- Devo fare un dono a quella ragazza - si propose Damiano, pensando con gratitudine a quello che Rosetta aveva fatto per lui tanti anni prima.
- Come ho fatto a dimenticarmi? Sono stato davvero un ingrato: non so che cosa penserà di me: il minimo, è che sono un egoista -
- Sarà un dono costruito con le mie mani, così che lei lo sappia e non se ne dimentichi -
Nella sua fucina, lavorando il ferro battuto con la perizia di un orafo, Damiano fabbricò una bella collana, con piccoli anelli che avevano la forma di una D maiuscola. Dopo che li ebbe agganciati uno all'altro, riuscì a smaltarli di verde, con dei riflessi che li facevano sembrare smeraldi. Riuscì un gioiello meraviglioso, che richiese tutta la perizia dell'uomo. Alla luce del sole, la collana faceva un grande effetto che sorprese lo stesso artigiano.
- Ci ho messo tutto il mio cuore - disse dentro di sé. - Ora debbo trovare l'occasione di fargliela avere in modo che non possa rifiutarla. E' quasi una suora, le mancano solo i voti, e fra questi ci sarà forse anche quello di non possedere gioielli -
Damiano attese pazientemente che Diletta passasse un giorno davanti all'officina: non avrebbe osato portargliela né in convento né in ospedale, sarebbe stata un'audacia che avrebbe rovinato tutto, impedendo all'aspirante suora di accettare.
Mise la collana in una scatolina di cartone, ne fece un piccolo pacchetto, e attese il momento in cui Rosetta, ormai Diletta, passasse lì davanti come faceva talvolta per spostarsi dall'ospedale al convento. Quando Diletta, con il suo saio grigio, e con il solito passo sollecito e sicuro, comparve davanti all'officina, Damiano uscì e le andò incontro porgendole il pacchetto.
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