La fanciulla aveva delle strane ferite al volto, come se qualche animale selvaggio avesse provato a darle delle unghiate. Si era tolta dal collo uno scialle verde ridotto a brandelli e lo aveva invitato a coprirsi i fianchi , e poi...sì, ora ricordava bene: si era allontanata promettendo di portargli degli abiti per rivestirsi, e glieli aveva davvero portati.
A Damiano, quegli avvenimenti erano del tutto scomparsi dalla mente, ma la solitudine della montagna ora glieli riportava nitidamente. E gli tornava in mente che era stato grazie a Rosetta che aveva potuto entrare in paese, chiedere ospitalità, trovare lavoro e crearsi una vita nuova, ricordandosi solo in modo vago del suo passato, del suo matrimonio con Juanita, della tragica morte della moglie, della sua disperata solitudine.
Aveva potuto tracciare un bilancio sommario e incalzante dei suoi ricordi, della sua vita spezzata e ricostruita, del suo rapporto con Ornella che in parte riempiva il suo vuoto, e ora questa nuova inquietudine, questo bisogno di ricongiungersi con qualcosa che era stato e che aveva perduto, un senso quasi di preghiera, un chiamare nel vuoto qualcuno che potesse rispondergli.
L'uomo è solo, invoca sempre qualcuno o qualcosa che riempia il suo vuoto interiore. Forse quella Rosetta...quella Diletta che ora indossava un velo grigio...forse era lei che bussava alla sua anima, che chiedeva e forse porgeva una parola di consolazione, una misteriosa conquista di amore.
Inforcò di nuovo la moto, e dopo lunghi chilometri di corsa solitaria rientrò in paese con l'anima almeno in parte placata.
Nessun commento:
Posta un commento