera) o dalla Polonia.
Noi giovanissimi del seminario minore diocesano andavamo talvolta in passeggiata fino a quel magnifico collegio, circondato da un ampio giardino ricco di palme e di cedri del Libano. A fine anno scolastico, gli alunni del Leoniano organizzavano una recita teatrale di grandissimo effetto, alla quale venivamo invitati anche noi, con nostra somma gioia. La recita era in costume, e durava non meno di due ore.
Per noi, era come assistere a una "prima" in un grande teatro cittadino. Ovviamente cercavamo sul palcoscenico la presenza di "attori" provenienti dal nostro piccolo collegio, e facevamo un tifo del diavolo per loro, a prescindere dalla loro bravura.
Per due o tre anni partecipò alla recita il futuro don Angelo Pilozzi, di Acuto, nostra "piccola gloria", bravissimo nelle vesti di attore come poi è stato (ed è tuttora) bravissimo sacerdote per oltre cinquant'anni, in parrocchie poverissime come quella di Porciano, dove i fedeli, anziché in denaro, pagavano le messe, i battesimi, i matrimoni e i funerali con caciotte, ricotte, bottiglie d'olio o di vino, in pieno spirito evangelico e con autentico affetto.
Dopo il "nostro" don Angelo, in oltre sessant'anni, i sacerdoti venuti fuori dai paesi della diocesi di Anagni sono stati pochissimi, da potersi contare quasi sulle dita di poche mani, in media uno ogni tre o quattro anni. Crisi delle vocazioni religiose, e non solo.
La crisi delle vocazioni, dovuta all'incremento del benessere e all'ampliamento dell'istruzione pubblica, altro non è che il risultato di un imbarbarimento dei costumi e di una progressiva scristianizzazione dei sentimenti, al di là delle apparenze. L'Europa di oggi è un'Europa molto più ricca e progredita di quella di cinquant'anni fa, ma intimamente meno cristiana e meno disposta alla severità dei costumi.
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