In occasione dell'arrivo del vescovo Giovanni Battista Piasentini, il seminario si mobilitò per un'accoglienza memorabile.
Già tutta la città e la diocesi avevano organizzato feste e manifestazioni di grande risalto. " Anagnia papalis et novus pastor" era il tema delle celebrazioni: Anagni, la città dei papi, salutava il suo nuovo vescovo con un auspicio segreto che era facile da cogliere. Questo giovane vescovo, rampante di carattere, avrebbe fatto una grande carriera: e chissà...In realtà, eletto vescovo di Chioggia nel 1952, rimase lì fino al 1976, quando si ritirò per raggiunti limiti di età.
Il vescovo Piasentini aveva comunque una bella figura, alta e dinamica, parola elegante e piena di energia. Queste feste gli piacquero, ma più ancora gli piacque l'accademia che organizzammo per lui in seminario noi giovani studenti.
Per "accademia" s'intendeva una serata culturale, imperniata su brevi recite teatrali, piccoli cori religiosi ed anche semplicemente festosi, arie di opere famose come "Va pensiero", scene di carattere biblico , e poi una cascata di nostri interventi celebrativi. Io, che facevo ancora la seconda media, d'accordo con don Lorenzo Fabrizi preparai una poesia in francese, lingua nella quale il verso sembra più sonoro e scorrevole. Ricordo che don Lorenzo, molto paziente, si era impuntato su un passaggio che diceva "après défaite la chair", che letteralmente significava "dopo disfatta la carne"cioè dopo la nostra fine terrena, ma grammaticalmente era errato, e non ci fu verso sapere da me che cosa volessi dire, tanto grande era la mia timidezza. Don Lorenzo aggiustò tutto, e poi mi disse: "Bravo! Hai fatto solo un errore...". era un modo per farmi capire che meglio di così non si poteva, dato che lui era un grande perfezionista.
Anche monsignor Piasentini approvò il mio breve intervento, e poi seguì i miei studi con un certo interesse, e rimase molto male quando io lasciai il seminario, al punto da intervenire per cercare di
recuperarmi. Ma io ormai avevo preso la mia decisione irrevocabile.
L'accademia, cioè questo tipo di pomeriggi culturali, era un appuntamento annuale che si teneva di solito in una festività di carattere religioso verso la fine dell'anno scolastico, come la Pentecoste. Era un momento in cui tutti facevano del loro meglio, talora anche in francese, lingua internazionale della Chiesa. Preparavamo con accuratezza canti e recite di scenette. Ci preparava il bravissimo don Lorenzo Fabrizi, piccolo e assai preparato, insegnante di francese nelle scuole statali, e suonatore fantastico di harmonium.
In queste recite si distingueva il mio amico Santino Pompili, di Acuto, dotato di una naturale "vis comica" che esibiva in tutti i suoi movimenti, anche nel modo di camminare davanti agli occhi di tutti, come quando eravamo intenti nello studio, e in quel silenzio lui si divertiva a strappare qualche risatina che era fondamentale per creare un po' di allegria.
Lo stesso Santino, in camerata, quando era possibile nei momenti di ricreazione, organizzava piccoli incontri di lotta libera. Dotato di un fisico robusto, cresciuto all'aria libera e alimentato con gli ottimi prodotti della campagna paterna, tra cui un vinello bianco eccezionale, sfidava tutti i compagni, anche in due o tre, e poi giudicava la loro forza: apprezzava in particolare la resistenza di Luigino Canali, magrissimo e non proprio un fenomeno di salute, ma dotato di un sistema nervoso a prova di bomba.
Quando io lasciai il seminario, Santino ci rimase male. Dopo qualche mese si ammalò di una malattia abbastanza grave, per cui dovette tornare a casa anche lui, dove rimase allettato per un lungo periodo, tenendo in grande ansia i suoi genitori.
Già tutta la città e la diocesi avevano organizzato feste e manifestazioni di grande risalto. " Anagnia papalis et novus pastor" era il tema delle celebrazioni: Anagni, la città dei papi, salutava il suo nuovo vescovo con un auspicio segreto che era facile da cogliere. Questo giovane vescovo, rampante di carattere, avrebbe fatto una grande carriera: e chissà...In realtà, eletto vescovo di Chioggia nel 1952, rimase lì fino al 1976, quando si ritirò per raggiunti limiti di età.
Il vescovo Piasentini aveva comunque una bella figura, alta e dinamica, parola elegante e piena di energia. Queste feste gli piacquero, ma più ancora gli piacque l'accademia che organizzammo per lui in seminario noi giovani studenti.
Per "accademia" s'intendeva una serata culturale, imperniata su brevi recite teatrali, piccoli cori religiosi ed anche semplicemente festosi, arie di opere famose come "Va pensiero", scene di carattere biblico , e poi una cascata di nostri interventi celebrativi. Io, che facevo ancora la seconda media, d'accordo con don Lorenzo Fabrizi preparai una poesia in francese, lingua nella quale il verso sembra più sonoro e scorrevole. Ricordo che don Lorenzo, molto paziente, si era impuntato su un passaggio che diceva "après défaite la chair", che letteralmente significava "dopo disfatta la carne"cioè dopo la nostra fine terrena, ma grammaticalmente era errato, e non ci fu verso sapere da me che cosa volessi dire, tanto grande era la mia timidezza. Don Lorenzo aggiustò tutto, e poi mi disse: "Bravo! Hai fatto solo un errore...". era un modo per farmi capire che meglio di così non si poteva, dato che lui era un grande perfezionista.
Anche monsignor Piasentini approvò il mio breve intervento, e poi seguì i miei studi con un certo interesse, e rimase molto male quando io lasciai il seminario, al punto da intervenire per cercare di
recuperarmi. Ma io ormai avevo preso la mia decisione irrevocabile.
L'accademia, cioè questo tipo di pomeriggi culturali, era un appuntamento annuale che si teneva di solito in una festività di carattere religioso verso la fine dell'anno scolastico, come la Pentecoste. Era un momento in cui tutti facevano del loro meglio, talora anche in francese, lingua internazionale della Chiesa. Preparavamo con accuratezza canti e recite di scenette. Ci preparava il bravissimo don Lorenzo Fabrizi, piccolo e assai preparato, insegnante di francese nelle scuole statali, e suonatore fantastico di harmonium.
In queste recite si distingueva il mio amico Santino Pompili, di Acuto, dotato di una naturale "vis comica" che esibiva in tutti i suoi movimenti, anche nel modo di camminare davanti agli occhi di tutti, come quando eravamo intenti nello studio, e in quel silenzio lui si divertiva a strappare qualche risatina che era fondamentale per creare un po' di allegria.
Lo stesso Santino, in camerata, quando era possibile nei momenti di ricreazione, organizzava piccoli incontri di lotta libera. Dotato di un fisico robusto, cresciuto all'aria libera e alimentato con gli ottimi prodotti della campagna paterna, tra cui un vinello bianco eccezionale, sfidava tutti i compagni, anche in due o tre, e poi giudicava la loro forza: apprezzava in particolare la resistenza di Luigino Canali, magrissimo e non proprio un fenomeno di salute, ma dotato di un sistema nervoso a prova di bomba.
Quando io lasciai il seminario, Santino ci rimase male. Dopo qualche mese si ammalò di una malattia abbastanza grave, per cui dovette tornare a casa anche lui, dove rimase allettato per un lungo periodo, tenendo in grande ansia i suoi genitori.
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